SCREAM 21997

SCHEDA FILM

SCREAM 2

Anno: 1997 Durata: 118 Origine: USA Colore: C

Genere:HORROR

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:PERSONAGGI CREATI DA KEVIN WILLIAMSON

Produzione:CATHY KONRAD, MARIANNE MADDALENA PER MIRAMAX.

Distribuzione:CECCHI GORI DISTRIBUZIONE (1998) - DVD CECCHI GORI (2002)

TRAMA

E' primavera, sono passati due anni dagli omicidi di Woodsboro in California, e nel college di Windsor Sidney sta concludendo il suo anno di matricola. Sidney ha un ruolo da protagonista nello spettacolo teatrale del college, l'associazione femminile più ambita del campus la vuole come socia, e il suo amico Randy, anch'egli scampato agli omicidi di Woodsboro, è impegnato nel film sul college. Ma un omicidio all'interno del campus interrompe la tranquillità, proprio quando il film 'Stab' comincia ad essere proiettato in tutto il paese: il film è basato sul libro che la cronista Gale ha scritto sugli omicidi di Woodsboro. Il libro ha favorito la scarcerazione di Cotton, l'uomo che Sidney aveva accusato per l'assassino di sua madre. Una nuova serie di eventi delittuosi fa arrivare nella piccola università Gale, decisa a realizzare un nuovo scoop. Sidney capisce di essere il principale obiettivo del nuovo, misterioso assassino, e accetta la protezione di Dewey, che zoppica vistosamente. Randy viene ucciso. Cotton minaccia Sidney, viene arrestato e rilasciato. A poco a poco il cerchio si stringe attorno ai protagonisti dei vecchi omicidi. Sul palcoscenico del teatro universitario, avviene la resa dei conti. In un crescendo di agguati, Sidney e Gail uccidono il nuovo 'mostro': è la mamma di Bob Lamies. Cotton diventa l'eroe del momento. Su di lui si farà un film.

CRITICA

"Inutile, prolisso e deludente horror bis di Wes Craven, costretto a rifriggere le frattaglie del film pilota, dopo il suo inatteso, clamoroso successo. Se i personaggi (superstiti) sono gli stessi, l'ironia resta in retroguardia, sommersa dagli ammazzamenti, che, sia detto a merito dell'autore, non sono mai truci. Comunque chi vuol spaventarsi di nuovo, s'accomodi: non se ne pentirà". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 26 aprile 2001) 'Di più non si può dire, se non che Craven e Wiamson hanno cercato di allargare il tema dal cinema allo spettacolo in generale (c'è anche una versione kitsch di 'Cassandra' di Euripide) e al vero orrore del quotidiano: tv e talk show che fanno da passaporto per la celebrità, non importa a quale prezzo. Tema questo reso però assai più banalmente dell'altro e in un finale troppo parossistico e caricato, oltre che scarsamente plausibile. Ma si sa, se lo scopo è far paura, anche 'Scream 2' ci riesce talora bene.' (Alberto Pesce, 'Il Giornale di Brescia', 13 settembre 1998) 'Insomma, Craven cerca il superamento della formula horror attraverso la moltiplicazione speculare dei punti di vista: lo spettatore (noi) che guardiamo un film ('Scream 2') nel quale degli spettatori guardano un film ('Scream 1'). E risultato è tutt'altro che banale anche perché la situazione viene poi ripresa, nel corso della vicenda, quando due degli interpreti del film visionano i nastri registrati e vengono a loro volta registrati dall'assassino: ponendo nella stessa inquadratura chi guarda e chi è guardato. Ancora, bisognerà citare almeno la sequenza, veramente geniale, della recita della tragedia greca in teatro, dove, sotto le maschere della tradizione, si nasconde, ancora una volta, l'assassino.' (Andrea Frambosi, 'L'Eco di Bergamo', 17 settembre 1998) 'Se il primo, fortunatissimo 'Scream' era una dotta ed autoironica riflessione teorico-spettacolare sul genere horror e sulla junk-culture, generazione erudita alle pratiche del cinema gore e di paura, nel sequel ci troviamo di fronte ad una vera e propria operazione meta-cinematografica. (...) La poetica teorica e sadica, maliziosa e post-modern di 'Scream' è ormai un'inconfondibile griffe con la quale Craven simultaneamente rielabora e frantuma l'immaginario e, anche se lo stupore dell'originalità cede il passo alla 'pornografia' della ripetizione senza fine, della infinita reversibilità, si resta comunque affascinati da questo imponente artificio della simulazione: chi potrà più affermare che l'horror è un genere di serie B?' (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 22 settembre 1998)

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