Parliamo delle mie donne2014

SCHEDA FILM

Parliamo delle mie donne

Anno: 2014 Durata: 109 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:COMMEDIA, DRAMMATICO, ROMANTICO

Regia:Claude Lelouch

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:LES FILM 13, RHÔNE?ALPES CINÉMA

Distribuzione:ALTRE STORIE

ATTORI

Johnny Hallyday nel ruolo di Jacques Kaminsky
Sandrine Bonnaire nel ruolo di Nathalie Béranger
Eddy Mitchell nel ruolo di Frédéric Selman
Irène Jacob nel ruolo di Primavera Kaminsky
Pauline Lefèvre nel ruolo di Estate Kaminsky
Sarah Kazemy nel ruolo di Autunno Kaminsky
Jenna Thiam nel ruolo di Inverno Kaminsky
Valérie Kaprisky nel ruolo di Francia
Isabelle de Hertogh nel ruolo di Isabelle
Rufus nel ruolo di Le Ruf
Agnès Soral nel ruolo di Bianca Kaminsky
Silvia Kahn nel ruolo di Marie Selman
Antoine Duléry nel ruolo di Il nuovo proprietario
Jean-François Dérec nel ruolo di Il commissario
Jacky Ido nel ruolo di Jacky
Gilles Lemaire nel ruolo di Il fotografo di moda
Laurent Couson nel ruolo di Il pianista
Jérôme Cachon nel ruolo di Joseph Picard
Astrid Whettnall nel ruolo di Astrid
Marie Micla nel ruolo di Mamma di Estate
Stella Lelouch nel ruolo di Jeanne
Victor Meutelet nel ruolo di Antoine
Rebecca (II) nel ruolo di Becca
Tess Lauvergne nel ruolo di Lola Selman
Noa Musa-Lelouch nel ruolo di Noa
Julie Nicolet nel ruolo di Moglie del nuovo proprietario
Dominique Pellissier nel ruolo di Secondo cacciatore
André Bibollet nel ruolo di Terzo cacciatore
Marie de Vathaire nel ruolo di Moglie del commissario
Luc Poullain nel ruolo di Pilota d'elicottero
Maud Simon nel ruolo di Moglie del fotografo
 
 

COSTUMISTA

Birot, Christel

TRAMA

Jacques, fotografo di guerra di fama internazionale e padre assente, trascorre più tempo a prendersi cura della sua fotocamera che delle sue quattro figlie Primavera, Estate, Autunno e Inverno. Trasferitosi da Parigi a Praz-sur-Arly, un paesino ai piedi del Monte Bianco, vuole trascorrere un felice riposo dal lavoro in una splendida baita nelle Alpi con la sua nuova compagna Nathalie. Jacques, però, sente di essere arrivato a un momento dove, per essere realmente appagato, ha bisogno di riconciliarsi con la sua famiglia e le sue quattro figlie, avute da donne differenti. Compito arduo, perché lui ha sempre preferito il lavoro agli affetti familiari. Così, il suo migliore amico Frédéric, spinto da una profonda e irrazionale amicizia, tenterà di farlo riconciliare con la famiglia attraverso una messinscena. Un'oscura menzogna che sconvolgerà la sua vita e quella delle persone intorno a lui, in quei giorni di apparente e festosa tranquillità.

