Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti2010

SCHEDA FILM

Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti

Anno: 2010 Durata: 113 Origine: GERMANIA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:Apichatpong Weerasethakul

Specifiche tecniche:35 MM (1:1.85)

Tratto da:-

Produzione:APICHATPONG WEERASETHAKUL, SIMON FIELD, KEITH GRIFFITHS, CHARLES DE MEAUX, HANS W. GEISSENDOERFER, LUIS MIÑARRO, MICHAEL WEBER PER KICK THE MACHINE, ILLUMINATIONS FILMS PAST LIVES PRODUCTION, ANNA SANDERS FILMS, EDDIE SAETA S.A., THE MATCH FACTORY, GFF G

Distribuzione:BIM - - DVD: 01 DISTRIBUTION HOME VIDEO / BIM HOME VIDEO (2011)

ATTORI

Thanapat Saisaymar nel ruolo di Zio Boonmee
Jenjira Pongpas nel ruolo di Jen
Sakda Kaewbuadee nel ruolo di Tong
Natthakarn Aphaiwonk nel ruolo di Huay, moglie di Boonmee
Geerasak Kulhong nel ruolo di Boonsong, figlio di Boonmee
Kanokporn Tongaram nel ruolo di Roong, amica di Jen in albergo
Samud Kugasang nel ruolo di Jaai, college di Boonmee
Wallapa Mongkolprasert nel ruolo di Principessa
Sumit Suebsee nel ruolo di Soldato
Vien Pimdee nel ruolo di Paesano
 
 

MONTAGGIO

Chatametikool, Lee
 

SCENOGRAFIA

Homlaor, Akekarat
 

COSTUMISTA

Chaiyon, Chatchai

TRAMA

Boonmee si rende conto di avere un'insufficienza renale ed è consapevole che morirà nel giro di 48 ore. Da grande professionista dello yoga, l'uomo capisce che la malattia è legata al suo karma negativo dovuto all'uccisione di troppi comunisti. Dopo aver espresso il desiderio di tornare a casa dall'ospedale, per morire in pace, Boonmee trova ad accoglierlo il fantasma della moglie defunta giunta per aiutarlo a superare i suoi ultimi istanti di vita. Per l'occasione torna a casa anche suo figlio, ma sotto le sembianze di una scimmia poiché ha vissuto per 15 anni nella foresta accoppiandosi con una creatura chiamata "il fantasma della scimmia". Mentre ricorda le sue vite passate, Boonmee chiede al fantasma di sua moglie di accompagnarlo nella foresta dove, prima di spegnersi, ricorderà un evento della sua prima vita.

