La fabbrica di cioccolato2005

SCHEDA FILM

La fabbrica di cioccolato

Anno: 2005 Durata: 105 Origine: GRAN BRETAGNA Colore: C

Genere:AVVENTURA, COMMEDIA, FAMILY, FANTASY

Regia:Tim Burton

Specifiche tecniche:35 MM, PANAVISION, TECHNICOLOR

Tratto da:libro di Roald Dahl

Produzione:RICHARD D. ZANUCK, MICHAEL SIEGEL E BRAD GREY PER WARNER BROS. PICTURES, THE ZANUCK COMPANY, PLAN B FILMS, VILLAGE ROADSHOW PICTURES

Distribuzione:WARNER BROS. ITALIA - DVD E BLU-RAY: WARNER HOME VIDEO

ATTORI

Johnny Depp nel ruolo di Willy Wonka
Freddie Highmore nel ruolo di Charlie Bucket
Helena Bonham Carter nel ruolo di Sig.ra Bucket
David Kelly nel ruolo di Nonno Joe
Noah Taylor nel ruolo di Padre di Charlie
Missi Pyle nel ruolo di Signora Beauregarde
James Fox nel ruolo di Sig. Salt
Deep Roy nel ruolo di Oompa Loompa
Christopher Lee nel ruolo di Padre di Willy Wonka
Philip Wiegratz nel ruolo di Augustus Gloop
Adam Godley nel ruolo di Signor Teavee
AnnaSophia Robb nel ruolo di Violet Beauregarde
Franziska Troegner nel ruolo di Sig.ra Gloop
Julia Winter nel ruolo di Veruca Salt
Jordan Fry nel ruolo di Mike Teavee
Blair Dunlop nel ruolo di Willy Wonka da piccolo
Liz Smith nel ruolo di Nonna Georgina
Eileen Essel nel ruolo di Nonna Josephine
Eileen Essell nel ruolo di Nonna Josephine
Harry Taylor nel ruolo di Sig. Gloop
Garrick Hagon nel ruolo di Reporter di Denver
 

SOGGETTO

Dahl, Roald
 
 

MUSICHE

Elfman, Danny
 

MONTAGGIO

Lebenzon, Chris
 

SCENOGRAFIA

McDowell, Alex
 

COSTUMISTA

Pescucci, Gabriella

TRAMA

Cinque biglietti d'oro sono nascosti in altrettante tavolette di cioccolato fabbricate dal signor Willy Wonka. I fortunati bambini che riusciranno a trovarli potranno varcare i cancelli della Fabbrica di Cioccolato del signor Wonka ed entrare così in contatto con il suo magico mondo. Per Charlie Bucket, un bambino povero, vincitore dell'ultimo biglietto, sta per iniziare un'indimenticabile avventura...

CRITICA

"Fantasia, crudeltà, sogni, divertimento. Fiumi di cioccolato, prati di menta, laghi di miele, alberi di caramelle, colline di panna montata o di marmellata; ma anche nanetti al lavoro forzato, insidie e pericoli, punizioni e sparizioni. Tratto dal testo famoso di Roald Dahl, il film è molto bello. (...) I nanetti sono un unico nano, Deep Roy, pure lui molto bravo, moltiplicato all'infinito dalla creativa e perfetta lavorazione in digitale." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 23 settembre 2005) "Fra evocazioni dei film con Ester Williams, di '2001. Odissea nello spazio' e del burtonian deppian 'Edward mani di forbice', 'La fabbrica di cioccolato' talora traccheggia. Ma, oltre che una lezione di cinema, è una lezione di vita sul tema: i doveri danno diritti, non viceversa." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 23 settembre 2005) "Per le vie della complessità, il film approda insomma a una conclusione più esplicita e moralistica rispetto al disimpegnato surrealismo della pagina. Ciò che conta, però, è l'impeccabile gusto con cui Tim Burton inventa l'ambiente della favola, ispirandosi a Chagall e ad altri modelli di pittura espressionista, nonché l'andamento di un racconto ritmato in un crescendo di buffi incidenti e svarianti trovate. Bastava rinunciare alle troppe allusioni confuse e a una vaga morbosità, per fare di questo film un classico del cinema per ragazzi; ma La fabbrica di cioccolato va bene anche così." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 23 settembre 2005) "Un film per bambini fatto per galvanizzare gli adulti (soprattutto quelli stressati e perplessi). Un film per adulti fatto per inquietare i bambini (soprattutto quelli riveriti e satolli). A metà del guado c'è 'La fabbrica di cioccolato' di Tim Burton, tratto da un romanzo di Roald Dahl (1964) venduto in tutto il mondo e già trasposto in un film di culto nei paesi anglosassoni (1971): nel suo versante riuscito, un magnifico viaggio nella fantasia della crudeltà e nel divertimento dei sogni; in quello imperfetto, una fantasmagoria che risolve in termini edificanti un tetro incubo nevrotico. Burton esegue anche stavolta i leitmotiv che ne hanno fatto uno dei registi contemporanei più completi e complessi, dall'emarginazione degli eccentrici al tormentoso rapporto padre-figli, dalla disperazione del fanciullino al tripudio di colori e sapori offerto dal mondo a chiunque sappia guardarlo con occhi innocenti. (...) Le invenzioni visive e scenografiche, lo humour illogico o assurdo e la folla di personaggi paradossali evocano il pathos della crescita e dell'adattamento alla "realtà" delle arbitrarie convenzioni della vita adulta: peccato, però, che i numeri musicali (doppiati) risultino troppo mediocri e che il bambino-Alice e l'adulto-Cappellaio Matto approdino in un finale di pedagogica redenzione psicanalitica. Non è il sentimento, peraltro pudico e incantevole, che inficia le qualità del film, quanto la perdita progressiva del suo romanticismo favoloso e grottesco, della sua essenza morbosa e allucinatoria, persino del suo tocco di presunzione o saccenteria allusivo degli inevitabili vizi umani." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 24 settembre 2005)

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