L'uomo che ama2008

SCHEDA FILM

L'uomo che ama

Anno: 2008 Durata: 102 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, SENTIMENTALE

Regia:Maria Sole Tognazzi

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:-

Produzione:DONATELLA BOTTI PER BIANCA FILM SRL IN COLLABORAZIONE CON MEDUSA FILM E SKY

Distribuzione:MEDUSA

ATTORI

Pierfrancesco Favino nel ruolo di Roberto
Ksenia Rappoport nel ruolo di Sara
Monica Bellucci nel ruolo di Alba
Marisa Paredes nel ruolo di Dott.ssa Campo
Michele Alhaique nel ruolo di Carlo
Glen Blackhall nel ruolo di Yuri
Piera Degli Esposti nel ruolo di Giulia
Arnaldo Ninchi nel ruolo di Vittorio
Fausto Maria Sciarappa nel ruolo di Dottore Fausto Sciarappa
 

MUSICHE

Consoli, Carmen
 

MONTAGGIO

Fasano, Walter
 

SCENOGRAFIA

Zera, Tonino
 
 

EFFETTI

Verrucci, Paolo

TRAMA

Torino. Roberto, a quasi quarant'anni, non ha ancora capito il significato del vero amore. Nella sua vita ci sono state due donne importanti, Sara e Alba, ma nei due rapporti l'uomo ha tenuto un comportamento diametralmente opposto: tanto dolce con una, quanto crudele con l'altra. Attraverso le sue esperienze e analizzando la situazione sentimentale di amici e parenti Roberto cercherà di trovare le risposte e la verità, se davvero esiste, sull'amore.

