Le leggi del desiderio2014

SCHEDA FILM

Le leggi del desiderio

Anno: 2014 Durata: 105 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:Silvio Muccino

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:MARCO BELARDI PER LOTUS PRODUCTION, MEDUSA FILM

Distribuzione:MEDUSA

ATTORI

Silvio Muccino nel ruolo di Giovanni Canton
Nicole Grimaudo nel ruolo di Matilde Silvestri
Maurizio Mattioli nel ruolo di Ernesto Colapicchioni
Carla Signoris nel ruolo di Luciana Marino
Luca Ward nel ruolo di Paolo Rubens
Carlo Valli nel ruolo di Alfio Canton
Paola Tiziana Cruciani nel ruolo di Maria
Gianni Ferreri nel ruolo di Cesare
Lucrezia Lattanzio nel ruolo di Martina
Pietro Crozza nel ruolo di Giuseppe
Annamaria Giromella nel ruolo di Adriana
Aurora Cancian nel ruolo di Grazia
Vitalba Andrea nel ruolo di Madre di Matilde
Giorgia Cardaci nel ruolo di Ines
Elda Alvigni nel ruolo di Daria
Bebo Storti nel ruolo di Gianfranco
 
 

MONTAGGIO

Mearelli, Luigi
 

SCENOGRAFIA

Priori, Francesco
 

COSTUMISTA

Bonucci, Paola

TRAMA

Giovanni è un funambolico trainer motivazionale che per dimostrare la veridicità delle sue teorie accetta la sfida di portare tre fortunate persone al successo realizzando così i loro più profondi desideri. L'intenso rapporto che Canton stabilisce con i suoi tre allievi produrrà effetti inaspettati nelle vite di tutti loro, ma soprattutto in quella del life-coach...