CRITICA

"In casella, qualche giorno fa, abbiamo trovato un libretto curatissimo: è il materiale stampa di 'Uncle BoonMee Who Can Call His Past Lives', il nuovo film di Apichatpong Weerasethakul, regista che ha fatto scoprire al mondo la nuova generazione del cinema thailandese, affermando nel corso del tempo un personale immaginario potente e mai ripiegato su se stesso. In gara è uno dei pochi momenti di grazia del concorso 2010, poesia di fantasmi, miti, storia in cui si intrecciano la memoria del paese e quella personale, la vita e la morte. (...) La barriera tra umano e animale si rompe, come quando in una delle sequenze più belle del film, la principessa che è sfigurata si rispecchia nel lago e si vede bella, con la pelle bianca. E la magia del pesce-gatto a cui offre i suoi gioielli, e poi se stessa, lui l'ama, sensualità acquatica. Ma questa comunione è la sostanza del cinema di Weerasethakul il cui universo unisce i molti piani dei tempo e dell'essere perché questo è il potere del cinema, e il suo essere luogo di memoria e presente. Lo zio BoonMee è la storia di quel paese, 'sono malato' dice 'perché ho ucciso troppi comunisti e troppi insetti alla fattoria'. Umano e natura, la giungla è lo spazio della nascita e della morte, una corsa folle tra gli alberi con gli occhi rosso fosforescente dei gorilla/fantasmi e quella caverna che è il ventre materno dove morire e rinascere, in una delle sequenza di morte più intense mai viste. Il cinema per Weerasethakul è dunque questo luogo incantato di conoscenza, di fantasmi e di realtà, di infinite storie possibili con cui si può ancora rompere la rappresentazione univoca del mondo." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 22 maggio 2010) "Molto amato dai festivalieri, che hanno applaudito a lungo il film in concorso Zio Boonmee quello che si ricorda delle sue vite precedenti, il thailandese Apichatpong Weerasethakul è partito da un Paese messo a ferro e a fuoco dalla guerra civile tra camicie rosse e governativi. Non ce l'avrebbe fatta, se l'ambasciata italiana non gli avesse timbrato il passaporto poche ore prima di sospendere i rapporti con Bangkok. Il suo film è una fantasticheria, spesso affascinante, di spettri, scimmie-fantasma, pesci-gatto che si accoppiano nell'acqua con principesse umane; per contiene anche riferimenti alla situazione reale. L'episodio, in particolare, di un villaggio occupato dai militari tra gli anni 60 e 80." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 22 maggio 2010) "Nel film di Apichatpong Weerasethakul, 'Uncle BoomMee' che usa il mito, e la leggenda, per confrontarsi con la Storia, e l'attualità 'reale' di questi giorni, la presenza nei suoi fotogrammi costante di soldati ci porta ai morti e agli scontri a Bangkok e altrove tra il governo militare e le camicie rosse armate dall'ex-premier il multimiliardario e corrotto Taskin." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 23 maggio 2010) "Il thailandese Weerasethakul ¿ quasi impronunciabile, si fa chiamare Joe - esplora miti animisti e reincarnazioni possibili, infettando di politica antimilitarista la giungla della Thailandia nordorientale. (...) Narrazione distante dagli standard occidentali, non è film per tutti: serve coraggio e curiosità, ma ne vale la pena. Perché è cinema che sa osare: libero e liquido, senza tesi ma esaustivo, fascinoso e bucolico. Da vedere." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 14 ottobre 2010) "Una fiaba strana 'Zio Boonmee' che si ricorda le vite precedenti è un film misterioso e molto affascinante, così pregno di una cultura molto lontana dalla nostra, fino al limite della incomprensione. Ad essa bisogna cedere senza risentimento, credendo a quel che si vede come a una fiaba strana. La sospensione di incredulità qui è al suo massimo. Come quando, ad un certo punto, assistiamo all'incontro sui bordi di un lago tra una principessa sfigurata e il suo amore, nelle forme di un pesce gatto. L'effetto straniante contenuto nel film aumentato a dismisura dalla versione italiana, necessaria per una sua congrua commercializzazione. Il doppiaggio aumenta a dismisura questo sentirsi in un altro mondo. È questo il caso di un impossibile incontro tra un cinema molto alto e distante con le esigenze di commercializzazione in sala. Come se ne esce? Esiste ancora un pubblico di cinefili per il quale è possibile sostenere il rischio di una diffusione commerciale di film così fortemente autoriali, diremmo anche squisitamente festivalieri? Ecco, abbiamo iniziato con i festival e con questi chiudiamo, dicendovi una cosa. Oggi il film in sala (distribuito con grande coraggio dalla BIM) solo perché ha vinto la Palma d'oro. In questo senso i festival hanno ancora una loro funzione. Me per quanto tempo ancora?" (Dario Zonta, 'L'Unità', 15 ottobre 2010) "Film thailandese molto bello, sognante, vincitore della Palma d'oro all'ultimo festival di Cannes, 'Lo zio Boonmee' è fascinosamente diverso da tutti. (...) Il grande tema della reincarnazione, essenziale nella cultura non solo thailandese, viene affrontato con naturalezza e profondità, si mescola a leggende, in un cinema che si libera di ogni convenzione per reinventare se stesso, per esercitare sugli spettatori occidentali la suggestione ipnotica e semplice delle favole d'infanzia." