MIO COGNATO2002

SCHEDA FILM

MIO COGNATO

Anno: 2002 Durata: 90 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:-

Specifiche tecniche:(1:85)

Tratto da:-

Produzione:GIOVANNI VERONESI, ALESSANDRO PIVA, SALVATORE DE MOLA PER RAI CINEMA, DADA FILM, SEMINAL FILM

Distribuzione:01 DISTRIBUTION

TRAMA

Quando a Vito, impiegato tranquillo e pignolo, viene rubata la macchina al battesimo del figlio della sorella, tocca al suo poco amato cognato Toni passare la notte a cercarla con lui nei vicoli della Bari vecchia. Toni, infatti, è piuttosto disinvolto e oltre agli amici borghesi ha strane frequentazioni nel sottobosco più malfamato della città. Alla fine della nottata i due cognati avranno imparato a loro spese a conoscersi meglio ma anche a rispettarsi.

CRITICA

"Continua la nouvelle vague del cinema barese. Dopo il miracoloso 'Miracolo' ecco l'opera seconda di Alessandro Piva, regista della 'Capagira' e ora di 'Mio cognato', un'acida commedia notturna, violentemente radicata nel territorio e nel dialetto che, per la struttura a due caratteri contrapposti, ricorda 'Il sorpasso', anche se l'autore cita 'Ladri di biciclette'. (...) Piva ha un'estrema facilità narrativa e si immette, con un road movie decapottabile, nel solco della commedia all'italiana, dove la città-società con le sue ferite aperte nell'amoralità con plusvalore è importante. Soprattutto ai fini della caratterizzazione psicologica di due classici prototipi che Sergio Rubini, quasi barese, e Luigi Lo Cascio, siciliano, sposano con magistrale vitalità, simpatia, sintonia, tanto da formare una strana, inedita, vincente coppia in cui è utile riconoscersi. Costellato di un mosaico di impressioni e sensazioni, il racconto frena e poi vira verso un finale tragico forse evitabile, ma in cui Piva dimostra che sorride ma non scherza: il pericolo c' è". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 4 ottobre 2003) "Il regista dell'opera seconda Alessandro Piva non lo può proprio smentire che 'Mio cognato' è un 'Sorpasso' quarant'anni dopo (41 per la precisione). Ed è forse il miglior tentativo che sia stato mai fatto di far rivivere il capolavoro di Dino Risi. Con un gran vantaggio sull'originale. Se per un verso manca Gassman, Rubini è al suo top e si prodiga per sostituirlo più che degnamente nella parte dell'assicuratore". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 4 ottobre 2003) "'Mio cognato', seconda prova del pugliese Piva dopo la sorprendente 'Lacapagira', riparte addirittura dal 'Sorpasso' di Dino Risi. (...) Puntuale la rappresentazione degli sfondi, veri e propri laghi inaciditi dal finto benessere. Meno efficace il rapporto scostante dei protagonisti, che paiono subire più che le indecisioni di Piva, la sua curiosa non voglia di affondare il coltello nella piaga. forse una vena dichiaratamente grottesca avrebbe giovato maggiormente. Bravi Lo Cascio (di più) e Rubini." (Aldo Fittante, 'Film Tv', 7 ottobre 2003) "Con 'Mio cognato', in dialetto pugliese come la sua opera prima 'La capagira', Alessandro Piva firma un notevole secondo film su cui è riuscito a incidere una salda cifra autoriale, nonostante il budget ben più consistente rispetto alle poche centinaia di milioni del precedente. (...) Piva, in un ben calibrato alternarsi di neri e tinte forti, sa conferire un'allarmata irrealtà al suo affresco di sottobosco barese. In questo paesaggio stralunato, abitato da guaglioni di malavita impersonati in chiave grottesca da locali (attori e no), spicca soprattutto la singolare coppia Rubini/Lo Cascio, che funziona a meraviglia e rappresenta un indiscutibile punto di forza del film." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 5 ottobre 2003) "Seconda prova di Piva, cineasta quarantenne della scuola pugliese. Tre anni fa 'Lacapagira', peripatetica avventura nei bassifondi del porto con camera a mano e nichilismo barese nel cuore, lasciò il segno tra gli esordienti. (...) Inscritto in una giornata e una notte, trascorse in giro con la Saab cabriolet del professore a cercare l'auto rubata del cognatino, un po' telefonato come si trattasse di 'Il sorpasso' dello Ionio, qualche volta a rischio di tipizzazioni regionalistiche, è una commedia che cerca di sfruttare al massimo la povertà del soggetto, riuscendo a lasciare lo scorcio di un'Italia chiusa in se stessa, in un regime di piccoli poteri localistici e delinquenziali. Vale una visita." (Silvio Danese, 'Il Giorno', 4 ottobre 2003)

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