Prisoners2013

SCHEDA FILM

Prisoners

Anno: 2013 Durata: 155 Origine: USA Colore: C

Genere:THRILLER

Regia:Antoine Fuqua|Denis Villeneuve

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:8:38 PRODUCTIONS, ALCON ENTERTAINMENT, MADHOUSE ENTERTAINMENT

Distribuzione:WARNER BROS. PICTURES ITALIA - DVD E BLU-RAY: WARNER HOME VIDEO (2014)

ATTORI

Hugh Jackman nel ruolo di Keller Dover
Mark Wahlberg
Christian Bale
Jake Gyllenhaal nel ruolo di Detective Loki
Viola Davis nel ruolo di Nancy Birch
Maria Bello nel ruolo di Grace Dover
Terrence Howard nel ruolo di Franklin Birch
Melissa Leo nel ruolo di Holly Jones
Paul Dano nel ruolo di Alex Jones
Dylan Minnette nel ruolo di Ralph Dover
Zoë Soul nel ruolo di Eliza Birch
Erin Gerasimovich nel ruolo di Anna Dover
Kyla-Drew Simmons nel ruolo di Joy Birch
Wayne Duvall nel ruolo di Capitano Richard O'Malley
Len Cariou nel ruolo di Padre Patrick Dunn
Tiffany Morgan nel ruolo di Jane Brewer
David Dastmalchian nel ruolo di Bob Taylor
Jason Davis nel ruolo di Paul Brewer
Brad James nel ruolo di Agente Carter
Anthony Reynolds nel ruolo di Agente Wedge
Sandra Ellis Lafferty nel ruolo di Sig.ra Milland
Victoria Staley nel ruolo di Jill
Mike Gassaway nel ruolo di Detective Rand
Todd Truley nel ruolo di Detective Chemelinksi
Robert Mello nel ruolo di Roger
Jeff Pope (II) nel ruolo di Elliott Milland
J. Omar Castro nel ruolo di Agente Ramirez
Katrina Despain nel ruolo di Kim Milland
Brody Rose nel ruolo di Bill Brewer
 

SCENEGGIATORE

Guzikowski, Aaron
 
 

COSTUMISTA

April, Renée

TRAMA

In un modesto sobborgo della Pennsylvania, durante il Giorno del Ringraziamento, Keller Dover, padre di famiglia e onesto lavoratore, si trova ad affrontare il peggior incubo di ogni genitore: Anna, sua figlia di sei anni, scompare insieme all'amichetta Joy, figlia dei coniugi Birches, amici per la pelle e vicini di casa dei Dover. Ben presto, i minuti diventano ore e il panico prende il sopravvento. A capo delle indagini della polizia c'è il Detective Loki, che individua il colpevole nel giovane Alex Jones, autista di un vecchio camper che poco prima era parcheggiato vicino alle abitazioni di Keller e Birches. Tuttavia, l'assenza di prove obbliga gli agenti al suo rilascio, costringendoli a seguire diverse altre piste. La pressione aumenta e, con la vita di sua figlia in gioco, Dover decide di non avere altra scelta che quella di occuparsene da solo. Fin dove si spingerà questo padre disperato, per proteggere la sua famiglia...

