In memoria di me2006

SCHEDA FILM

In memoria di me

Anno: 2006 Durata: 113 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Saverio Costanzo

Specifiche tecniche:35 MM (1:1.85)

Tratto da:liberamente ispirato al romanzo "Il gesuita perfetto" di Furio Monicelli (I^ ed. Longanesi, 1960; rieditato con il titolo "Lacrime impure", Mondadori, 1999)

Produzione:MARIO GIANANI, SAVERIO COSTANZO, ANNE-DOMINIQUE TOUSSAINT PR OFFSIDE, LES FILMS DES TOURNELLES

Distribuzione:MEDUSA FILM (2007)

ATTORI

Hristo Jivkov nel ruolo di Andrea Christo Jivkov
Filippo Timi nel ruolo di Zanna
Marco Baliani nel ruolo di Padre maestro
André Hennicke nel ruolo di Padre Superiore
Fausto Russo Alesi nel ruolo di Panella
Alessandro Quattro nel ruolo di Bracci
Milutin Dapcevic nel ruolo di Wagner
Massimo Cagnina nel ruolo di Ciarnella
Ben Pace nel ruolo di Rossi
Matteo D'Arienzo nel ruolo di Matteo d'Arienzo
Stefano Antonucci nel ruolo di Lodovici
Paolo Bizzeti nel ruolo di Frate
Rocco Andrea Barone nel ruolo di Segretario del Padre Superiore
 

SOGGETTO

Monicelli, Furio
 

SCENEGGIATORE

Costanzo, Saverio
 

MUSICHE

Alter Ego
 
 

SCENOGRAFIA

Leonardi, Maurizio
 
 

EFFETTI

Luongo, Fabio

TRAMA

Un giovane privo di vocazione decide di entrare nella Compagnia di Gesù convinto che le rigide regole che governano il seminario lo aiuteranno a sfuggire ai desideri torbidi e contradditori che assillano la sua mente. Dopo l'iniziale insofferenza per l'estrema disciplina della vita di clausura, il ragazzo mette da parte ogni senso critico e ogni dubbio di carattere religioso e si trasforma nel 'Gesuita perfetto'.

CRITICA

"Saverio Costanzo merita, alla seconda prova dopo 'Private' che visitava il nodo israeliano-palestinese senza veli né demagogia, un grato benvenuto. Tra i pochi che nel cinema italiano (solo italiano?) si pongono il problema di che cosa distingue il cinema dalla tv, dall'informazione, dalla riproduzione fotografia, dall'attualità, dal costume. Il problema dell'invenzione e dello stile. Pochi cineasti della generazione trentenne l'hanno presente: Sorrentino, Garrone, e con loro Costanzo. E sanno aspettare la proposta di un punto di vista originale. Anche se originale non è il soggetto di 'In Memoria di me'. Nasce dal romanzo che Furio Monicelli pubblicò nel 1960 come 'Il gesuita peretto', che alla fine degli anni '90 è riuscito con il titolo 'Lacrime impure'." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 12 febbraio 2007) "Dopo l'urgenza politica di 'Private', Saverio Costanzo sorprende tutti con un film 'fuori dal mondo', 'In memoria di me', tutto chiuso nel seminario dove Andrea (Christo Jivkov) si rifugia in cerca di quelle certezze che la vita non ha saputo dargli e che spera di trovare nei voti e nella regola religiosa. Rarefatto e misterioso come i silenziosi ambienti del convento sull' isola di San Giorgio, a Venezia, dove è stato girato, il film mette in scena i grandi interrogativi della religione cristiana attraverso lo scontro di alcuni personaggi simbolo. (...) A Costanzo non interessa dare risposte univoche o risolvere dibattiti teologici, piuttosto vuole fare emergere il nodo, a volte doloroso, che si nasconde dietro quelle posizioni e che spinge i vari personaggi a scelte di vita diverse, se non opposte. Autore anche della sceneggiatura, che scarnifica il romanzo 'Lacrime impure' di Furio Monicelli, Costanzo usa i silenzi, le architetture, gli sguardi, le regole di vita per rendere palpabile la tensione che ogni novizio porta dentro di sé, più preoccupato di farci condividere un' atmosfera che non di parteggiare per questo o per quello. Dimostrando così di aver raggiunto una maturità espressiva e una padronanza narrativa di prim'ordine." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 12 febbraio 2007) "Con 'In memoria di me' Saverio Costanzo, figlio trentunenne del popolare Maurizio, già alla ribalta con l'opera prima 'Private', sfida la routine e s'addentra negli ardui territori del cinema spiritualistico alla Dreyer, Tarkovskji, Bresson, Cavalier o, magari, alla Groning, il giovane autore del recente 'Il grande silenzio'. (...) Sceneggiato dallo stesso regista a partire dal libro 'Lacrime impure - Il gesuita perfetto' di Furio Monicelli, il film esplora i travagli interiori di Andrea (Christo Jivkov), un giovane bello, intelligente e disinvolto che sente di pretendere dalla vita qualcosa di più di ciò che i coetanei identificano come successo: (...) A suo agio nel set davvero esclusivo della chiesa ed ex monastero dell'isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, il regista, che definisce il suo film «un thriller spirituale-metafisico», abusa degli austeri piani fissi, eppure è in grado di «spostare» continuamente i novizi Andrea, Zanna (Filippo Timi) e Panella (Fausto Russo Alesi) dagli spazi claustrofobici del vasto corridoio, della sala di refezione o di quella riservata agli esercizi spirituali alle vertiginose anse mentali che li trascinano laddove (forse) neppure gli onnipresenti padri superiori riescono a estendere il loro ossessivo controllo." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 12 febbraio 2007) "La "confezione" è invitante. Il giovane regista dimostra una solida conoscenza del mestiere, la fotografia di Mario Amura è curata ed espressiva, l'interpretazione del protagonista e degli attori principali di notevole intensità. (...) Ma il convento nel film di Costanzo si trasforma in un luogo di mistero e di oppressione. Il superiore e il padre maestro si comportano con irritante alterigia e distacco, i novizi assomigliano a reclute di una caserma dove la diffidenza e persino la delazione diventano un dovere. La livida fotografia ricrea e sottolinea lugubri atmosfere di tensione e di sospetto. Ogni gesto, ogni movimento all'interno del monastero è immerso in un clima da "thriller". Il silenzio, ovviamente, la fa da padrone. Ma è un silenzio opprimente: da incubo, non da raccoglimento interiore ed è interrotto, nei rarefatti dialoghi, da dotte citazioni degli "esercizi spirituali" di s. Ignazio di Loyola, dei Padri del deserto e... dalle avvolgenti musiche dei valzer viennesi che accompagnano il tempo dei pasti. C'è anche un novizio che prima di lasciare definitivamente il luogo sacro suggella con un bacio in bocca all'annichilito superiore il distacco dall'ambiente. È il "tocco" che mancava. C'è altro da aggiungere?" (Gian Filippo Belardo, 'L'Osservatore Romano', 10 marzo 2007)

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