L'amante perduto1999

SCHEDA FILM

L'amante perduto

Anno: 1999 Durata: 98 Origine: GRAN BRETAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:liberamente ispirato al romanzo "L'Amante" di Abraham B. Jehoshua

Produzione:ELDA FERRI PER JEAN VIGO ITALIA, ROBERTO CICCUTTO E LUIGI MUSINI PER MIKADO FILM, STEEL PICTURES, BRITISH SCREEN, CON LA COLLABORAZIONE DI RAI E TELEPIU'

Distribuzione:MIKADO FILM

TRAMA

A Tel Aviv, due coniugi ebrei, Adam e Asya, da tempo non hanno più rapporti, si amano in modo tutto esteriore, forse in seguito al dolore, antico ma sempre presente, per la morte del primogenito Yigal, che a tre anni è rimasto vittima di un incidente mortale. La sorella Dafi, adolescente vivace e irrequieta, è quindi figlia unica. Adam gestisce un'autofficina ed un giorno gli si presenta con una vecchia Morris da riparare il giovane Gabriel, arrivato da Parigi per ricevere l'eredità di una nonna prima in coma ma poi rediviva. Adam invita il giovane a casa e la presenza di Gabriel porta una ventata di aria nuova. Asya se ne innamora, quasi rivedendo in lui il figlio perduto. Adam allora cerca di favorire la permanenza del ragazzo, suggerendo alla moglie di prenderlo come assistente per i suoi lavori di letteratura. Gabriel poi riceve la cartolina-precetto per il servizio militare. Ai suoi ospiti dice di volersi presentare per chiarire l'equivoco. Ma un mattina esce di casa e invano viene atteso nel corso della giornata. Adam, visto lo stato di tristezza in cui è di nuovo caduta la moglie, si mette a cercarlo e si fa aiutare da Na'Im, il suo apprendista meccanico arabo, che ogni giorno arriva a Tel Aviv dai territori palestinesi. Na'Im ha conosciuto Dafi e, quando erano soli a casa, i due ragazzi si sono baciati dichiarandosi reciproco amore. Infine Gabriel viene ritrovato: è divenuto un rabbino per evitare di partire per il Libano. Adam lo porta via e lo riaccompagna da Asya. La donna capisce che la sua infatuazione per il giovane era legata al ricordo del figlio ed insieme al marito cerca di far tornare Gabriel in Francia. Quando sta per tornare a Tel Aviv, Adam apprende della relazione tra il meccanico e la figlia. Infuriato, fa scendere Na'Im. Ma poi la macchina si ferma, e Adam richiama il ragazzo: ha bisogno di lui.

CRITICA

"Rispetto al romanzo nel film c'è qualcosa in meno e qualcosa in più. In meno, ovviamente, la forza e l'originalità della scrittura polifonica, per non parlare dei risvolti tralasciati. Vedi l'improvviso raptus sessuale del protagonista per una compagna di scuola della figlia minorenne, che fa pronunciare al protagonista la stupenda battuta: 'Sono diventato un amante anch'io, un amante che cerca un'amante'. In più, nel film appaiono nitidi gli sfondi veri all'uso del neorealismo italiano, i colori, i suoni di un Paese che ancora conosciamo poco: e rappresentano i valori di un cinema che viaggia, scopre e documenta. E risulta insolitamente intenso e intonato il gioco degli interpreti, scelti in buona parte nei ranghi del teatro britannico". (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 16 ottobre 1999) "Sulle orme di un piccolo e illustre drappello di registi italiani del passato - da Pontecorvo a Leone - Roberto Faenza ha quasi sempre preferito lavorare sull'altrove, fuori dai confini di casa, andando a cercare le sue storie, oltre che sui libri, sulla carta geografica delle idee e dei problemi. Il non piccolo merito di 'L'amante perduto' è di portare al grande pubblico un paese (Israele) il cui cinema - e paesaggi, volti, quotidianità - circola poco e i cui problemi troviamo sulle pagine dei giornali di solito in occasione di eventi drammatici. Ma nonostante lo sfondo interessante e l'originalità della vicenda umana che racconta, il film è percorso da una strana mancanza di tensione e di passione, salvo che nei brevi minuti della storia d'amore dei due ragazzi, che è insieme la proposta e lo "scandalo" politico del film". (Irene Bignardi, 'la Repubblica, 17 ottobre 1999) "Roberto Faenza, presentando L'amante perduto, chiede, a ragione, di considerare il film come opera autonoma. Così, al di là del raffronto, il suo cinema si conferma medio e sicuro (doti da non sottovalutare) ma privo di scatti. Più vicino a Bolchi che a Visconti, per citare due registi che amavano partire dalla letteratura." (Claudio Carabba, "Sette", 28 ottobre 1999)

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