Anno: 2014 Durata: 97 Origine: SERBIA Colore: C
Genere:DRAMMATICO
Regia:Vuk Rsumovic
Specifiche tecniche:DCP, CINEMASCOPE (1:2.39)
Tratto da:-
Produzione:MIROSLAV MOGOROVIC PER ART&POPCORN, IN COPRODUZIONE CON VUK RSUMOVIC PER BABOON PRODUCTION, KINORAMA, RTS
Distribuzione:CINECLUB INTERNAZIONALE (2015)
Denis Muric | nel ruolo di | Pucke |
Milos Timotijevic | nel ruolo di | Ilke |
Pavle Cemerikic | nel ruolo di | Zika |
Isidora Jankovic | nel ruolo di | Alisa |
Tihomir Stanic | nel ruolo di | Custode |
Borka Tomovic | nel ruolo di | Insegnante |
Goran Susljik | nel ruolo di | Padre di Zika |
Zinaida Dedakin | nel ruolo di | Cuoco |
Branka Selic | nel ruolo di | Dottore |
Mihailo Laptosevic | nel ruolo di | Soldato |
Draginja Voganjac | nel ruolo di | Donna |
Marija Opsenica | nel ruolo di | Madre di Ilke |
Ljuba Todorovic | nel ruolo di | Preside |
Bora Nenic | nel ruolo di | Ciabattino |
Biljana Vucic | nel ruolo di | Impiegato comunale |
Dejan Tosic | nel ruolo di | Roki |
Emanuel Ajeti | nel ruolo di | Musavi |
Hajrudin Basic | nel ruolo di | Poliziotto |
Igor Borojevic | nel ruolo di | Cacciatore |
Ivana Zecevic | nel ruolo di | Ragazza del negozio del ciabattino |
Janko Gacic | nel ruolo di | Tajp |
Milutin Milicevic | nel ruolo di | Martin |
Miodrag Jelic | nel ruolo di | Protettore |
Pavle Simovic | nel ruolo di | Sugavi |
Primavera 1988. Un bambino, cresciuto tra i lupi, viene ritrovato nelle montagne della Bosnia. Haris, questo il nome che gli viene dato, viene inviato all'orfanotrofio di Belgrado dove stringerà una forte amicizia con un bambino di nome Zika e col tempo riuscirà a pronunciare le sue prime parole. Ma nel 1992, durante la guerra, viene rimandato in Bosnia e richiamato al fronte. Qui, una notte, Haris prende per la prima volta nella sua vita una decisione da solo. Basato su una storia vera.
"È tutto da scoprire questo film fantastico (...). Emozionante sempre ma sconvolgente nel finale, il film del 40enne Vuk Rsumokiv è di commovente freddezza ma con lo sguardo critico e una pietas crudele per la sorte jugoslava. Negli occhi di Denis Muric si legge il bene e male della nostra civiltà, dall'ignoranza al dolore." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 16 aprile 2015) "Gradualmente ma nettamente (...) il film si distacca dai confronti con opere (anche se la sensibilità truffautiana resta) riferite a realtà e/o leggende del passato lontano, e dal loro sguardo pedagogico, filosofico, antropologico, perché la vicenda s'intreccia, con mirabile fluidità, alla contemporaneità storica. La disintegrazione della Jugoslavia, le guerre, la divisione e la ferocia etnica. (...) Alcuni dettagli simbolici parlano al posto delle spiegazioni: le scarpe, quelle da ginnastica sostituite con gli anfibi, la comparsa delle armi e della reciprocità di odio tra persone che appena poco prima convivevano. Il senso, che passa appunto attraverso una rappresentazione quasi muta e tutta condivisa con il punto di vista selvaggio e innocente del protagonista, è quello di un percorso che al piccolo Haris ha tolto più che dato. Si è parlato di 'purezza' per questo film e la definizione è calzante. La condivisione di punto di vista si esprime delicatamente nei tagli di inquadratura all'altezza, variabile nel corso della storia, dello sguardo di Haris, facendo propri tanto la sua diffidenza che i suoi incantamenti. L'interprete, che si chiama Denis Muric, fornisce una prova di grande intensità." (Paolo d'Agostini, 'La Repubblica', 16 aprile 2015) "(...) il regista e sceneggiatore di Belgrado, classe 1975, sa infondere in una storia individuale, e così idiosincratica, i cascami sociali del conflitto nell'ex Jugoslavia. E lo fa senza sforzi, bensì umanisticamente, contrapponendo l'umanità delle bestie alla bestialità degli uomini. Non scomodiamo 'II ragazzo selvaggio' di Truffaut o un 'Libro della giungla' balcanizzato, ma non si fa dimenticare: guerra e pace, romanzo di formazione e favola morale, dramma privato e ricadute geopolitiche, stile già maturo e metafore non peregrine, 'Figlio di nessuno' non cerca (solo) il sensazionalismo, ma la sensibilità. La nostra: lo adottiamo?" (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 16 aprile 2015) "C'è quasi più Spielberg che il Truffaut de 'II ragazzo selvaggio' (i due si adoravano e quindi il binomio ha senso) in questo debutto di grande precisione: gli adulti non vengono inquadrati inizialmente in volto ('E.T.') e la guerra diventa una mattanza senza suono per via della perdita dell'udito ('Salvate il soldato Ryan'). Finale aperto. Pochi dialoghi, attori giovani pazzeschi. Regista assai promettente." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 16 aprile 2015) "Goffo dramma serbo, povero di emozioni, lontano parente di 'Il ragazzo selvaggio' di Truffaut di 44 anni prima, che raccontava la stessa storia con altra intensità. (...) L'attonito protagonista vaga dal 1988 al 1992 senza crescere, né mutare espressione." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 16 aprile 2015) "Piacerà a chi ama al cinema le storie di ricerche d'identità. Mentre il ragazzo lupo lentamente contradittoriamente recupera l'identità, quella della sua terra si sta smarrendo. Occhio all'inizio e occhio alla fine. Nell'incipit il cucciolo di lupo è un bersaglio. Nel finale è lui (arruolato nell'esercito) a sparare." (Giorgio Carbone, 'Libero', 16 aprile 2015)
Incasso in euro