CRITICA

"Muccino jr alza la posta (...) attraverso storie in cerca di un finale all'altezza delle ambizioni spirituali quasi da 'Magnolia' - ambizioni del tutto compromesse, e alla fine imbarazzanti, negli happy end rincorsi fino al solito aeroporto. Un'escalation di ridicolaggini che testimoniano solamente la coraggiosa - ma impossibile - sfida del regista ad armi impari con un cinema che egli rende mosso dal punto di vista tecnico e pronto a un salto interiore che non avviene mai." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 26 febbraio 2015) "Il gusto mélo combinato con la velleità di disegnare un demonio si afflosciano nel correre verso il prevedibile finale. Tuttavia Silvio (33 anni) sa mettere in campo forza, passione, energia." (Paolo D'Agostino, 'La Repubblica', 26 febbraio 2015) "«Le leggi del desiderio» gronda d'ardori romanzeschi, sfoggi stilistici, metafore esistenziali, affondi nel vivo di sentimenti di ieri, di oggi e di sempre. Decisamente troppo. Intendiamoci, le ambizioni sono più che legittime e Silvio Muccino ha già dimostrato di possedere un certo coraggio (taluni direbbero improntitudine) nel prendere di petto un vagone di svariati e caldi argomenti, immetterli in un copione singolo e portare a termine film ai quali, in pratica, non deve «mancare niente» delle problematiche messe in campo. (...) Stavolta tocca ai cosiddetti trainer motivazionali (...). Magari Muccino e la sceneggiatrice Carla Vangelista hanno pensato alla delirante interpretazione di Tom Cruise in «Magnolia», ma poi hanno deciso di allestire uno show che mettesse in ballo identikit sociologico-caratteriali più a portata di mano. (...) L'errore, si capisce subito, sta nel sovraccaricare le caratteristiche psico-fisiche-comportamentali dei malcapitati e quindi a costringere i pur bravi interpreti a un tour de force macchiettistico impressionante (...). Musiche accattivanti, exploit di montaggio e dialoghi che spiegano l'inspiegabile." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 26 febbraio 2015) "Dopo 4 anni di silenzio lavorativo e rumore mediatico, per via dei contrasti con il fratello Gabriele, Silvio Muccino torna in scena senza paura di apparire come l'ultimo dei romantici, convinto che fare i conti con le proprie fragilità, senza nasconderle e nascondersi, sia l'unico modo per vincerle. Certezze che vengono anche da un suo personale cammino e che illuminano di affettuosa innocenza la sua storia e i suoi personaggi." (Fulvia Caprara, 'La Stampa', 26 febbraio 2015) "Dopo quattro anni di assenza, Silvio Muccino firma la sua terza regia (...) che ritrae una 'figura ignorata dal nostro cinema: un life coach, un figlio fortunato della crisi'. Meno fortunati gli spettatori, sballottati dagli sceneggiatori, i recidivi Muccino e Carla Vangelista, in una storia senza capo né coda, che vorrebbe rifare 'Magnolia' (vi ricordate il guru Tom Cruise?) nella romana piazza Vittorio ma si perde tra il coaching e la love story, imbarcando noia e inappetenza. (...) Muccino jr. sa anche girare e non dirige male gli attori, ma Io stile è indifferente alla sua - parola grossa - poetica (...) si schiarisse le idee, non scrivesse lui (con lei) e dirigesse su commissione, scommettiamo che migliora? " (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 26 febbraio 2015) "Slabratissimo e sbilenco, (...) non è un film che fa arrabbiare, non ammicca alle formule di successo - alla «italiano medio» per capirsi - e anzi è così old fashion da risultare naif. E ricoperta da patina antica è anche la commedia (battute incluse) con cui Muccino si cimenta forse perché i suoi personaggi non sono i soliti ragazzetto in cerca di «svoltare» inventando mestieri o espedienti di ogni sorta, ma sono per lo più persone grandi, «mature» si dice che nel cinema italiano trovano sempre meno spazio - fa piacere vedere Carla Signoris in una prova altissima - è senza dubbio la migliore del cast - nel doppio ruolo di irreprensibile segretaria del vescovo e Lady Stella darkissima scrittrice che fa sussultare cinquantenni e adolescenti. Possiamo divertirci sfoderando cult e stracult, e anche se (ripeto) questo film non dichiara ambizioni irritanti - ma certo nemmeno sorprese chissà come eccitanti confinato da una sceneggiatura fin troppo semplicistica - ripensando all'esordio di Silvio Muccino, da sceneggiatore per 'Come te nessuno mai' diretto dal fratello maggiore - viene da chiedersi cosa sia accaduto. Peccato infatti che l'allegria vitale di quell'esordio si sia persa per strada nei suoi film da regista, e soprattutto la freschezza. Quello che però apprezzo è la tenerezza con cui guarda i suoi personaggi (da qui la buona riuscita degli attori), e la sua voglia di mettersi in gioco pure in quella scassatissima sceneggiatura in cui il limite con la parodia di ciò che narra (magari consapevole) è fin troppo confuso." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 26 febbraio 2015) "La terza regia del quasi 33enne Muccino è una favola metropolitana volta a declinare ossessioni del presente (successo mediatico e culto della celebrità) in chiave di commedia romantica preadolescenziale. Fotografia splendente, musica avvolgente (anche asfissiante), ritmo serrato. Due grandi doppiatori come Luca Ward e Carlo Valli (...) qui bravi come attori (...). Muccino e Grimaudo bella coppia. Film carino e onesto. Ma fino a quando l'ormai maturo Muccino continuerà a fare film per bambini?" (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 26 febbraio 2015) "Piacerà anche a chi non apprezza granché Muccino. Il ragazzo è cresciuto, sa mettere in scena il teatrino della vita come forse il fratello Gabriele non sa più. Certo, per 'Le leggi del desiderio' ha tirato un po' troppo alto (le storie dei guru bisogna lasciarle fare agli americani)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 26 febbraio 2015) "Va riconosciuto a Silvio Muccino di averci provato, di aver tentato di fare una commedia quasi americana, per sparigliare le carte in tavola e presentare allo spettatore un prodotto un po' diverso dal solito standard (basso) in cui è stato confinato un genere nel quale una volta eravamo maestri e ora semplici travet. Una regia dal ritmo incalzante, che sfrutta un bel gioco alternato tra piani-sequenza e campi lunghi, aiutata dall'ottimo montaggio di Luigi Mearelli. Questa terza prova registica di Muccino, però, ha una pecca non da poco, basandosi su una sceneggiatura (scritta dallo stesso attore insieme a Carla Vangelista) che non approfondisce i caratteri dei protagonisti, presenta snodi incoerenti e si perde in un finale melenso. Peccato. (...) ottimo Mattioli (...), (...) bravissima la Signoris (...). Muccino, che dimostra una maggiore profondità dietro la macchina da presa piuttosto che davanti, sembra quasi defilarsi, in scena, per dar spazio ai suoi attori. Su di lui, giudizio sospeso in attesa di una vera sceneggiatura." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 26 febbraio 2015)

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