CRITICA

"Evviva. Dopo 'Lo sconosciuto del lago' un altro film in cui la tensione si sente, si tocca, si ausculta dal profondo, tanto da diventare alla fine quasi metafisica: quella che dapprima è la paura della disgrazia, della bimba rapita, dell'oscuro bau bau nascosto dietro casa, diventa poco a poco un timore più allargato che prende dentro la provincia, gli States e l'idea stessa della collettività che si deve proteggere dal nemico oscuro, il famoso diverso. Sulla classica trama kidnapping della piccina rapita con l'amichetta, evento che deflagra in una famiglia «tolstoianamente» felice come tante, il regista Denis Villeneuve con sapienza di introspezione tesse la sua tela del ragno in cui lo spettatore ha il piacere di cadere vittima senza che in 153 minuti cali mai la suspense. E dove il padre diventa spietato giustiziere che tortura il giovane disturbato creduto colpevole, in un'infernale scena di rara efficacia «dostoevskjiana», mentre la soluzione dei fattacci arriva alla fine come ai bei tempi del «whodunit» (chi è stato?) aiutata da un fischietto. Il film parte da un realismo esasperato che poi, col contributo di attori impigliati magnificamente nelle infernali parti come Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal, diventa cicatrice di qualcos'altro, malsana delusione universale in un'atmosfera gelida, impasto di pioggia, disperazione e neve che esce intatto dalla fotografia di Roger Deakins. (...) Ma più che prigionieri sono, siamo, prigioni nel senso delle sculture di Michelangelo che non riescono a liberarsi del marmo. Pur macchinoso nella trama che finge a nostro uso e consumo la grande illusione di aver trovato un colpevole, Villeneuve orchestra un thriller da non perdere dove tutto il cast (Melissa Leo, Maria Bello, Paul Dano, Viola Davis) obbedisce all'emotiva riuscita di un film che fa pensare ai classici della paura, da 'M' a 'Zodiac'." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 7 novembre 2013) "Diretto dal canadese Denis-Villeneuve, un thriller nella linea di precedenti illustri come 'Il silenzio degli innocenti', 'Zodiac', 'Mystic River'. L'atmosfera, malata e perturbante, ti coinvolge procurandoti un senso di malessere. Bella la fotografia in toni omogenei di Roger Deakins; intense le interpretazioni di Jackman, il padre, e Gyllenhaal, il poliziotto depressivo, entrambi in odore di candidatura agli Oscar. Però mette a disagio il personaggio di Keller, padre straziato con cui solidarizzare e, insieme, uomo violento e cripto-fascista: con ogni probabilità l'incarnazione più esemplare dell'attuale paranoia americana vista su uno schermo." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 7 novembre 2013) "Quando la solennità produttiva hollywoodiana incontra la sensibilità di un regista che vuole fare sul serio (il canadese Villeneuve del superbo thriller d'autore 'La donna che canta', 2010), può uscirne fuori un filmone. Come ai tempi di 'Mystic River', 'Rosemary's Baby' e 'Il silenzio degli innocenti', i tre strani genitori del nostro 'Prisoners'. È questo il fascino di una pellicola spettacolare e mai banale che offre a Jackman il ruolo più intenso di una carriera prigioniera del supereroe 'Wolverine'. Thriller per adulti. Finalmente." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 7 novembre 2013) "Un poliziesco che, come 'Mystic River', si svolge nei meandri della psiche, disegnando uno scenario umano dove buoni e cattivi non sono poi così dissimili, perché ognuno dei personaggi è in preda a pulsioni oscure; ognuno, come da titolo, è prigioniero delle proprie debolezze, dei propri furori. Lo è Jake Gyllenhaal, poliziotto solitario e in apparenza laconico, la cui tenacia tradisce un viscerale coinvolgimento nei casi su cui indaga. Lo è Hugh Jackman, cui un brutto giorno viene rapita la figlioletta. Cacciatore e aduso a maneggiare le armi, Jackman è convinto che il colpevole sia Paul Dano, un giovane mentalmente disabile rilasciato per mancanza di prove, e lo rapisce deciso a utilizzare qualsiasi mezzo pur di farlo confessare. (...) In Usa, dove 'Prisoners' è stato accolto con entusiasmo dalla critica, sono in