CRITICA

"Storia piccola, prevedibile, iper conformista nel suo anticonformismo, come gli occhi fessura di Johnny Halliday. Cinema romantico a più voci, elegante nella fluidità dei piani sequenza e dei panorami, molto Mulino Bianco nei festosi e rustici pranzi, vino rosso e Moustaki, con omaggio a 'Un dollaro d'onore'. In 'Parliamo delle mie donne' tutto rischia di essere fastidioso e prevedibile: fra le girls le migliori sono Bonnaire ed Irène Jacob." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 22 giugno 2017) "Con 'Parliamo delle mie donne' (...), i film diretti da Claude Lelouch toccano quota quarantaquattro. Dai tempi di 'Un uomo, una donna' - e si parla di mezzo secolo fa - la formula non è cambiata: la vita, l'amore, la morte, l'amicizia e la famiglia con gran spolvero di sentenze e di luoghi comuni; qui rinforzati da immagini della natura e di animali, tra cui un onnipresente aquilotto. Se i personaggi passano a tavola metà del film, Hallyday, Bonnaire e Mitchell sono commensali che non spiace affatto ritrovare." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 22 giugno 2017) "Basta una sequenza di «Parliamo delle mie donne» (...) per farci amare teneramente il regista che a ottant'anni suonati continua pervicacemente a rifare il cinema che abbiamo a suo tempo odiato. Giustamente, peraltro, perché la generazione di critici e cinéfili forgiata dal fatale Sessantotto, doveva giocoforza liberarsi dal sentimentalismo kitsch e la poetica da fotoromanzo elevati dall'autore di «Un uomo, una donna» a cifra inconfondibile di una lunga e fortunata carriera. Oggi, però, quando l'arte chiave del Novecento ha dilapidato quasi tutto il suo patrimonio sociale e culturale, diventa impossibile e anche sbagliato non concedere l'onore delle armi (e del prezzo del biglietto) al favoloso mondo di Claude. Un presepe smaccato e irresistibile che fa dei contenuti spiccioli una sorta di poema, dei miraggi piccolo borghesi un trattato filosofico e del senso di convivialità familiare un brand francese indifferente al cambio delle mode." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 giugno 2017) "Regia del sommo Claude Lelouch (...), che affida a un impassibile - suo malgrado - Hallyday onore e onere del portato autobiografico: il quasi 80enne cineasta di figlie ne ha avute sette da quattro compagne diverse, e questo 'Parliamo delle mie donne' (in originale 'Salaud, on t'aime', ovvero 'Bastardo, ti amiamo', 2014) suona autobiografico. È anche la sua prova migliore da anni a questa parte, sebbene lo scioglimento inconsulto parrebbe da addebitare a un colpo di calore o giù di lì. Bene gli interpreti (Bonnaire incantevole), vezzosa l'atmosfera femminile, e più non dimandate." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 22 giugno 2017) "Oltre due ore di racconto che si trascina su un paio di malintesi, la reiterata cover di Moustaki di 'Aguas de Março' di Jobim e un'aquila ammaestrata. Troppo e troppo poco." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 22 giugno 2017) "Con grazia leziosa e zero cinismo, Lelouch non racconta una riunione di famiglia come un'altra, e nella menzogna s'annida una verità inattesa. Noi spettatori smaliziati lo capiamo in fretta, e ci trastulliamo coi paesaggi, la bellezza delle attrici e il carisma un po' antico un po' plastico di quel marpione di Hallyday: interprete di uno che le sue donne le ha amate e «le ha fatte piangere», di un duro da western che in fondo ha un cuore grande così. Non è mai troppo tardi, per dimostrarlo." (Federico Gironi, 'Il Messaggero', 22 giugno 2017) "Piacerà se nel corso dei decenni non vi è mai venuta la reazione di rigetto nei confronti di Lelouch e del suo cinema astutamente rugiadoso. E se negli ultimi lustri v'è cresciuta l'ammirazione per Halliday, mai stato simpatico da giovane, ma rivelatosi da vecchio l'unico degno erede di Yves Montand." (Giorgio Carbone, 'Libero', 22 giugno 2017) "Ci sono momenti caratteristici della commedia (i migliori), ma anche istantanee sentimentali e finale drammatico (il meno riuscito); in pratica, la cifra stilistica dell'ottantenne Lelouch. Che poi lo stesso autore si sia sposato quattro volte come il suo protagonista, con sette figli nati da cinque differenti compagne, fa sembrare il tutto molto autobiografico. I primi novanta, fluidi, minuti ti incollano allo schermo. Peccato per un epilogo deludente. In ogni caso, un bel vedere." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 22 giugno 2017) "(...) nella cornice di una baita immersa in una magnifica natura alpina, Lelouch dimostra la mano felice di sempre nell'intessere - fra chiacchiere, rimpianti, musica, tavolate - scene di soffusa intimità familiare e amicale; purtroppo però anche qui, come spesso gli succede, a un certo punto ingarbuglia il copione, appesantisce il gioco e lo rovina." (S.N., 'La Stampa', 22 giugno 2017) "Che aria d'altri tempi in maldestra sceneggiatura domestica con finale a colpo di scena." ('Nazione-Carlino-Giorno', 22 giugno 2017)

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