Noi due sconosciuti2007

SCHEDA FILM

Noi due sconosciuti

Anno: 2007 Durata: 118 Origine: GRAN BRETAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Susanne Bier

Specifiche tecniche:PANAVISION, DIGITAL INTERMEDIATE, SUPER 35, 35 MM (1:2.35)

Tratto da:-

Produzione:DREAMWORKS SKG, NEAL STREET PRODUCTIONS, SCAMP FILM AND THEATRE LTD.

Distribuzione:TEODORA FILM

ATTORI

Halle Berry nel ruolo di Audrey Burke
Benicio Del Toro nel ruolo di Jerry Sunborne
David Duchovny nel ruolo di Brian Burke
Alexis Llewellyn nel ruolo di Harper Burke
Micah Berry nel ruolo di Dory Burke
John Carroll Lynch nel ruolo di Howard Glassman
Alison Lohman nel ruolo di Kelly
Robin Weigert nel ruolo di Brenda
Omar Benson Miller nel ruolo di Neal
Paula Newsome nel ruolo di Diane
Sarah Dubrovsky nel ruolo di Spring
Maureen Thomas nel ruolo di Nonna Ginnie Burke
James Lafazanos nel ruolo di Arnie
Liam James nel ruolo di Cugino Dave
Quinn Lord nel ruolo di Cugino Joel
Abraham Jedidiah nel ruolo di Sig. Skopes
Caroline Field nel ruolo di Teresa Haddock
Ken Tremblett nel ruolo di Marito di Brenda
Patricia Harras nel ruolo di Moglie di Howard
 

SOGGETTO

Loeb, Allan
 

SCENEGGIATORE

Loeb, Allan
 

SCENOGRAFIA

Sherman, Richard
 

COSTUMISTA

Matthews, Karen L.

TRAMA

Audrey Burke ha perso tragicamente suo marito e, rimasta sola con due bambini, non riesce a superare il dolore. Jerry Sunborne è stato da sempre il migliore amico di suo marito, anche se l'uso di eroina lo ha portato a distruggere tutto ciò che aveva di più caro. Audrey e Jerry uniranno le loro forze per tentare di ritrovare un briciolo di quella felicità a cui entrambi sembravano aver rinunciato...

