Anno: 2009 Durata: 149 Origine: POLONIA Colore: C
Genere:BIOGRAFICO, STORICO
Regia:Rafal Wieczynski
Specifiche tecniche:35 MM
Tratto da:-
Produzione:FOCUS PRODUCERS SP. Z O.O., IF MAX FILM IN COLLABORAZIONE CON POLISH FILM INSTITUTE, FILM COMMISSION REGIONE MASOVIA
Distribuzione:RAINIERI MADE SRL
Adam Woronowicz | nel ruolo di | Padre Jerzy Popieluszko |
Zbigniew Zamachowski | nel ruolo di | Ireneusz, operaio siderurgico |
Marek Frackowiak | nel ruolo di | Padre Teofil Bogucki, parroco |
Joanna Szczepkowska | nel ruolo di | Roma |
Radoslaw Pazura | nel ruolo di | Piotr |
Wojciech Solarz | nel ruolo di | Florian |
Krzysztof Kolberger | nel ruolo di | Padre Kanclerz |
Martyna Peszko | nel ruolo di | Marysia |
Agata Piotrowska Mastalerz | nel ruolo di | Pubblico Ministero |
Beata Fido | nel ruolo di | Suor Krystyna |
Marta Lipinska | nel ruolo di | Janina |
Maciej Pietrzyk | nel ruolo di | Marito di Janina |
Kazimierz Kaczor | nel ruolo di | Laniecki |
Joanna Jezewska | nel ruolo di | Barbara Sadowska |
Jozef Glemp | nel ruolo di | Se stesso |
Il film ripercorre le drammatiche vicende vissute da padre Jerzy Popieluszko, il giovane sacerdote che nella Polonia dei primi anni '80, attraverso i suoi sermoni, denunciava le menzogne del governo e descriveva il malessere della popolazione, minacciata dalla legge marziale e dai carri armati in strada. Associato agli operai e ai sindacalisti di Solidarnosc, padre Popieluszko fu rapito, torturato e ucciso dai servizi segreti sovietici, ma la sua morte e il suo sacrificio furono purtroppo necessari per il popolo polacco che, da quel momento in poi, non ebbe più paura di lottare per la libertà.
Dalle note di regia "Il mio primo film l'ho fatto per amore del cinema. Il secondo, 'Popie?uszko', l'ho fatto perché era necessario. Sono passati vent'anni dalla conquista della nostra libertà, ma nessun film ha raccontato la battaglia contro il regime. La generazione più giovane non conosce quelle lotte, non immagina nemmeno cosa hanno significato per noi polacchi quei mutamenti radicali. Mi dispiaceva che gli eroi di allora, i testimoni di Cristo, si riducessero per i giovani a una semplice e noiosa nozione scolastica, priva di significato. Volevo invece che diventassero il materiale su cui costruire il proprio sentimento di dignità." "E' un'opera militante di cui è facile comprendere l'enorme capacità di emozionare la propria gente e i testimoni di allora. Ma come accade quasi sempre in questi casi non vanta speciali qualità artistiche. E' un'agiografia. Interrogato maliziosamente e strumentalmente sul confronto con un'Italia dove chi rivendica il diritto delle ragioni della fede ad esprimersi in politica verrebbe messo alla gogna, il regista polacco se n'è assai rammaricato temendo che così vadano persi 'valori e identità'." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 20 ottobre 2009) "Il film, 150 minuti, a tratti agiografico ma onesto e ben recitato, fatto di uno sforzo produttivo notevole (settemila tra attori e comparse), fa di padre Jerzy Popieluszko un sorta di eroe quieto e disarmato, destinato a finire brutalmente ucciso, in circostanze mai del tutto chiarite, per essersi opposto al regime comunista. Da anni si parla della sua beatificazione." (Michele Anselmi, 'Il Riformista', 20 ottobre 2009) "Il film di Wieczynski è dichiaratamente agiografico, per il suo parallelismo con la vita di Gesù che a un certo punto procede parallela dalla predicazione al tradimento all'ultima cena. Il sofisticato e allusivo cinema polacco degli anni ottanta non si sarebbe soffermato sul culto della personalità per quanto degno di beatificazione. Eppure anche qui il film procede a riepilogare trent'anni di storia polacca con le sue tappe emozionanti e così diverse dagli altri paesi vicini proprio per il ruolo giocato dalla chiesa. Il giovane seminarista partecipa all'invasione della Cecoslovacchia con le truppe del patto di Varsavia, viene eletto un papa polacco, i cancelli di Danzica diventano il luogo di opposizione più caldo d'Europa e il pubblico è portato a ricordarlo anche come luogo emblematico del cinema politico attraverso i film di Wajda, dei documentaristi, di tutta la generazione di cineasti che hanno messo in scena una società diventata insostenibile per corruzione morale e autoritarismo con storie allusive perché non fossero colte dalla censura e che il pubblico correva a vedere, così come riempiva le chiese, assemblee militanti. (...) Tuttavia, a dispetto delle settemila comparse del film, non rende abbastanza conto del fatto che era parte di un grande movimento di massa." (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 20 ottobre 2009)
Incasso in euro