Mio zio1958

SCHEDA FILM

Mio zio

Anno: 1958 Durata: 120 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:Jacques Tati

Specifiche tecniche:35 MM (1:1.37) - EASTMANCOLOR

Tratto da:-

Produzione:FILM DEL CENTAURO, SPECTA FILMS, GRAY FILM, ALTER FILM

Distribuzione:TITANUS (1958); RIPLEY'S FILM IN COLLABORAZIONE CON VIGGO (2016) - SAN PAOLO AUDIOVISIVI

ATTORI

Jacques Tati nel ruolo di Monsieur Hulot
Jean-Pierre Zola nel ruolo di Charles Arpel
Adrienne Servantie nel ruolo di Madame Arpel
Lucien Frégis nel ruolo di Monsieur Pichard
Betty Schneider nel ruolo di Betty, la figlia della portinaia
Jean-François Martial nel ruolo di Walter J.F. Martial
Dominique Marie nel ruolo di La vicina
Yvonne Arnaud nel ruolo di Georgette
Adelaide Danieli nel ruolo di Madame Pichard
Alain Bécourt nel ruolo di Gerard Arpel
Régis Fontenay nel ruolo di Commerciante
Claude Badolle nel ruolo di Venditore al mercato delle pulci
Max Martel nel ruolo di Ubriaco
 

MONTAGGIO

Baron, Suzanne
 

SCENOGRAFIA

Schmitt, Henri
 

COSTUMISTA

Cottin, Jacques

TRAMA

Al centro di un quartiere moderno sorge la villa ultramoderna e imponente del signor Arpel, che vi abita con la moglie ed il figlio Gèrard, di nove anni. Il signor Arpel, ricco industriale e Presidente della società "Pastac", è il perfetto tipo del borghese che la posizione e l'agiatezza rendono importante. La sua esistenza perfettamente ordinata sarebbe ammissibile se gli lasciasse la possibilità di abbandonare, almeno per un istante, i problemi connessi con la sua attività d'industriale per dedicarsi a quelli più semplici creati dalla vitalità di suo figlio Gèrard. Anche la mamma, la signora Arpel, trascura il bambino perché il suo tempo e le sue energie sono dedicati completamente al compito di mettere in ordine e pulire continuamente e perfettamente la casa. In questo ambiente di perfezione appare frequentemente il fratello della signora Arpel, lo zio Hulot, per il quale Gèrard mostra una predilezione che desta la gelosia del signor Arpel. Lo zio Hulot è molto differente dai coniugi Arpel: vive con grande semplicità e quando viene a cercare Gèrard il piccolo ne è felice perché sa che lo zio lo farà uscire dalla monotonia della sua vita dove tutto è previsto e tutto si ripete automaticamente. Per sottrarre Gèrard all'influenza di questo zio così poco conformista, il signor Arpel dà a Hulot un posto nella sua industria mentre la signora Arpel pensa di dargli in moglie una sua vicina. Ma questi tentativi non hanno il successo sperato e il signor Arpel prende una decisione radicale: Hulot sarà un rappresentante della società all'estero. Tutta la famiglia lo accompagna alla stazione e gli addii sono rapidi, ma uscendo dalla stazione il signor Arpel inconsciamente ritrova l'attitudine familiare di Hulot verso Gèrard.

CRITICA

"E' un film della serie 'Monsieur Hulot', ma forse riesce meno efficace degli altri a causa della sua lentezza che appesantisce il ritmo dell'intero racconto. Il film non manca di scenette comiche e di trovate esilaranti. Notevole la satira del tecnicismo moderno simboleggiato dagli oggetti in plastica, cui è contrapposto l'incanto della vita semplice e normale, non ancora guastata dai ritrovati della scienza. Buona l'interpretazione, la musica e il colore." ('Segnalazioi cinematografiche', vol. 44, 1958) "(...) Tati contrappone il culto del comfort e la freddezza tecnologica della nascente società consumista (siamo nel 1958) al candore stralunato di quello zio che vive 'all'antica', esasperando in una girandola di gag e di invenzioni surreali il contrasto fra i limiti del nostro povero corpo e l'apparente perfezione delle macchine che ci circondano. Un gioiello assoluto, di cui si sarebbero innamorati registi diversissimi come Godard e Truffaut, Lynch e Wes Anderson, Wenders e Michel Gondry. Ma a cui sarebbero seguiti solo due film, gli ambiziosissimi e catastrofici 'Playtime' e 'Traffic',1967e1971." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 9 giugno 2016) "(...) un altro genio assoluto della Settima Arte (si, in questo caso è Arte con la 'a' maiuscola). (...) Tati faceva cinema ben dentro il sonoro, 'Mon oncle' è infatti un capolavoro del 1958 pieno di suoni, di rumori, di cinguettii, qua e là persino di parole: ma il personaggio di Tati, sempre vestito di impermeabile e cappellino e perennemente armato di ombrello, non parlava mai. I suoi film erano un geniale ricalco dei capolavori muti di Chaplin e di Keaton, geni ai quali Tati può essere paragonato senza alcun timore reverenziale. Per inciso, 'Mon oncle' vinse anche l'Oscar come miglior film straniero, a dimostrazione che allora anche l'Oscar era una cosa seria." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 9 giugno 2016)

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