La damigella d'onore2004

SCHEDA FILM

La damigella d'onore

Anno: 2004 Durata: 110 Origine: GERMANIA Colore: C

Genere:THRILLER

Regia:Claude Chabrol

Specifiche tecniche:35 MM (1:1,66)

Tratto da:romanzo di Ruth Rendell

Produzione:PATRICK GODEAU, ANTONIO PASSALIA ALFRED HURMER PER ALICELEO, CANAL DIFFUSION, INTEGRAL FILM, FRANCE 2 CINEMA

Distribuzione:BIM

ATTORI

Benoît Magimel nel ruolo di Philippe
Aurore Clément nel ruolo di Christine
Laura Smet nel ruolo di Senta
Isolde Barth nel ruolo di Rita
Solene Bouton nel ruolo di Sophie
Jacqueline Cassard nel ruolo di Madame Bertillon
Thomas Chabrol nel ruolo di Tenente Jose' Laval
Brigitte Chamarande nel ruolo di Madame Soupin
Philippe Duclos nel ruolo di Capitano Dutreix
Pierre-François Dumeniaud nel ruolo di Nadeau
Suzanne Flon nel ruolo di Signora Crespin
Mazen Kirwan nel ruolo di Pablo
Bernard Le Coq nel ruolo di Gerard
Isabelle Leprince nel ruolo di Madame Pelissier
Isabelle Mamere nel ruolo di Nathalie Dumont
Anna Mihalcea nel ruolo di Patricia
Eric Seigne nel ruolo di Jacky
Chantal Banlier
Florent Gibassier
Michel Duchaussoy
 

SOGGETTO

Rendell, Ruth
 
 
 

MONTAGGIO

Fardoulis, Monique
 

COSTUMISTA

Cheminal, Mic

TRAMA

Philippe è un giovane che vive con la madre e le sorelle in un tranquillo quartiere di periferia. Durante il matrimonio della sorella è folgorato da Senta, la damigella d'onore, una ragazza misteriosa e molto passionale. Philippe se ne innamora perdutamente fino a perdere completamente le sue certezze...