molti a reputare che gli intensi Jackman e Gyllenhall potrebbero finire nella cinquina degli attori alla prossima tornata degli Oscar. Sulla validità della loro interpretazione concordiamo, ma del film siamo meno convinti: il canadese Denis Villeneuve, regista del pregevole 'La donna che canta', indugia troppo nelle note cupe del mélo (notevole la plumbea fotografia di Richard Deakins) senza mai pervenire a un confronto drammaturgicamente convincente dei personaggi; e il plot giallo vero e proprio non è costruito con sufficiente perizia, tanto che lo spettatore aduso al genere non manca di capire l'arcano assai prima dei protagonisti." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 7 novembre 2013) "La famiglia è il centro anche di 'Prisoners' di Denis Villeneuve, ma i toni sono decisamente più cupi e drammatici. (...) Interpretato da Hugh Jackman, il film affronta i temi della giustizia e della vendetta, e rievocando le paure di un'intera nazione che ancora si sente sotto attacco, si interroga su una difficile questione morale: fino a dove può spingersi un genitore (o un paese) disposto a tutto pur di salvare la vita dei propri figli?" (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 7 novembre 2013) "Piacerà. E molto. A patto che non vi mettiate davanti al film come al solito thriller sui rapimenti, con un eroe eroico, un cattivo estremo e una modica durata di spettacolo (nella realtà i sequestri durano mesi, ma al cinema non debbono superare i novanta minuti), 'Prisoners' fa due ore e mezza abbondanti. E ha un eroe principale che sotto le apparenze di bravo papà di famiglia nasconde un bel verminaio (è comprensibile che tanti divi, da Wahlberg a Di Caprio si siano palleggiati la parte per poi mollarla all'ultimo). Ha un vice eroe (il poliziotto) con buoni sentimenti a prova di bomba, ma non proprio uno Sherlock. S'attacca sempre all'indiziato sbagliato e se alla fine trova il vero kidnapper è per puro caso, perché c'inciampa sopra, non perché l'ha messo alle strette con le sue potenti deduzioni. Ma nemmeno gli altri personaggi sollecitano l'identificazione. Le mamme delle piccine sono entrambe fuori di testa (d'accordo hanno fin troppe ragioni per essere fuori, ma la stoffa delle eroine non sembravano averla nemmeno da principio). L'eccessiva durata, una serie di persona ributtanti o comunque sgradevoli. Insomma tutto sembrava concorrere a fare di 'Prisoners' un deciso flop. E invece in Usa la pellicola è tra i primi incassi del 2013 (si è rifatto delle spese nelle prime due settimane). La ragione? Perché è fatto decisamente bene. Villeneuve non è ancora notissimo (di lui ricordiamo solo 'La donna che canta') ma giureremmo che s'è visto tutti i thriller di Clint Eastwood ('Mystic River') e di David Fincher e ha imparato tutto quello che c'era da imparare. Non ti prende a pugni nello stomaco, ma ti cala nella trama come in una prigione dove tutti i personaggi non riescono a uscire. E dove tu spettatore fai una grossa fatica a evadere." (Giorgio Carbone, 'Libero', 7 novembre 2013) "Dopo l'ottimo 'La donna che canta', l'approdo hollywoodiano del canadese Denis Villeneuve non concede il bis: 'Prisoners' è un discreto thriller formato famiglia. Ben interpretato e fotografato nel grigiore della Pennsylvania da Roger Deakins, getta però incenso negli occhi con un incongruo sottotesto veterotestamentario, si perde qualche personaggio, cade in buchi di sceneggiatura e trova due miscast imperdonabili: Melissa Leo dà nell'occhio, Gyllenhaal è troppo giovane, soprattutto per reggere l'urto di Jackman. Recita il mantra di Keller, 'Prega per il meglio, preparati per il peggio', ma 'Prisoners' aggiunge: accontentati del medio." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 7 novembre 2013) "Per un genitore, un film simile è come un pugno nello stomaco. Ci può essere incubo peggiore di un figlio che ti viene rapito? (...) Uno dei thriller più bellidi questi ultimi anni, spiazzante per le sue immagini forti, ottimamente recitato e diretto." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 14 novembre 2013)

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