La spina del diavolo2001

SCHEDA FILM

La spina del diavolo

Anno: 2001 Durata: 106 Origine: SPAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, GIALLO, POLIZIESCO

Regia:Guillermo del Toro

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:ANHELO PRODUCCIONES, CANAL+ ESPANA, EL DESEO, GOOD MACHINE, SOGEPAQ, TEQUILA GANG

Distribuzione:MOVIEMAX (2006)

ATTORI

Eduardo Noriega nel ruolo di Jacinto
Marisa Paredes nel ruolo di Carmen
Federico Luppi nel ruolo di Casares
Fernando Tielve nel ruolo di Carlos
Íñigo Garcés nel ruolo di Jaime
Irene Visedo nel ruolo di Conchita
José Manuel Lorenzo nel ruolo di Marcelo
Francisco Maestre nel ruolo di El Puerco Paco Maestre
Junio Valverde nel ruolo di Santi
Berta Ojea nel ruolo di Alma
Adrian Lamana nel ruolo di Galvez
Daniel Esparza nel ruolo di Marcos
Javier González nel ruolo di Owl Javier González Madrigal
Víctor Barroso nel ruolo di Luis
Adrián Serna
Andreas Muñoz
Álvaro Román
Álvaro Vega
Daniel Cuño
Francisco Fernández
Izan Checa
Javier González Sánchez
Jonas Batlecas
José Luis Torrijo
Juan Carlos Vellido
Leandro Tejada
Miguel Ortiz
Mikel Selles
Rubén Escamilla
Víctor Elías
 
 

MONTAGGIO

de la Madrid, Luis
 

SCENOGRAFIA

Macarrón, César
 

COSTUMISTA

Vico, José
 

EFFETTI

Nieto, Alfonso

TRAMA

Siamo nel 1939, alla fine della sanguinosa guerra civile spagnola, durata tre anni. L'ala destra dei nazionalisti del Generale Franco sta per sconfiggere l'ala sinistra delle forze repubblicane. Un ragazzo di dieci anni, Carlos, figlio di un eroe repubblicano caduto in guerra, viene abbandonato dal suo tutore in un orfanotrofio. L'orfano viene preso in cura dalla preside, Carmen, e da un professore dall'animo gentile, Casares, entrambi simpatizzanti della causa repubblicana. Nonostante le amorevoli cure dei due verso il ragazzo, Carlos non si sente però completamente a suo agio nel nuovo ambiente. Nel cortile c'è una bomba inesplosa arrivata dal cielo, un bambino, Santi, è scomparso e dalla cisterna provengono spaventosi sospiri...

CRITICA

"Col senno di poi, l'inquietante, originale 'El espinazo del diablo' diretto nel 2001 dal messicano-hollywoodiano Guillermo del Toro, mostra il copyright dei produttori, gli Almodóvar: pare un mix fra la 'Mala educación', senza gay, e 'Volvér'. (...) Geniale prospettiva, la Spagna del ' 39 ad altezza di bimbo neorealista con innesto di racconto gotico, mentre il prof, fra colori caldi, si batte per la ragione contro la superstizione in perfetto incrocio anglo-mediterraneo." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 30 giugno 2006) "Un film anomalo, intrigante, irrisolto. Lo testimonia, per inciso, anche una distribuzione ritardataria: 'La spina del diavolo', infatti, risale addirittura al 2001, quando il messicano Guillermo Del Toro era un regista per pochi (cinefili) ed era ben lontano dall'essere ammesso in concorso a Cannes ('Il labirinto del fauno', poco più di un mese fa, ha ottenuto svariati apprezzamenti ed era in lizza per il Palmarès). Prodotto da Augustin Almodóvar, l'operoso fratello di Pedro, il film cerca di giocare le sue carte nell'ambito del filone psicotico-fantastico, irrobustito - almeno nelle intenzioni - da precisi riferimenti storici. Ne risulta uno spettacolo intermittente, ora affascinante, viscerale ed enigmatico, ora pretenzioso, cerebrale e perplesso, in cui l'indubbia abilità della regia si ritrova a scontare un peccato di bulimia narrativa che finisce con il penalizzare il ritmo e la suspense. (...) Del Toro regge con sicurezza lo spettacolo quando sceglie di inseguire le scie delle presenze ectoplasmatiche, rifinendo inquadrature e sequenze con lo stile di un horror raffinato e anti-convenzionale. Perde molti colpi, al contrario, quando sottolinea i riferimenti esterni alla storia e appesantisce le sue (troppo) numerose anse con una specie di farraginosa giustificazione di tutte le devianze e tutte le falsità in nome e per conto della follia bellica circostante. «La spina del diavolo», decisamente migliore del film tanto lodato a Cannes, sembra dunque più riuscito sul piano dello stile che su quello del contenuto: come se Del Toro preferisse muovere a suo piacimento la macchina da presa in un claustrofobico labirinto visivo e tirasse invece un po' via al momento di trasformarsi in autore assennato e compiaciuto." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 1 luglio 2006)

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