La sorgente dell'amore2011

SCHEDA FILM

La sorgente dell'amore

Anno: 2011 Durata: 125 Origine: BELGIO Colore: C

Genere:COMMEDIA, DRAMMATICO

Regia:Radu Mihaileanu

Specifiche tecniche:ARRICAM LT, 2K/SUPER 35 (3-PERF) STAMPATO A 35 MM/D-CINEMA (1:1.85)

Tratto da:-

Produzione:LUC BESSON, DENIS CAROT, MARIE MASMONTEIL, RADU MIHAILEANU, GAETAN DAVID, PIERRE-ANGE LE POGAM, ANDRÉ LOGIE PER ELZEVIR FILMS, OÏ OÏ OÏ PRODUCTIONS, EUROPACORP, FRANCE 3 CINÉMA, CIE CINÉMATOGRAPHIQUE EUROPÉENNE, PANACHE PRODUCTIONS, RTBF, BIM DISTR

Distribuzione:BIM (2012)

ATTORI

Leïla Bekhti nel ruolo di Leïla
Hafsia Herzi nel ruolo di Loubna/Esméralda
Biyouna nel ruolo di Vecchia Lupa
Sabrina Ouazani nel ruolo di Rachida
Saleh Bakri nel ruolo di Sami
Hiam Abbass nel ruolo di Fatima
Mohamed Majd nel ruolo di Hussein
Amal Atrach nel ruolo di Hasna
Malek Akhmiss nel ruolo di Soufiane
Karim Leklou nel ruolo di Karim
Saad Tsouli nel ruolo di Mohamed
Zinedine Soualem
 

MUSICHE

Amar, Armand
 

MONTAGGIO

Troch, Ludo
 

SCENOGRAFIA

Niculescu, Christian
 

COSTUMISTA

Petrovici, Viorica

TRAMA

In un piccolo villaggio del Maghreb, sono le donne a portare avanti il ménage familiare, oberate di compiti e mansioni, mentre gli uomini non rispettano i loro obblighi. Capeggiate dalla giovane Leila, tutte loro porteranno avanti una campagna contro lo sfruttamento per il trasporto dell'acqua istituendo lo sciopero dell'amore: niente coccole o sesso finché gli uomini non si decideranno a risolvere il problema di portare l'acqua al villaggio!

CRITICA

"Talento a corrente alternata, Mihaileanu dopo 'Il concerto' firma un film meno furbo e riuscito, in un villaggio arabo dove le donne proclamano lo sciopero dell'amore (vedi Lisistrata) per risolvere il problema di una scoscesa sorgente d'acqua. Casus belli di un racconto che somma troppe pretese, è schematico nei personaggi e non raggiunge quell'intenzionale scisma affettivo femminile che era la radice di un film nobilmente anti fondamentalista, ma pieno di peccati veniali, prolungato e piuttosto noioso." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 9 marzo 2012) "Attenzione: favola. Quando un regista infila un Grande Tema nel calco della fiaba, vien voglia di ammonirlo. L'astrattezza è in agguato, la dimostrazione incombe. 'La sorgente dell'amore' dribbla il rischio a forza di intelligenza, colore (e tempismo: si allude alle primavere arabe), ma solo in parte. Certo, ambientare lo sciopero dell'amore di Lisistrata in un imprecisato villaggio magrebino è un'ottima partenza. Far innescare una piccola rivoluzione alle donne, stufe di caricarsi ogni giorno pesanti secchi d'acqua (pagandola cara in salute), è una scelta feconda, tanto più che Mihaileanu mescola con divertimento moderno e fiabesco, arcaico e tecnologico (e parla apertamente di aborto). Le attrici poi sono straordinarie, i numeri musicali valgono da soli il biglietto, la scelta di girare tutto in arabo è ammirevole. Ma la forza dei temi, il brio dello spettacolo, il punto di vista femminista, non fugano mai del tutto il vago sapore d'artificio dei personaggi, azzeccati ma molto tipici e funzionati alla trama (...). Sarà banale, ma a occuparsi solo di ciò che si conosce profondamente, e dall'interno, non si sbaglia mai." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 9 marzo 2012) "Quarto film per il rumeno Radu Mihaileanu. Dopo 'Train de vie - Un treno per vivere' che lo ha rivelato, seguito, quasi con identico successo, da 'Vai e vivrai' e dal 'Il concerto', tutti, con alcune varianti, costruiti su temi legati alle persecuzioni razziali cui il regista, di famiglia ebraica, si è sempre dimostrato sensibile. Adesso, un tema diverso, pur non troppo distante da argomenti confinanti con le persecuzioni: quello degli uomini che, ancora oggi, secondo costumi molto diffusi nei paesi arabi, impongono alle donne una lunga serie di divieti anche per farsene meglio servire. (...) Mihaileanu ha studiato molto da vicino queste donne, ha seguito, cesellandole, le reazioni che aveva scritto per loro, vi ha costruito attorno anche vicende secondarie, pensando sempre però ad un unico concetto: la liberazione della donna in una società che, male interpretando l'Islam, tende a ridurla metà serva sempre in casa e metà fattrice di figli, anche se resta fredda. Non ha fatto però un film didascalico, neanche quando la polemica è vibrata. Ha studiato attentamente gli aspetti psicologici dei personaggi, con figure positive o comunque non del tutto negative anche sul versante degli uomini, ha mescolato al dramma qualche sorriso e ha fatto in modo che il racconto si snodasse con scioltezza, tra autentici sapori di cronaca sempre asciutti anche quando certi snodi tendono a provocare commozioni. La stessa autenticità negli interpreti, scelti con cura fra noti professionisti di origini soprattutto marocchine. La moderna Lisistrata si chiama Leïla Bekhti, un viso da diva, con un piglio però da attrice consumata." ('Il Tempo Roma', 9 marzo 2012) "E' una storia vera, accaduta in Turchia nel 2001, (...) quella raccontata da Radu Mihaileanu in 'La sorgente dell'amore' che coinvolge per la forza della storia ma delude per il folklore della messa in scena." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 9 marzo 2012) "Spiacerà a chi riteneva Mihalleanu un regista importante (capace di raccontare con leggerezza storie serie, magari tragiche) e lo vede ormai imboccare la strada della maniera, dell'autocitazione." (Giorgio Carbone, 'Libero', 9 marzo 2012) "La guerra di genere si combatterà sul terreno della tradizione musulmana e della religione islamica, travolgendo famiglie e scatenando il fondamentalismo, perché anche sulle Scritture si va a memoria. È 'La sorgente dell'amore' ('La source des femmes') di Radu Mihaileanu, ma non disseta: a partire dalla non localizzazione - 'Da qualche parte tra...' - per arrivare all'estetica piccina - fiction tv - e alla furbetta analogia con la Primavera Araba. Se 'Train de vie' e 'Il concerto' erano davvero altra cosa, il regista ha asciugato la versione di Cannes, ma non il product placement de L'Oreal, che ci ha piazzato il suo femminile 'Perché io valgo'. Ma per questo film non vale." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 8 marzo 2012)

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