Anno: 2005 Durata: 160 Origine: USA Colore: C
Genere:DRAMMATICO, STORICO, THRILLER
Regia:Steven Spielberg
Specifiche tecniche:35 MM, TECHNICOLOR
Tratto da:libro "Vengeance: The True Story of an Israeli Counter-Terrorist Team" di George Jonas
Produzione:STEVEN SPIELBERG, KATHLEEN KENNEDY, BARRY MENDEL, COLIN WILSON PER UNIVERSAL PICTURES, DREAMWORKS SKG, AMBLIN ENTERTAINMENT, KENNEDY/MARSHALL COMPANY, ALLIANCE ATLANTIS COMMUNICATIONS
Distribuzione:UIP (2006)
Eric Bana | nel ruolo di | Avner |
Daniel Craig | nel ruolo di | Steve |
Geoffrey Rush | nel ruolo di | Ephraim |
Mathieu Kassovitz | nel ruolo di | Robert |
Hanns Zischler | nel ruolo di | Hans |
Ciarán Hinds | nel ruolo di | Carl |
Mathieu Amalric | nel ruolo di | Louis |
Michael Lonsdale | nel ruolo di | Papa |
Ayelet Zurer | nel ruolo di | Daphna, moglie di Avner |
Gila Almagor | nel ruolo di | Madre di Avner |
Moritz Bleibtreu | nel ruolo di | Andreas |
Valeria Bruni Tedeschi | nel ruolo di | Sylvie |
Meret Becker | nel ruolo di | Yvonne |
Marie-Josée Croze | nel ruolo di | Jeanette |
Yvan Attal | nel ruolo di | Tony, amico di Andreas |
Ami Weinberg | nel ruolo di | Generale Zamir |
Lynn Cohen | nel ruolo di | Golda Meir |
Amos Lavi | nel ruolo di | Generale Yariv Amos Lavie |
Moshe Ivgy | nel ruolo di | Mike Harari |
Michael Warshaviak | nel ruolo di | Avvocato Meir Shamgar |
Ohad Shahar | nel ruolo di | Ministro Ohad Shachar |
Sharon Alexander | nel ruolo di | Generale Nadev Sharon Cohen Alexander |
Samuel Calderon | nel ruolo di | Generale Hofi Schmuel Calderon |
Oded Teomi | nel ruolo di | Contabile del Mossad |
Alon Aboutboul | nel ruolo di | Soldato israeliano con Zamir |
Makram Khoury | nel ruolo di | Wael Zwaiter |
Yigal Naor | nel ruolo di | Mahmoud Hamshari Igal Naor |
Hiam Abbass | nel ruolo di | Marie Claude Hamshari |
Mouna Soualen | nel ruolo di | Amina Hamshari |
Mostefa Djadjam | nel ruolo di | Hussein Abad Al-Chir |
Assi Cohen | nel ruolo di | Novello sposo |
Lisa Werlinder | nel ruolo di | Novella sposa |
Djemel Barek | nel ruolo di | Zaid Muchassi Djemal Barek |
Dirar Suleiman | nel ruolo di | Abu Youssef Derar Suleiman |
Ziad Adwan | nel ruolo di | Kamal Edwan |
Bijan Daneshmand | nel ruolo di | Kamal Nasser |
Rim Turkhi | nel ruolo di | Moglie di Adwan Rim Turki |
Jonathan Rozen | nel ruolo di | Ehud Barak |
Liron Levo | nel ruolo di | Uomo del commando |
Ohad Knoller | nel ruolo di | Uomo del commando |
Charley Gilleran | nel ruolo di | Guardia araba/Commando Charley H. Gilleran |
Lyes Salem | nel ruolo di | Guardia araba |
Carim Messalti | nel ruolo di | Guardia araba |
Hichem Yacoubi | nel ruolo di | Guardia araba |
Omar Mostafa | nel ruolo di | Guardia araba |
Mahmoud Zemouri | nel ruolo di | Anziano libanese |
Souad Amidou | nel ruolo di | Moglie di Yussef |
Omar Metwally | nel ruolo di | Ali |
Nasser Memarzia | nel ruolo di | Anziano palestinese |
Abdelhafid Metalsi | nel ruolo di | Palestinese |
Karim Quayouh | nel ruolo di | Giovane palestinese Karim Qayouh |
Michael Yannatos | nel ruolo di | Portiere dell'Aristides Mihalis Giannatos |
Faruk Pruti | nel ruolo di | Connessione KGB |
Rad Lazar | nel ruolo di | Connessione KGB |
Laurence Février | nel ruolo di | Moglie di Papa |
Mehdi Nebbou | nel ruolo di | Ali Hassan Salameh |
Hicham Nazzal | nel ruolo di | Guardia Salameh |
Brian Goodman | nel ruolo di | Americano belligerante |
Richard Brake | nel ruolo di | Americano belligerante |