CRITICA

"Forse è il caso di riconoscere finalmente, sul piano di una revisione critica della Nouvelle Vague, che Chabrol viene collocato in una nicchia troppo inferiore. Godard sarà un dio e Truffaut una leggenda, ma il loro copain (il quale nel 1958 aprì la strada a tutti con 'Le beau Serge') è un instancabile narratore di storie che parafrasando i sacri modelli dell'adorato Hitchcock sa riscattare con tocchi autoriali la banalità del film di genere. Di rado premiato in quanto commerciale, Chabrol è in realtà un benemerito contrabbandiere del cinema-cinema nel grigiore dei programmi da festival. Interpretato dal bravo Benoît Magimel in coppia con la diabolica Laura Smet, 'La damigella d'onore' si assapora senza mai guardare l'orologio." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 8 settembre 2004) "Profondo nero, il maestro Chabrol colpisce ancora. E inchioda alla poltrona il pubblico della Mostra in un crescendo di inquietudine, mistero, angoscia, sorprese. Silenzio in sala, la tensione si taglia col coltello. Poi, con i titoli di coda, esplode l'ovazione. 'La damigella d'onore', ispirato a un romanzo di Ruth Rendell, realizzato con una partecipazione italiana e proiettato fuori concorso, è un film rigoroso e impeccabile che, come sempre accade nelle opere di Chabrol, va al di là del genere e fin dalle prime immagini ha il sapore dell'evento. (...) A queste domande rispondono una sceneggiatura a prova di bomba, la regia capace di caricare di angoscia anche i dettagli secondo la migliore tradizione di Hitchcock, la fotografia notturna di Eduardo Serra e l'interpretazione adeguata di Laura Smet, Benoît Magimel, Aurore Clément nel ruolo di una parrucchiera di provincia." (Gloria Satta, 'Il Messaggero', 8 settembre 2004) "Al top d'intelligenza, di classe e di gusto simenoniano per i dialoghi, i caratteri e gli ambienti, 'La demoiselle d'honneur' è un Chabrol d'annata, uno di quei film che hanno qualcosa da dire anche al di fuori del circo autoreferenziale. Maniaco del dettaglio narrativo, dell'arguzia descrittiva e della geometria di messinscena, il veterano allievo dichiarato di Hitchcock traspone da par suo il romanzo 'The Bridesmaid' della grande scrittrice inglese Ruth Rendell, intrecciando erotismo e turbe psichiche, delitto e noir societario. (...) E' chiaro che 'La demoiselle d'honneur' non è fatto per chi cerca effetti supervoltati o timbri artistici a caratteri cubitali, bensì per chi prova godimenti ineffabili nel rubare i risvolti più significativi del mondo all'accuratezza del raccordo, alla delicatezza del passaggio, all'essenzialità dello scorcio, all'eloquenza dell'espressione e dei gesti. Esattamente ciò che fa venire voglia di rivedere subito il film, perché la doppia identità tra sesso perturbante e vibrazioni di follia della protagonista ha già preso posto nell'immaginario al di là delle occorrenze del mestiere." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 8 settembre 2004) "Chabrol, affascinato dalle donne tutte cioccolata e arsenico, la generazione delle dure, immagina così la nuova generazione, abbandonata dai genitori, menefreghista, satanista e vogliosa di matrimonio. Philippe si fa irretire da Sentà, la adora e l'asseconda finché scopre nel suo armadio il cadavere putrefatto di una ragazza scomparsa e ricercata da giorni. Sentà come prova d'amore ha anche ucciso con un pugnale di vetro di Murano l'amico infedele della madre di Philippe. Vittima, anche lei dell'indifferenza generale, figlia del cinismo di un'epoca, Sentà dovrebbe suscitare compassione. Non ci riesce. Anche lei è un palindromo, di cui Chabrol si burla amabilmente: 'Mi piace un bel cadavere. Suscita l'attenzione della gente. Personalmente, se vedo un film o leggo un libro, quando c'è un cadavere non penso mai di aver perso del tutto il mio tempo'." (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 8 settembre 2004) "Claude Chabrol, regista francese, 75 anni, diventa con il tempo sempre più bravo. Sono straordinarie la finezza e la penetrazione con cui racconta questa storia d'amore e di follia che materializza l'espressione 'amour fou'. (...) Il ritratto di provincia è persino più perfetto di quanto sia di solito in Chabrol. Aurore Clément è la mamma del protagonista; altra presenza rara e piacevole, quella di Suzanne Flon." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 23 settembre 2005) "Chabrol sembra interessato ai personaggi, ai loro doppifondi, al Male come contagio, piuttosto che alle sorprese largamente annunciate del plot. Perfino l'immancabile provincia (stavolta è Nantes), abituale teatro di indifferenza e nequizie, si limita a incorniciare il bizzarro amour fou che scoppia fra il ragazzo tutto casa-e-lavoro e la squinternata femme fatale che vive in uno scantinato e dissemina i suoi discorsi da mitomane di allusioni a un passato non proprio limpido. Con punte di humour in cui c'è tutto Chabrol: come quando dice di aver fatto la comparsa con Malkovich, 'Poi hanno tagliato la mia scena perché qualcosa non funzionava. Non io, Malkovich'. Anche ne 'La damigella d'onore' però non tutto funziona sempre a dovere. E non perché Chabrol moltiplichi le false piste, le digressioni, i toni inattesi, prima di stringere all'improvviso (sempre con sarcasmo) sul rapporto impossibile e insieme inevitabile fra quel giovane così perbene e quella ragazza così spostata. Al contrario, se la macchina a tratti gira a vuoto è proprio perché malgrado le luci sapientemente irrealistiche, le atmosfere sospese, la seduzione opaca esercitata da Laura Smet, così lontana dai canoni della seduttrice, il tutto finisce per suonare a tratti schematico, premeditato. Come gli sberleffi un poco risaputi riservati alla vita in famiglia o alla tv. Chabrol gioca a fare Chabrol insomma. Ci si può divertire, ma appassionarsi è difficile." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 23 settembre 2005) "Cesellatore del dettaglio narrativo, dell'arguzia descrittiva e della geometria di messinscena, Claude Chabrol traspone ne 'La damigella d'onore' il romanzo 'Il buio nella mente' della scrittrice inglese Ruth Rendell, intrecciando da par suo erotismo, noir e indagine d'ambiente. (...) È magnifica la sobrietà di stile con la quale il veterano francese stende nel pigro tran tran quotidiano la sua rete di contagio e di sospetti; mentre la protagonista, all'altezza delle dark lady di 'Betty Blue' e 'Qualcosa di travolgente', espone all'amante la lista di quello che bisogna fare per dare davvero un senso alle miserie borghesi della vita: scrivere un poema, fare l'amore con qualcuno dello stesso sesso, uccidere senza motivo... È ovvio che 'La damigella d'onore' non è concepito per chi cerca effetti survoltati, bensì per chi adora il gusto simenoniano di rubare i risvolti più significativi del mondo all'accuratezza del raccordo, alla delicatezza del passaggio, all'essenzialità dello scorcio, all'eloquenza dell'espressione e del gesto." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 24 settembre 2005) "Il suo stile che pesca nel torbido vince ancora in quest'ottimo psico-giallo tratto dall' amata Ruth Rendell. In cui un bravo ragazzo di paese vittima di una madre e due sorelle passa sotto il dominio erotico di una psicotica che hitchcockianamente gli offre uno scambio di delitti. Straordinario nel presentare l'ordinario della provincia, Chabrol costeggia il paradosso ma non tradisce il piccolo punto realistico: giustizia è fatta, ma la morale varia. La dark lady Laura Smet (figlia di Hallyday e Baye) è bella e contagiosa e Benoît Magimel, uscito dalle angherie della pianista Huppert, è davvero un attore finissimo. Comprimari di lusso (la Clément e l'addio di Suzanne Flon) e un tepore malsano, copyright del regista allevato dalla nouvelle vague a fare il giocoliere d'ogni sicurezza etica." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 23 settembre 2005)

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