La fine ? il mio inizio2010

SCHEDA FILM

La fine è il mio inizio

Anno: 2010 Durata: 98 Origine: GERMANIA Colore: C

Genere:BIOGRAFICO, DRAMMATICO

Regia:Jo Baier

Specifiche tecniche:CINEMASCOPE, 35 MM (1:2.35)

Tratto da:bestseller omonimo di Tiziano Terzani (Ed. Longanesi)

Produzione:ULRICH LIMMER PER COLLINA FILM PRODUCTION, B.A. PRODUKTION, BAYERISCHER RUNDFUNK (BR), SÜDWESTRUNDFUNK (SWR), ARTE, DEGETO FILM IN COLLABORAZIONE CON BETA FILM E RAI CINEMA

Distribuzione:FANDANGO (2011)

ATTORI

Bruno Ganz nel ruolo di Tiziano Terzani
Elio Germano nel ruolo di Folco Terzani
Erika Pluhar nel ruolo di Angela Terzani
Andrea Osvárt nel ruolo di Saskia Terzani
Nicolò Fitz-William Lay nel ruolo di Novi
 

SOGGETTO

Terzani, Tiziano
 
 
 

MONTAGGIO

Wehlisch, Claus
 

SCENOGRAFIA

Friz, Eckart
 

COSTUMISTA

Gollnhofer, Gerhard

TRAMA

Tiziano Terzani, grande viaggiatore, appassionato giornalista e autore di libri di successo, al termine della sua vita densa di avvenimenti decide di ritirarsi nell'appartata casa di famiglia in Toscana. Terzani sente che è giunto al termine della sua vita e per questo convoca il figlio Folco, che vive a New York: gli vuole raccontare la storia della propria vita, l'infanzia e la giovinezza a Firenze, i tre decenni trascorsi come corrispondente dall'Asia per il Corriere della Sera e la Repubblica, e infine lo sconvolgente viaggio dentro sé stesso, quando a causa del cancro si congeda dal giornalismo e si apre a esperienze spirituali in Asia, soprattutto l'incontro con un grande saggio nell'isolamento dell'Himalaya, che diventano per lui l'esperienza decisiva. Attraverso i loro dialoghi, padre e figlio raggiungono momenti di grande intimità che permettono loro di sciogliere vecchie tensioni. Dopo la morte del padre, Folco spargerà le sue ceneri al vento dei monti della Toscana settentrionale e pubblicherà il libro come suo padre gli aveva chiesto: "La fine è il mio inizio".