Robert John Burke | nel ruolo di | Americano belligerante |
Yehuda Levi | nel ruolo di | Soldato all'aeroporto di Tel Aviv |
Danny Zahavi | nel ruolo di | Soldato all'aeroporto di Tel Aviv |
Itay Barnea | nel ruolo di | Viceconsole israeliano |
Elyse Klaits | nel ruolo di | Segretaria al Consolato |
Karim Saleh | nel ruolo di | Issa |
Merik Tadros | nel ruolo di | Tony 'Il cowboy' |
Mousa Kraish | nel ruolo di | Badran/Mohammed Safed |
Moa Khouas | nel ruolo di | Samir/Jamal Al-Gashey Mohammed Khouas |
David Ali Hamade | nel ruolo di | Paulo |
Ben Youcef | nel ruolo di | Saleh |
Sami Samir | nel ruolo di | Abu Halla |
Guri Weinberg | nel ruolo di | Moshe Weinberg |
Sam Feuer | nel ruolo di | Yossef Romano |
Sabi Dorr | nel ruolo di | Yosef Guttfreund |
Wojciech Machnicki | nel ruolo di | Tuvia Sokolovsky |
David Feldman | nel ruolo di | Kehat Schur |
Ori Pfeffer | nel ruolo di | Andre Spitzer |
Shmuel Edelman | nel ruolo di | Yaakov Shmuel Edleman |
Ossie Beck | nel ruolo di | Eliezaar Halfen |
Guy Amir | nel ruolo di | Mark Slavin |
Haguy Wigdor | nel ruolo di | Zeev Friedman |
Jonathan Avigdori | nel ruolo di | Gad Tsabari Roy Avigdori |
Kevin Collins | nel ruolo di | Atleta americano |
Daniel Bess | nel ruolo di | Atleta americano |
Baya Belal | nel ruolo di | Telespettatrice palestinese |
Ula Tabari | nel ruolo di | Telespettatrice palestinese |
Saïda Bekkouche | nel ruolo di | Rifugiata |
Fattouma Ousliha Bouamari | nel ruolo di | Rifugiata Fettouma Bouamari |
Alexander Beyer | nel ruolo di | Reporter tedesco in metro |
Geoffrey Dowell | nel ruolo di | Conduttore TG israeliano |
Rana Werbin | nel ruolo di | Conduttrice TG israeliana |
Félicité Du Jeu | nel ruolo di | Dirigente della banca svizzera |
Mordechai Ben-Shachar | nel ruolo di | Anziano nel bar di Haifa Mordechai Ben Shachar |
Sasha Spielberg | nel ruolo di | Telespettatrice israeliana |
Renana Raz | nel ruolo di | Telespettatrice israeliana |
Stéphane Freiss | nel ruolo di | Reporter francese in metro |
Arturo Arribas | nel ruolo di | Reporter spagnolo in metro |
Jalil Naciri | nel ruolo di | Reporter arabo in metro |
Martin Ontrop | nel ruolo di | Componente troupe di Monaco |
Joram Voelklein | nel ruolo di | Componente troupe di Monaco |
Michael Schenk | nel ruolo di | Fotografo a Monaco |
Andreas Lust | nel ruolo di | Componente troupe a Fürstenfeldbruck |
Tom Wlaschiha | nel ruolo di | Componente troupe a Fürstenfeldbruck |
Nell'agosto 1972, durante la seconda settimana dei Giochi Olimpici di Monaco, il commando terroristico palestinese "Settembre Nero", compie un blitz nel villaggio olimpico rapendo alcuni componenti della squadra israeliana per ottenere la liberazione di numerosi prigionieri palestinesi. Durante 21 ore trasmesse in diretta tv, il commando compie un atroce massacro in cui tutti gli ostaggi perdono la vita. Per vendicare la morte dei loro connazionali, il Mossad, il servizio segreto israeliano, mette in atto l'"Operazione Ira di Dio", un piano segretissimo che prevede la ricerca e l'eliminazione di tutti i componenti di 'Settembre Nero'. Il difficile incarico viene assegnato al giovane Avner, un ufficiale del Mossad, e a quattro reclute specializzate: Steve, un esuberante autista sudafricano bianco; Hans, un ebreo tedesco specialista nella falsificazione di documenti; Robert, un belga esperto nella fabbricazione di esplosivi; e Carl, un uomo silenzioso e metodico che ha l'incarico di cancellare ogni traccia delle azioni punitive...
