SCHEDA FILM

MANON DELLE SORGENTI

Anno: 1986 Durata: 113 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:SCOPE, EASTMANCOLOR

Tratto da:DAL ROMANZO "L ACQUA DELLE COLLINE "DI MARCEL PAGNOL

Produzione:RENN PRODUCTIONS, FILM A2, D. D. PRODUCTIONS, RAIDUE

Distribuzione:ISTITUTO LUCE (1988) - I.N.C.

TRAMA

Papet e Ugolin, ostruendo una sorgente, hanno portato alla rovina Jean De Florette: quest'ultimo, nel tentativo disperato di trovare l'acqua, ha perso la vita in un incidente. Dopo dieci anni, mentre Manon, la figlia di Jean, vive da sola custodendo un gregge di capre, Ugolin, arricchitosi con il commercio dei garofani, è tormentato dal senso di colpa per la morte di Jean De Florette. Un giorno incontra Manon sulle colline e se ne innamora perdutamente. Frattanto Manon scopre casualmente la sorgente d'acqua che alimenta tutto il villaggio, e, spinta dal desiderio di vendetta, la ostruisce. La catastrofe, abbattutasi inaspettatamente sul piccolo paese, causa negli abitanti una presa di coscienza della propria colpevolezza nella morte di Jean. Dopo anni di silenzi e di complicità, alcuni cominciano ad accusare Papet e suo nipote di essere i responsabili morali della morte di Jean. Preso coraggio, Ugolin dichiara a Manon il proprio amore, ma riceve un secco rifiuto: la disperazione è tale che Ugolin si suicida. Papet è scosso profondamente dalla morte violenta del nipote, da cui sperava di avere un erede per lasciargli il patrimonio di famiglia. Provato dal duro colpo, si abbatte su Papet una nuova amara rivelazione. Quel Jean che ha guardato soffrire giorno dopo giorno fino alla morte, ironizzando spesso sulla sua gobba, è suo figlio. Ormai per Papet la morte sta per sopraggiungere; il patrimonio della famiglia andrà a Manon, sua nipote, ed unica erede.

CRITICA

"Si direbbe che l'epilogo ecceda nelle tinte del melodramma, eppure ad attenuarle provvede il grande talento, la straordinaria misura espressiva di Yves Montand, capace di far vibrare le corde più intime del personaggio. D'altro canto non si può che rimanere ancora una volta ammirati dallo spessore fisico e modulatamente allucinato conferito da Daniel Auteuil all'ambigua figura di Ugolin (indimenticabili le scene dei tentativi di seduzione e della domanda di matrimonio a Manon). Anche Emmanuelle Béart, del resto, rende la sua Manon con proprietà di toni, quasi un'emanazione della natura che la circonda. E qui il paesaggio, nell'arioso 'cinemascope' di Bruno Nuytten, assume quanto mai un ruolo determinante nelle motivazioni dei personaggi. Unica nota stonata il commento musicale di Jean-Claude Petit ossessivamente rifatto sul tema verdiano della 'Forza del destino'." (Leonardo Autera, 'Il Corriere della Sera', 4 Aprile 1989) "Con molto rispetto per la realtà: della gente, delle cornici, dei sentimenti. Berri, già nella prima parte, aveva mostrato di separarsi abbastanza dai meriti più genuini del testo originale, attento soprattutto agli schemi esteriori di un racconto che, privato delle più solide intenzioni stilistiche del suo autore, rischiava di assomigliare un po' troppo a un feuilleton: qui il rischio è anche più scoperto e la storia, svuotata quasi del tutto dei suoi succhi primitivi, gronda polvere da ogni parte: con vendette, passati che ritornano, rivelazioni dell'ultim'ora che sembrano quasi soltanto partecipare del romanzo d'appendice. Con applausi in platea, se vogliamo, ma a tutto danno di Pagnol, che pure le platee le rispettava. Fra gli interpreti, citerò soprattutto Yves Montand, un Papet molto più drammatico qui che non nella prima parte. Il doppiaggio lo priva di quell'accento provenzale che si era conquistato con molta cura. Un male minore, però, rispetto al genovese con cui nel primo dopoguerra era stato doppiato il marsigliese di Fernandel. Qui almeno si traduce, là si tradiva." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 24 Agosto 1988) "La disposizione in due episodi distinti esalta il senso degli equilibri interni al racconto. Se avevate perso Jean de Florette uscito fugacemente a maggio, approfittando della doppia programmazione del Capranica per vedere i due film uno dopo l'altro. Scomparso il candido e appassionato protagonista del primo, l'attenzione si sposta sulla coppia Papet-Ugolin, ma è il paese intero a venire in primo piano. Il tema dell'episodio iniziale era in fondo l'omertà. Nel secondo viene a galla la colpa, e quando Manon lascia a secco tutto il paese l'omertà si rovescia in denuncia collettiva. Non a caso le scene più incisive sono proprio quelle d'insieme, come l'irresistibile conferenza di quel funzionario del genio rurale che tenta di placare i contadini furibondi a colpi di scartoffie e burocratese, o la predica-denuncia del prete, durante la quale l'ex-attore Berri dà sfondo a tutto il suo talento per il casting e la direzione degli attori." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 Agosto 1988)

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