CRITICA

"Verba volant, scripta manent. Le immagini, forse. Rievocare cinematograficamente un gigante come Terzani è un'impresa encomiabile quanto folle. Il tedesco Jo Baier ci prova, complici due attori deluxe come Bruno Ganz (nei panni di Tiziano) ed Elio Germano (Folco Terzani), la benedizione della famiglia (che ha prestato la tenuta come location) e la sceneggiatura composta dal figlio Folco sulla base della verità-vera diventata poi omonimo libro sulle ultime memorie paterne. (...) 'La fine è il mio inizio' è un cerchio eternamente incompiuto tra la vita e la morte, il rapporto mai sufficientemente risolto tra un padre immenso e suo figlio, un'eredità per tutte le generazioni." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 31 marzo 2011) "Dopo tanti film sulla scomparsa del Padre, eccone uno che mette in scena il suo tramonto celebrando al contempo un delicato ma vittorioso passaggio di testimone. Delicato perché a andarsene non è un padre qualsiasi ma una figura imponente, Tiziano Terzani, grande giornalista e instancabile viaggiatore, approdato dopo un'avventurosa vita da corrispondente in Asia per i più grandi giornali europei a una intrepida ricerca interiore culminante, dopo la scoperta della malattia, in tre anni da eremita sull'Himalaya. (...) Non basta riprendere due eccellenti attori in dialoghi così densi da rendere quelle immagini sempre terse e rassicuranti inesorabilmente piatte; come se non fossimo davanti a un vero film ma a un paradossale 'audiolibro illustrato' che si contenta di impaginare nel modo più medio e gradevole possibile il precipitato di un'esistenza tumultuosa e ricca di contrasti. Né si può pensare di cavarsela evitando i soliti flashback, prevedibili in una vicenda che abbraccia paesi e decenni lontani, se poi si annega tutto in musiche ovvie che a forza di sottolineare l'emozione la uccidono sul nascere. Non a caso le sole scene in cui il film sembra finalmente animarsi sono quelle che oppongono Tiziano e Folco proprio come padre e figlio; mentre quelle in cui Terzani-Ganz dispensa la sua saggezza, per quanto sofferta, risultano finte ed inerti anche se ciò che dice, che rievochi la grande illusione maoista o il lama morto senza muovere un muscolo nella posizione del loto, è sempre molto interessante. E' il problema del cinema derivativo oggi così in voga. Un cinema di servizio - di confezione - senza vere ambizioni. Che finisce sempre per sapere suo malgrado di tv." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 1 aprile 2011) "Data l'origine del libro, hanno spazi predominanti i dialoghi, specie quelli che riescono a disegnare e ad approfondire il rapporto padre-figlio, non allontanandosi però mai da quella casa e dai monti attorno nonostante i tanti viaggi del protagonista nei Paesi lontani. Con questo senza togliere respiro al racconto perché l'accento è solo su quel rapporto tra un padre che ormai può limitarsi solo ad insegnare e un figlio teso ad apprendere fino quasi allo spasimo. In ambiti in cui, pur rinunciando alle cornici esotiche, si privilegiano gli esterni, l'aria aperta, la natura, chiamati a trasformasi via via nella vera cifra di un film che, pur rifacendosi a un viaggio verso la morte, vuole essere ad ogni svolta una salda e ispirata meditazione sui misteri della vita. Ce li trasmettono, con intimo fervore, Bruno Ganz, il padre, e il nostro Elio Germano, il figlio. Due generazioni di attori a confronto, due storie professionali in apparenza distanti fra loro, ma si equilibrano alla perfezione e addirittura si completano. Con finissime misure." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 1 aprile 2011) "All'ombra della campagna toscana, Folco Terzani riceve le ultime volontà letterarie dal padre malato Tiziano, reporter d'eccellenza, testimone del mondo che cambia. Dal bestseller Longanesi, un film di pacatezza, misura, pudore straordinari, con Ganz mattatore e Germano che si sobbarca il meccanismo dell'«odi et amo».. Ma al di là del meccanicismo drammatico, un film così cecoviano spinge alla meditazione sull'uomo ridotto oggi a una sola dimensione, l'economia." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 1 aprile 2011) "Temeraria sfida italo-tedesca: un film dall'ultimo libro di Tiziano Terzani, 'La fine è il mio inizio'. Girato in Val d'Orsigna, Toscana, rievoca gli ultimi giorni del romanziere scomparso nel 2004, mirabilmente interpretato da Bruno Ganz, il volto incorniciato da una lunga barba bianca. E' il figlio fotografo Folco (Elio Germano) a farsi raccontare dal padre, nei momenti in cui non era tormentato dal male, la storia di una vita avventurosa in giro per il mondo. Anche se non farà sfracelli al box office, resta un'opera intensa e toccante con due protagonisti memorabili." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 1 aprile 2011) "Piacerà a quanti hanno amato il best seller di Terzani pubblicato postumo. E agli ammiratori di Bruno Ganz, che in terza età dà veramente le sue cose migliori ('Unknown', 'La fine'). Elio Germano, che impersona il figlio è costretto a fare tappezzeria. Ma forse l'argomento avrebbe meritato una regia più inventiva di quella del tedesco (molto televisivo) Baier." (Giorgio Carbone, 'Libero', 1 aprile 2011) "La Fandango, che è anche casa editrice, organizza spesso letture pubbliche di libri, anche molto emozionanti. E' curioso pensare che 'La fine è il mio inizio' sia più una lettura, che un film vero e proprio. Si ispira al libro omonimo e autobiografico di Tiziano Terzani, dettato al figlio Folco poco prima di morire. (...) L'accettazione della morte 'arriva', ma è forte la sensazione che il cinema sia quasi d'impiccio, all'esclusivo servizio della parola." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 1 aprile 2011)

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