CRITICA

"Commuove Susanne Bier, regista di punta della nouvelle vague danese, al primo film hollywoodiano. 'Oltre il fuoco' prosegue la sua ricerca quasi ossessiva su triangoli provocati da eventi traumatici ed emozioni forti. (...) Bella regia, musiche di Zappa, una storia dolce e dura sulla vita dopo la morte di chi si ama. Per imparare ad 'accettare ciò che c'è di buono' e tornare ad essere felici. O almeno sereni." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 27 ottobre 2007) "Dalla regista di 'Dopo il matrimonio'. Ma è difficile crederlo. La trama è stiracchiata, gli attori scelti a caso. Provate a immaginare Halle Berry sposata con David Duchovny di 'X files' e capirete la gravità della situazione. Benicio Del Toro è l'amico eroinomane che entra in scena dopo un terribile lutto. Lei ne era gelosa, ora non vorrebbe esserlo più. Primi piani strettissimi, intervallati da segnali inutili e leziosi: l'occhio, l'orecchio o la scodella dei cereali. Disintossicazione modello 'Uomo dal braccio d'oro: giaciglio, sudore, smanie." (Maria Rosa Mancuso, 'Il Foglio', 27 ottobre 2007) "Non pensate male. Anche se sono due pesi massimi del fascino, Del Toro e Halle Berry non si consoleranno a letto. Anzi, proprio come nelle coppie, più cresce (lentamente) quella strana intimità, più i due si fanno la guerra (lei soprattutto: solo una regista poteva raccontarlo con tanta efficacia). Mentre i figli, arbitri imparziali, registrano fedelmente i progressi del nuovo venuto. E le sedute alla Anonima Tossicomani danno respiro al film. Troppo sbilanciato sul fronte Del Toro, però, per convincere fino in fondo. Presto è solo il suo dolore a interessarci, non quello della Berry (anche perché il povero Duchovny è un attore inesistente...). 'Non desiderare la donna d'altri' e 'Dopo il matrimonio' erano perfetti mélo. Il primo film Usa di Susanne Bier fatica un po' a conciliare il sociale e l'individuale. Attraversare l'Oceano ha un prezzo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 giugno 2008) "Fanno venire l'orticaria i film con la lacrimazione obbligatoria. Dove i personaggi sono perseguitati dalla jella più nera e si lamentano o piangono, vagando con una piva lunga così sullo schermo. Per il suo esordio americano ha seguito alla lettera l'antica ricetta anche la regista danese Susanne Bier: infatti 'Noi due sconosciuti' ci dà dentro con la sfiga. (...) La storia, a dire il vero, non è peggio di altre, ma infastidisce l'esagerata voglia di tenerezza con insistiti primi piani sugli occhi umidi dei protagonisti. Una distanza talmente ravvicinata da evidenziare la folta peluria sulle gote dell'invecchiata primadonna. Ah, non manca lo spazio per la comicità involontaria. Come quando Halle Berry accoglie nel lettone Benicio Del Toro. Ma è solo per farsi tirare il lobo di un orecchio." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 13 giugno 2008) "Non è un remake, ma laggiù nel ' 60 i due sconosciuti erano Douglas e Kim Novak; qui nel primo film hollywoodiano della danese Susanne Bier, che usa il dècor spoglio e i primi piani del Dogma (ma non li faceva già il grande Bergman?), vanno incontro ai loro destini sentimentali Halle Berry e il neo premiato a Cannes Benicio del Toro. (...) La Bier è una specialista nei melò frenati, autrice di 'Dopo il matrimonio' e 'Non desiderare la donna d'altri'. Azzarda qui la mossa dell'interscambiabilità dei ruoli familiari, tenendo a bada la retorica attenta a non far festa banale. Scritturata dalla Dreamworks la regista si butta in un disegno tipo american beauty ma senza cercare con malizia il sesso contorto, esaminando l'angoscia che sta dentro una situazione di stallo borghese, un qualcosa che dal pubblico lentamente striscia nella privacy e ne mina la stabilità. La Berry è brava, mentre Del Toro fa proprio il tipo che piace anche quando si presenta al centro di disintossicazione." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 13 giugno 2008) "C'è un cinema dolente del sentimento e dello strazio di cui Susanne Bier con 'Noi due sconosciuti' ne è ufficiale ed insostituibile portabandiera. (...) Bier è una realizzatrice cocciuta, pervicace nel raccontare sempre e comunque lo stesso snodo sentimentale dell'anima. In questo caso, dopo le pellicole made in Danimarca 'Non desiderare la donna d'altri' e 'Dopo il matrimonio', si affida totalmente a Berry e soprattutto a Del Toro per far filtrare lo slittamento della percezione dell'esistente e le nuance rosa e nero dei corrispettivi generi sfiorati. 'Noi due sconosciuti' è un risicato manualino di espedienti di messa in scena che dovrebbero creare uno stile: un filo di Dogma, di cui Bier è stata affiliata per un anno, nel finto tremolio di una stabilissima macchina a mano; un simbolismo didascalico da palati fini hollywoodiani; improvvisi e disarticolati particolari di occhi, labbra, mani; l'immersione davvero aristocratica nel dramma (e nel ghetto!) della droga e dei drogati. Anche se alla fine è il delirio performativo di Benicio Del Toro a portare il film nella parte alta del cartellone: occhi strabuzzati, biascicare linguistico, portamento dinoccolato e fiero. Un mostro di bravura, roccia, picco insuperabile su cui Bier si arrocca per quasi due ore e da cui non si vorrebbe mai gettare." (Davide Turrini, 'Liberazione', 13 giugno 2008)

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