CRITICA

"Sarà merito della sensibilità registica di Maria Sole Tognazzi, sarà merito dello studio e dell'impegno, fatto sta che Monica Bellucci ne 'L'uomo che ama' ha fatto dimenticare certi suoi passati sbandamenti recitativi. Baciata dalla Natura con una bellezza che nessuno mette in discussione, l'attrice non può certo vantare una voce particolarmente melodiosa. E infatti fino a ieri le sue prove migliori erano quelle in cui accentuava con ironia i suoi difetti (come la baronessa umbra di 'N-Io e Napoleone'). Nel ruolo di Alba dimostra di aver lavorato molto sulla voce e sulla pronuncia, tanto da non stonare nelle scene - per niente facili - al fianco di Favino. La sceneggiatura le fa perdere la speranza di avere un figlio e l'amore dell'uomo con cui pensava di mettere su casa quasi nello stesso istante, obbligandola a giocare sulle emozioni e non sul fascino. E il risultato convince: Alba si comporta come fanno tutte le donne ferite e abbandonate, senza mai ricordare allo spettatore che a interpretarla c'è un sex symbol e non solo una brava attrice." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 24 ottobre 2008) "Per la serie 'a chi tocca non s'ingrugna', un classico girotondo schnitzleriano senza però la forza dirompente di quel caleidoscopio di attrazioni e separazioni inventato dall'autore austriaco un secolo fa. Qui il ragionamento è un po' lo stesso, anche se l'obbiettivo è fermo sulle sofferenze: di chi lascia, di chi è lasciato, di chi inizia una nuova vita e di chi invece è costretto a buttare la vecchia. Tutto però rimane sulla carta, il film nemmeno per un secondo arriva a colpire il cuore dello spettatore, che se ne resta imbalsamato e anche leggermente annoiato di fronte a un teatrino amorosamente corretto, ma insapore come la plastica. Tutti i protagonisti fanno il loro dovere, anzi mettono nei personaggi quel pizzico di umanità che invece manca all'obbiettivo della cinepresa. L'impressione crescente è che l'attenzione all'equilibrio stilistico abbia finito per rendere completamente sterilizzato di ogni emozione il racconto. Peccato, l'occasione c'era. Non si parla spesso di disagio maschile nell'amore. Maria Sole Tognazzi però ha fatto un atto di coraggio parziale. Perché mostra un uomo sofferente, sì, ma identico a una donna. E' lei stessa a dichiarare che 'in amore si soffre tutti alla stessa maniera', affermazione plausibile - forse - sulla carta, ma stonata sullo schermo perché priva di quello sguardo obliquo che permette di arricchire l'osservazione sui sentimenti umani e non di appiattirla. Interessante - sarebbe stato - anche l'approfondimento di un personaggio come quello di Monica Bellucci, un'Alba bellissima ma fragile nella sua femminilità. Bellucci fa quello che può (ed è brava, lo diciamo da tempo) ma il personaggio non ha scrittura sufficiente a sostenerla." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 24 ottobre 2008) "Maria Sole Tognazzi cerca dubbi e percorsi non banali. Ma a forza di suggerire senza mai 'mordere' resta incerta, sfocata. E sciupa un'occasione d'oro come quella offerta dai quadri su cui scorrono i titoli di coda, dipinti dai degenti di un manicomio tedesco. Uno sguardo sulla follia che poteva essere una strada feconda ma che il film, ancora una volta, accenna senza trovare il modo di seguirla fino in fondo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 24 ottobre 2008) "Nella prospettiva della regista, 'L'uomo che ama' rovescia il cliché diffuso secondo cui al cinema sono le donne a struggersi, a perdersi, a dilaniarsi. Qui, invece, capita a Roberto, eletto a emblema di una mascolinità forte e fragile insieme. Favino cita Dante e Catullo, la Tognazzi spiega che 'è difficile vedere al cinema un uomo che si sveglia al mattino piangendo per amore', la Bellucci ricorda che 'una donna può essere molto attraente fisicamente, sicura nel lavoro, ma nascondere vulnerabilità segrete'. Tutto vero, però il film, accurato, ben fotografato, malinconico nell'adattamento, resta un po' sospeso, irrisolto. Però Favino desnudo, sotto la doccia con Monica e sul letto con Ksenia, piacerà molto alle signore." (Michele Anselmi, 'Il Riformista', 24 ottobre 2008) "Il film che parla d'amore con una serietà a cui non siamo più abituati è ben fatto, ben girato, poco emozionante. Una citazione da 'L'uomo di paglia' di Pietro Germi rende omaggio a Franca Bettoja, madre della regista." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 ottobre 2008) "Si tratta di un melodramma ad alta pretensione autoriale, alacremente costruito sulle performance di un gruppetto d'interpreti di buon calibro, che riesce a risultare fatuo e melenso quando si fa cupo e sofferto, e viceversa. (...) Il copione cerca di conferire un po' di peso all'abusato mini-girotondo erotico tratteggiando le figure di contorno, dalla proprietaria della farmacia Marisa Paredes, ai genitori Arnaldo Ninchi e Piera Degli Esposti e soprattutto al fratellino gay Michele Alhaique con relativa metà Glen Blackhall. Invano. Tutto inguaribilmente finto, tutto confezione luxury (fotografia leziosa, pose estenuate, dialoghi sentenziosi), tutto inondato dalle musiche malriuscite di Carmen Consoli, tutto giustificato a tavolino da uno psicologismo di lega mediocre: con particolari svenevolezze e cadute nel tratteggiare le vicende della coppia omosex, oscillanti tra il fotoromanzo lacrimoso e il liliale quadretto da pubblicità progresso. Come anticipato, gli attori sono i meno colpevoli (Rappoport e Alhaique su tutti) di un film che sembra, in effetti, guardare a Ozpetek come al sommo nume tutelare dello stile, degli argomenti e dei toni del migliore cinema nazionale: il lettore che ne sia eventualmente convinto, è autorizzato a rovesciare la recensione." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 24 ottobre 2008) "'L'uomo che ama' è di quello che avrebbero reso felice monsieur de La Palisse. Alla risicata trama corrisponde un contenuto non meno ovvio." (Giacomo Vailatti, 'Avvenire', 24 ottobre 2008) "'L'uomo che ama' (che fantasia nel titolo!) pare un film di Ozpetek girato sotto la Mole di Torino, anziché sotto il Gasometro di Roma, ma è un film alla maniera di Ozpetek, scritto e diretto da Maria Sole Tognazzi. Il film regge nella prima mezz'ora grazie alla fotografia di Arnaldo Catinari, allo sfondo urbano insolito e invernale, ai toni sommessi... Poi affiora che i dialoghi echeggiano i dialoghi di film analoghi, con frasi fatte del tipo: 'Non volevo farti male'." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 24 ottobre 2008) "Nella sua opera seconda, dopo il leggiadro ritratto del suo ambiente di artisti coetanei, 'Passato prossimo', Maria Sale Tognazzi ambienta nella sabauda austerità di Torino, tra le foto degli eroi scomparsi del Toro, musica e montaggio invasivi, la storia, di ironia alla Lelouch, di Roberto (...) Nei procedimenti narrativi i due film si fotocopiano. Il primo tempo viene, in entrambi, dopo il secondo tempo, un flashback del primo. Senza che, sulle prime, si riesca a capire bene a cosa giovi la reversibilità." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 24 ottobre 2008).

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