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 15 ottobre 2010) "A premiare il giovane regista thailandese Apichatpong Weerasethakul è stata la visione onirica in continuo contatto con l'aldilà, che molto deve essere piaciuta a Tim Burton, presidente della giuria incline alla fantasia necrofila. Gli sdoppiamenti e le reincarnazioni che zio Bonomee, possidente agricolo in fin di vita, riesce a materializzare non regalano però lo stesso senso di grazia e di malinconica finitudine che Burton dispensa con le sue opere. Troppi gli argomenti sfiorati e lasciati cadere nel nulla dall'artista thailandese: il razzismo e i pregiudizi sui clandestini (qui laotiani), la magia anche nera della natura a confronto con l'algida costrizione cittadina. Ma certe riprese di sguardi animali che restituiscono un senso di umanità spiazzante e la scena della cascata in cui la natura lussuriosa soddisfa una donna infelice meritano la visione" (Cristina Battocletti, 'Il Sole 24 Ore', 15 ottobre 2010) "Visto il boom di filosofie orientali in Occidente un film come 'Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti', Palma d'oro a Cannes, dovrebbe avere un vasto pubblico. Invece conquisterà gli appassionati, non chi crede che l'unica lingua della settima arte sia quella dominante, fatta di spettacolo a tutti i costi. Eppure Weerasethakul chiede solo la pazienza e la concentrazione necessarie a entrare nella dimensione parallela dischiusa fin dal bellissimo prologo, la fuga notturna di un bufalo nella giungla che tesse come d'incanto una rete fra tutte le forme viventi, uomini, piante, animali. (...) Sulla scia di altri cineasti arcaici e antimoderni come Pasolini e Paradzanov; ma con allusioni a mondi e linguaggi così remoti da rendere arduo decifrare le zone più politiche o visionarie del lungo epilogo. Poco importa: le vite dello Zio Boonmee sono anche le nostre, impastate di passato e presente, realtà e immaginario. E' bello che un film ce lo ricordi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 15 ottobre 2010) "Difficilmente conquisterà il grande pubblico, ma ha meritatamente vinto la Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes 'Lo zio Boonmee che si ricorda le sue vite precedenti' del thailandese Apichapong Weerasethakul, ispirato a un libro buddista sulle molte reincarnazioni di un uomo. Nel film il protagonista, malato terminale, incontra la moglie morta e il figlio perduto. Enigmatico, visionario, onirico, il film riflette la cultura e le memorie di una terra che conserva aspetti misteriosi e riporta sugli schermi un cinema simbolico che non esiste più." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 15 ottobre 2010) "Premiato con molta buona volontà dai giurati in primavera a Cannes, 'Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti' è uno di quei film fatti apposta per fare rifulgere il coté oracolare del critico. Il cui compito dovrebbe essere quello di spiegare al pubblico non specializzato e non snobistico perché la storia metafisica del thailandese A. Weerasethakul sia così densa di suggestioni coltissime e riferimenti culturali innovativi da farla svettare nel Palmarés del festival più importante. (...) Che il cineasta esotico sia un sublime inventore o un gran furbo lo decideranno gli spettatori; ai quali tuttavia, per quanto ci riguarda, dobbiamo stavolta far mancare il solito conforto." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 15 ottobre 2010) "La nervatura filosofica, le linee di pensiero che si espongono nell'opera diretta dal thailandese Apichatpong Weerasethakul, si condensano in questa dichiarazione soggettiva di un antiprotagonista, zio Boonmee, nulla di eroico, semplice vettore di un percorso di passaggio tra vita materiale, abbandono della carne e riemersione dello spirito. (...) Nelle terre thai di Boonmee, alla vista dei fantasmi non si sobbalza, non si urla, ma si dialoga e si sorride. Un naturale rispetto per l'irrazionale, che poi in quell'area geografica è vulgata comune da secoli. Non c'è quindi da ridacchiare di fronte alle creature che silenziosamente occupano spazi di selvatico profilmico. (...) La resa visiva è di straordinario fascino, il rallentamento di ritmo e dialoghi non è nemmeno così tarkosvkiano come molti detrattori ululano. Vederlo significa aprirsi nuove prospettive espressive e linguistiche. Capolavoro." (Davide Turrini, 'Liberazione', 15 ottobre 2010) "Piacerà agli ammiratori del cinema onirico, che qui sono trasportati in fantasie che non si vedevano in cinema da lunga pezza. E stanno già allestendo un cult su questo regista dal nome impossibile da pronunciare. E da scrivere." (Giorgio Carbone, 'Libero', 18 ottobre 2010)

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