La locanda della felicit?2000

SCHEDA FILM

La locanda della felicità

Anno: 2000 Durata: 106 Origine: CINA Colore: C

Genere:COMMEDIA, DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:Dalla novella di Mo Yan "Shifu, You'll Do Anything For a Laugh"

Produzione:GUANGXI FILM STUDIO, ZHUHAI ZHENRONG CO., BEIJING NEW PICTURE DISTRIBUTION COMPANY

Distribuzione:20TH CENTURY FOX

TRAMA

Zhao è un povero pensionato che non ha mai avuto fortuna con le donne. Un giorno, credendo di aver incontrato la sua anima gemella, le fa credere di essere facoltoso. Quando la donna comincia a parlare di matrimonio Zhao si mette alla disperata ricerca di soldi. Fra tanti amici che, per non essere costretti a fare nuovi prestiti, fuggono alla chetichella, Zhao incontra Li che ha una grande idea. Nel parco c'è un autobus in disuso, perché non rimetterlo in sesto per poi affittarlo, a ore - con il nome "La locanda della felicità" - a giovani coppie in cerca di qualche momento di privacy? Per quanto scettico, Zhao decide di accettare il consiglio e, insieme a Li, ristruttura la vecchia corriera.

CRITICA

"In perfetto equilibrio fra Chaplin e Capra, commedia e 'mélo', 'La locanda della felicità' di Zhang Yimou pare la risposta proto-capitalista al 'Favoloso mondo di Amélie', con il collettivismo cinese (e un'arte di arrangiarsi molto italiana) al posto dei trucchi e delle trovate del film francese. C'è tutto: l'inganno come necessità, la modernità che avanza, la devozione come prova d'amore. Si ride, si ammirano attori entusiasmanti, si palpita per quel padre vicario e quella figlia virtuale, ostinati ed inermi, come quando si legge un libro d'un fiato. E infatti tutto nasce da un racconto di Mo Yan". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 ottobre 2002) "Con 'La locanda della felicità' il regista non ha voluto realizzare una commedia acida: si è concentrato sui personaggi, segregandoli in interni per poterli osservare meglio. Eppure in questa storia tutto sommato edificante, osservata con occhio affettuoso, s'insinua una sensazione di disagio, una specie di impalpabile imbarazzo che la dice lunga circa il modo in cui il cineasta giudica i 'tempi felici' in cui viviamo". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 13 ottobre 2002)

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