SCHEDA FILM

L'appartamento

Anno: 1996 Durata: 116 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:GEORGES BENAYOU PER IMA FILMS, UGC IMAGES, LA SEPT CIN??MA, M6 FILMS, CECCHI GORI TIGER GROUP CINEMATOGRAFICA, MATE PRODUCCIONES

Distribuzione:CECCHI GORI

TRAMA

A Parigi Max, che tra qualche giorno deve sposarsi, è catturato all'improvviso da un ricordo. In una cabina telefonica crede di riconoscere la voce di Lisa, la donna che ha amato qualche anno prima. Rimanda allora il viaggio di lavoro all'estero che stava per intraprendere, e rimane in città senza sapere bene come muoversi ma solo ubbidendo ad un istinto non controllabile. Sull'onda dei ricordi di una storia d'amore che ha lasciato il segno, ha inizio per Max un'avventura fatta di pedinamenti, appuntamenti mancati, spiate, lettere e telefonate. In questa vicenda via via più ingarbugliata entrano in scena, oltre a Max e Lisa, anche altri due personaggi collaterali: Lucien, amico di Max, e Alice, ex vicina d'appartamento di Lisa di cui Lucien è ora profondamente innamorato. Lucien si confida con Max e lo mette al corrente dell'attrazione che prova per la ragazza ma Alice, a sua volta, non può corrispondere l'amore di Lucien perché è segretamente innamorata di Max. Infatti, in passato, Alice spiava dalla finestra gli incontri amorosi di Max con Lisa e spacciandosi amica di quest'ultima aveva tramato con successo per far sì che i due si perdessero di vista. Così, per una serie di sfortunate coincidenze, di viaggi improvvisi e di lettere mai consegnate, Max non era più riuscito a rivedere Lisa convinto che la donna si fosse volutamente dileguata nel nulla. Ad Alice era stato molto facile sedurre uno sconsolato Max. Ma dopo qualche anno Max, che ha ora un legame stabile con un'altra, si rende conto di non essere riuscito a dimenticare Lisa. La sua caccia ossessiva è destinata a terminare, però, con l'ennesima delusione. Il tanto desiderato incontro non ci sarà. Alice decide di partire per Roma. All'aeroporto Max incontra la ragazza che doveva sposare. Si abbracciano. Da lontano Alice osserva, incrocia lo sguardo di Max e sorride.

CRITICA

"L'esordiente Mimouni, nouvelle vogue e 'vague' francese, edifica un'elaboratissima storia d'amore fatta di pedinamenti, fraintendimenti, lettere, spiate, telefonate, appuntamenti, una partita a quattro dove ognuno ama la persona sbagliata, un groviglio di sentimenti 'interrotti' dal caso e da continui sbandamenti temporali. (...) Come in 'Innamorati cronici', un appartamento diventa il luogo ideale di epifanie amorose mai svelate. Ma l'elegante tessitura del film produce spesso una sorta di asfissia narrativa, di mancanza d'aria cinematografica. Però Mimouni dirige bene gli attori: Vincent Cassel e Romane Bohringer sono due bei corpi 'estranei' che frizionano la storia, alleggerendone l'eccessiva freddezza stilistica". (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 11 dicembre 1997) "Se lo si considera un film d'autore 'L'appartamento', scritto e diretto dall'esordiente Gilles Mimouni, appare pretenzioso e mancato. Preso come un film di genere di qualche ambizione, che l'inesperto cineasta non è sempre in grado di controllare, il giudizio è più positivo. In altre parole, il risultato è fumoso, ma Mimouni potrebbe essere uno che la stoffa ce l'ha. (...) Mimouni costruisce il film come un thriller psicologico giocato su un aggrovigliato triangolo sentimentale, disseminando indizi simbolico/feticistici quali una scarpa rossa dal tacco spezzato o un portacipria dallo specchio infranto; e mostrando e rimostrando la stessa scena secondo i diversi punti di vista dei personaggi per depistare lo spettatore. Però il regista si perde nel suo compiaciuto formalismo a detrimento della tensione narrativa e il film poco a poco scade di interesse facendosi più meccanico e meno plausibile". (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 30 novembre 1997) "Spira un'aria tra Antonioni, Polanski e il Bertolucci di 'Ultimo tango' sulla vicenda, terribilmente parigina, animata da un gioco delle coincidenze in chiave di giallo dei sentimenti. Purtroppo l'esordiente Mimouni non ha il tocco leggero: procede per scarti temporali, flashback, dettagli cromatici, tormentoni musicali, con l'aria di chi si sente un sacco figo. (...) Complicato? Abbastanza, anche perché Mimouni, tirando in ballo il mito di Orfeo ed Euridice, fa di tutto per confondere lo spettatore immergendolo in un'atmosfera rarefatta, di suggestiva invenzione scenografica, complice la smaltata fotografia di Thierry Arbogast. Molto compresi nei rispettivi ruoli, gli interpreti non sembrano proprio al loro meglio". (Michele Anselmi, 'L'Unità', 30 novembre 1997)

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