KILLER - DIARIO DI UN ASSASSINO1995

SCHEDA FILM

KILLER - DIARIO DI UN ASSASSINO

Anno: 1995 Durata: 92 Origine: USA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICO A COLORI

Tratto da:TRATTO DAL LIBRO DI THOMAS E. GADDIS E JAMES O. LONG

Produzione:JANET YANG, PARK LEVINSON - IXTLAN PRODUCTION IN ASSOCIAZIONE CON BREAKHEART FILMS

Distribuzione:MEDUSA 1996 - MEDUSA VIDEO

TRAMA

Sollecitato da nobili ideali e speranze di riforme il giovane ebreo Henry Lesser spera di diventare il secondino di uno dei più malfamati penitenziari del paese. Sua moglie Esther si preoccupa, ma lo lascia fare. Questi, forte dell'amore e dell'appoggio della moglie, ottiene un posto nel carcere di Leavenworth e scopre ben presto che la corruzione non è bandita dietro le sbarre, ma si estende alle guardie e anche ai cosiddetti "bravi ragazzi". Di fronte alla immotivata brutalità esercitata da molte guardie nei confronti dei detenuti, le nozioni di giusto e sbagliato, che in precedenza erano così ben definite nella mente di Henry, incominciano ad avere contorni indistinti. Nella prigione frattanto Henry fa la conoscenza di Carl Panzram che si trova a Leavenworth con l'accusa di furto con scasso. Carl è l'opposto di Henry: la sua mente è piena di odio; il suo corpo vibra di violenza. Henry infrangendo le regole di Leavenworth, incomincia a procurare al detenuto dei fogli. Nella speranza che la scrittura aiuti Carl a esorcizzare alcuni dei suoi dèmoni, Henry, di notte, gli porta della carta e la mattina, alla fine del suo turno, porta via le pagine scritte. A casa, rinchiuso nello studio, Henry legge quei fogli, spinto dalla curiosità. Si tratta della sorprendente testimonianza della forza di un uomo e del male che egli rivendica come proprio. Leggendo dei delitti, delle violenze e dei meschini stratagemmi messi in atto da Carl o da lui subiti, Henry incomincia a dubitare della validità del sistema carcerario che ha giurato di servire. L'insolenza di Carl rende questi un facile bersaglio alla brutalità delle guardie, che tentano ripetutamente di piegarlo all'obbedienza: si ribella e scegliendo il momento opportuno e nel buio della lavanderia brutalmente uccide a bastonate la guardia più sadica sotto lo sguardo indifferente degli altri detenuti. Una volta per tutte, Carl ha dimostrato a Henry di essere davvero un assassino. Sapendo che Carl ora subirà un processo per delitto capitale, Henry spedisce al noto psicoanalista Karl Menninger le memorie di Panzram sperando che venga dichiarato mentalmente incapace al fine di evitargli il processo. Tuttavia Carl rifiuta non solo l'infermità mentale ma anche l'aiuto del difensore d'ufficio. Pertanto, la giuria emette un verdetto di colpevolezza e lo condanna all'impiccagione. Il detenuto accoglie con sollievo la sentenza e invita Henry ad assistere all'esecuzione, che egli considera il proprio trionfo finale sul sistema carcerario.

CRITICA

"Qua e là, forse, il contrasto fra il tentativo di far cronaca dal vivo e l'impegno, invece, di studiare dall'interno i personaggi - come in quella che si usa ormai definire docu-fiction - non produce sempre gli effetti giusti, suscita stridori, provoca fratture di stile, con incertezze, pause, lacune, anche narrative. Nel suo insieme, però, l'impresa può convincere: per il suo rigore e, in molti passaggi, per la sua vitalità in sede di spettacolo. La sostengono due interpreti di provato talento, pronti, ad ogni svolta del dramma, a disegnare i loro personaggi con tutta la forza necessaria: il killer è James Woods, dopo i successi di 'Salvador', di 'Chaplin', di 'Casinò': aspro, tagliente, sempre risentito nelle sue ribellioni a tutto, ma intento anche a sfumare reazioni più sommesse, in cifre, a tratti, perfino di fragilità, Henry Lesser, già apprezzato nell''Età dell'innocenza' di Scorsese e Robert Sean Leonard: sempre in equilibrio giusto fra la dirittura morale e un'umanità capace di compatire e di soccorrere." (Gian Luigi Rondi, "Il Tempo", 22 Luglio 1996) "Pur non avendo la loro originalità espressiva e la loro forza emotiva, tuttavia il film di Metcalfe si inserisce con una sua dignità nel genere cui appartengono opere grandi come 'Io sono un evaso' (Mervyn LeRoy, 1932), 'L'uomo di Alcatraz' (John Frankenheimer, 1962), 'Nick mano fredda' (Stuart Rosemberg, 1967), 'Fuga da Alcatraz' (Don Siegel, 1979). Secondo un modello che vale quasi solo nel cinema d'America, in 'Killer' la macchina da presa è un indice accusatorio puntato contro la prigione, microcosmo violento e totalitario. Poco conta chi sia o che cosa abbia fatto: varcata la soglia del carcere, il condannato è un individuo la cui dignità spicca per contrasto con la destrutturazione d'umanità che è la funzione della macchina punitiva." (Roberto Escobar, "Il Sole 24Ore", 7 Luglio 1996)

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