"Riassunto, 'Munich' potrebbe essere 'solo' un bel thriller equamente diviso fra azione e morale. Invece è la ricostruzione (in parte documentata ma largamente congetturale) dell'operazione che seguì la strage di Monaco. Insomma un film politico, di infinita delicatezza per il tema e di enorme impatto per il linguaggio, dedicato a uno dei nodi più dolorosi del mondo contemporaneo. Fin qui però la discussione si è concentrata sul tema e sui suoi risvolti politici dribblando l'essenziale, cioè appunto il linguaggio. Che è ciò che rende 'Munich' scomodo (nelle poche scene davvero convincenti) ma più spesso imbarazzante, quali che siano le proprie convinzioni politiche o morali. Sapendo di muoversi su un terreno minato, Spielberg fa infatti massima attenzione all'equilibrio delle ragioni e dei torti sui due fronti, israeliano e palestinese. E questo va benissimo naturalmente. Ma sembra anche così preoccupato di bilanciare l'azione con la riflessione, gli inevitabili sosia (Golda Meir) con l'invenzione pura, l'orrore con lo humour, che il tutto spesso suona falso e artificioso. Insomma non rinuncia a nessuno degli accorgimenti che rendono il suo cinema così accattivante e spettacolare, ma gli sovrappone un fragile strato morale che risulta costantemente contraddetto dalle immagini. Nei momenti migliori l'ambivalenza, tema profondo del film, ci scuote. (...) 'Munich' mette a disagio perché convenzionale da cima a fondo. Vorrebbe insinuare dubbi, ma lo fa con le immagini monolitiche e autoritarie del cinema di genere. Resta per così dire schiavo del racconto (delle sue convenzioni), senza mai mettere in crisi la sua struttura profonda, come accadeva per fare un esempio in 'Niente da nascondere'. Naturalmente Spielberg non è Haneke, ci mancherebbe, l'esempio è del tutto strumentale. Ma resta la sensazione costante, e sgradevole, che per scendere su questo terreno l'artiglieria pesante di Spielberg non fosse la più indicata." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 gennaio 2006) "'Munich' di Steven Spielberg parte alla grande con un allucinante quarto d' ora di spettacolo che sembra preludere a un capolavoro. (...) Il seguito dei 164 minuti di Munich, lungi dal soddisfare l'attesa del capolavoro annunciato, rientra nei canoni del film d'azione: la determinazione di Avner che si stempera in un crescendo di dubbi sulla legittimità della missione anche alla luce di alcuni tragici errori, la caratterizzazione dei kidonim, il thrilling degli attentati dove la parafrasi hitchcockiana è a volte guastata da un ambientazione non sempre all'altezza (quella Roma girata a La Valletta per ragioni di economia è inaccettabile). Per non parlare della sequenza in sottofinale quando Avner facendo l'amore con la moglie non riesce a togliersi dalla testa la strage di Monaco. Per cui Jérome Garcin su le 'Nouvelle Observateur' ha scritto: 'Di un cattivo gusto insuperabile, questo montaggio parallelo basta a contrassegnare il disastro del film'. Più condivisibili gli equilibrati rilievi di Todd McCarthy su 'Variety': racconto servito con professionalità e tuttavia troppo lungo, due ore bastavano; schema 'Dieci piccoli indiani', ovvero i morti centellinati in serie alla Agatha Christie, a rischio di noia; protagonista moscio. Sottoscrivo tutto, aggiungendo un elogio per Geoffrey Rush nel ruolo ambiguo del referente governativo, purché non vada sottovalutato il messaggio del film: non è il perdono la migliore vendetta, ma la trattativa." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 27 gennaio 2006) "E' un film da 'non mancare' non perché sia eccezionalmente bello. Ma per il suo contenuto, per come Spielberg - ebreo impegnato nella difesa della memoria delle persecuzioni e della causa israeliana - lo ha trattato. (...) Si è detto, non senza spunti polemici, che Spielberg è giustificazionista verso i palestinesi; e lui ha risposto di non credere all'escalation delle armi ma alla trattativa, aggiungendo di essere pronto a dare la vita per Israele. Eppure la sensazione è che il film lascia è quella che non ci sarà mai scampo, che le reciproche ostilità e paure sono troppe perché si riesca a far tacere le armi. Forse Spielberg non voleva, ma il magone con cui esce dal film è questo." