Non ci resta che il crimine2018

SCHEDA FILM

Non ci resta che il crimine

Anno: 2018 Durata: - Origine: ITALIA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:Massimiliano Bruno

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:FEDERICA LUCISANO PER IIF ITALIAN INTERNATIONAL FILM CON RAI CINEMA

Distribuzione:01 DISTRIBUTION

 
 
 

SCENOGRAFIA

Peng, Sonia
 

COSTUMISTA

Moretti, Alberto

TRAMA

Roma, 2018. Tre amici di lungo corso, con scarsi mezzi ma un indomabile talento creativo, decidono di organizzare un "Tour Criminale" di Roma alla scoperta dei luoghi che furono teatro delle gesta della Banda della Magliana. L'idea, ne sono convinti, sarà una miniera di soldi. Abiti d'epoca, jeans a zampa, giubbotti di pelle, stivaletti e Ray-Ban specchiati, ed è fatta...sono pronti per lanciarsi nella nuova impresa. Se non fosse che, per un imprevedibile scherzo del destino, vengono catapultati negli anni Ottanta nei giorni dei gloriosi Mondiali di Spagna e si ritrovano faccia a faccia con alcuni membri della Banda che all'epoca gestiva le scommesse clandestine sul calcio. Per non parlare dell'incontro con una vulcanica e dirompente ballerina che rischia di scombinare ancora di più le carte. Per i tre amici potrebbe rivelarsi una ghiotta occasione di riscatto oppure....

CRITICA

"Finalmente una commedia italiana che, invece di risolversi in una serie di scene comiche legate col filo bianco, immagina un soggetto vero, dove gli episodi si sviluppano in modo coerente. Circondandosi di un sostanzioso gruppo di attori, Massimiliano Bruno li guida a fare squadra come nelle migliori commedie all'italiana. Il gruppo di simpatici 'poracci' evoca, a tratti, 'I soliti ignoti': il che, senza azzardare confronti, è già qualcosa. Divertente ricordare che Giallini era Il Terribile nella serie 'Romanzo criminale'." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 10 gennaio 2019) "Ecco la commedia fantascientifica che mancava in cui il culto metacinematografico di 'Romanzo criminale' film (2005) e adattamento tv (2008) si sposa con la formula comica dell'immarcescibile 'Non ci resta che piangere' (1984) del tandem Benigni-Troisi. Già i Manetti Bros. avevano ironizzato in 'Ammore e malavita' (2017) circa il valore turistico dei luoghi di 'Gomorra' serie tv. Qui si smorza il revival anni 80 di un'epoca senza marmitte catalitiche, sigarette elettroniche e dove i pelati venivano considerati dei reietti sociali (uno dei tre amiconi lo è). Più importante dell'ormai insopportabile ammiccamento allo spettatore quarantenne (sono 12 anni, da 'Notte prima degli esami', che si celebrano gli 80) è sopravvivere ai malavitosi, magari innamorarsi o chiedere per la prima volta scusa. (...) Tognazzi-Gassmann-Giallini sono un trio da rinnovare (già si immagina un sequel) ma rubano la scena anche una sgargiante Ilenia Pastorelli e un inedito Leo dalle parti de Lo Zingaro di 'Lo chiamavano Jeeg Robot', ovvero cattivo dannatamente carismatico e forse pure bisessuale. Alla regia l'esperto Massimiliano Bruno arrivato con il suo sesto film al battesimo del sangue grazie a una sceneggiatura scritta con gli ottimi Guaglianone, Menotti e Bassi dove a spararla grossa non sono solo i comici. Ma anche le pistole." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 10 gennaio 2019) "È partita alla grande con il film-fenomeno «Lo chiamavano Jeeg Robot», un ruolo che l'ha liberata dall'etichetta limitante di creatura del «Grande Fratello», promuovendola attrice a pieni voti, premiata con il David di Donatello. Poi, con Carlo Verdone, in «Benedetta follia», ha messo in mostra tutta la sua verve comica. Adesso, Ilenia Pastorelli ha bisogno di un salvagente. Un' ancora di salvezza che, dopo la prova nella commedia d'azione di Massimiliano Bruno «Non ci resta che il crimine», riesca a salvarla dai flutti del cinema corrivo. (...) Bella, appassionata, anche divertente, ma siamo certi che Pastorelli possa dare di più e che non debba aspettare troppo prima di dimostrarlo." (Fulvia Caprara, 'La Stampa', 10 gennaio 2019) "Buffa, squinternata commedia di Massimiliano Bruno. (...) La simpatia dei protagonisti e la sensualità di Ilenia Pastorelli (la pupa del boss) sono il meglio di un film traballante nella sceneggiatura e un po' a corto di battute." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 10 gennaio 2019)

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