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 27 gennaio 2006) "Che re Steven sia uno dei massimi registi della nostra epoca è un fatto acclarato. Che il suo pragmatismo e la sua generosità professionale lo portino a toccare alti e bassi, altrettanto. Basta confrontare lo straordinario prologo (l'azione terroristica che ritornerà nei successivi flash-back) con il pessimo finale (l'amore coniugale in montaggio alternato con i rimorsi) di 'Munich' per confermarlo. Questo film possente e, appunto, disuguale verifica un altro topos spielberghiano, quello che il collega Bruzzone ha acutamente denominato la tortura della coperta: puntualmente tirato da una parte e dall'altra, il regista sembra nato per alimentare le opposte fazioni politiche e cinéfile. Mentre i sinistri vessilli di Hamas sventolano sul Parlamento palestinese, 'Munich' non fornisce, in effetti, risposte perentorie e tantomeno definitive, ma si limita a inscenare una riflessione sulla ragion di stato e sull'efficacia della vendetta che travalica e forse penalizza la modica quantità dell'opinione personale. In fondo, lo spettatore si ritrova ad assistere a un buon thriller spionistico, a tratti veristico a tratti romanzato, chiaramente ispirato allo stile del cinema americano degli anni Settanta ('I tre giorni del condor'); mentre il contrappunto del travaglio morale dell'antieroe protagonista (il modesto Eric Bana) non ha la forza di elaborare una tesi inedita, convincente e, soprattutto, spendibile nell'attualità. (...) Accantonato, giocoforza, il presunto messaggio scottante, si deve riconoscere il nerbo registico: suspense calibrata, ambientazioni e fotografia suggestive, movimenti ampi e sicuri della macchina da presa, ossessioni e paure che si rapprendono e si sciolgono nell'adrenalina delle esecuzioni. Per fortuna Spielberg, anche quando cerca d'imitare il complottismo venato di allusioni oracolari alla Le Carré (chi sarà mai il patriarca francese che si mette al servizio di qualsiasi gruppuscolo disposto a pagare?), non tradisce la vocazione al puro spettacolo, ai ritmi incalzanti, all'intelligenza dei dettagli, insomma al suo stile ad alta definizione popolare." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 28 gennaio 2006) "Tutto il film è incentrato su questo personaggio che si muove come all'interno di un thriller, sicario non di professione ma per fede politica. E' bene ricordare che Spielberg è un ebreo della diaspora che crede fermamente allo stato di Israele, pur avendo in alcune occasioni manifestato la sua contrarietà ad alcuni interventi di rappresaglia e ritorsione. In altre parole: nell'universo del regista americano è l'uomo in quanto persona che prevale e che è al centro dell'interesse della sua macchina da presa. (...) Spielberg è molto bravo a portarci dentro l'orrore e, al contempo, a misurare i possibili drammi dopo l'evento di sangue. Si sa che la violenza può essere descritta fondamentalmente in due modi, cioé da un punto di vista metafisico, come nel "Diavolo probabilmente" di Robert Bresson o "Cul de sac" di Roman Polanski, oppure totalmente immersi nella realtà, dall'interno dei fatti e delle azioni. Il regista americano ha scelto questo secondo sguardo, senza cadere nella platealità e nell'effettaccio, come invece capitava con l'eccessiva insistenza nella parte iniziale di "Salvate il soldato Ryan" (...) L'incipit di "Munich" è cinematograficamente perfetto: sembra, come ha annotato il critico Paolo Escobar, un gioco di specchi che si riflettono nel loro perfetto e crudele equilibrio. E' l'equilibrio del terrrore che, con un montaggio magistrale su un'altrettanto magistrale "sceneggiatura di ferro", ci introduce nella vicenda come un proemio che in se stesso ha già al proprio interno l'umore del significato globale del film. Ripeto: è la violenza assolutamente non voluta che non è pensata solo per tenere desta l'attenzione, ma per creare l'effetto d'orrore nei confronti dell'uccisione e delle modalità attraverso le quali questa si attua. (...) Il regista sembra dirci, e alla fine ciò appare palesemente. che l'autentico amore di un ebreo per Israele non può accettare il "do ut des" di ogni forma di vendetta." (Franco Patruno, L'Osservatore Romano, 4 febbrario 2006)
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