Il treno per il Darjeeling2007

SCHEDA FILM

Il treno per il Darjeeling

Anno: 2007 Durata: 91 Origine: USA Colore: C

Genere:BIOGRAFICO, COMMEDIA, DRAMMATICO

Regia:Wes Anderson

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:-

Produzione:WES ANDERSON, SCOTT RUDIN, ROMAN COPPOLA, LYDIA DEAN PILCHER PER AMERICAN EMPIRICAL PICTURES, CINE MOSAIC, SCOTT RUDIN PRODUCTIONS

Distribuzione:20TH CENTURY FOX ITALIA (2008)

ATTORI

Owen Wilson nel ruolo di Francis L. Whitman
Adrien Brody nel ruolo di Peter L. Whitman
Jason Schwartzman nel ruolo di Jack L. Whitman
Anjelica Huston nel ruolo di Patricia Whitman, la madre
Amara Karan nel ruolo di Rita
Camilla Rutherford nel ruolo di Alice
Irfan Khan nel ruolo di Il padre Irrfan Khan
Natalie Portman nel ruolo di Ex fidanzata di Jack
Wallace Wolodarsky nel ruolo di Brendan
Barbet Schroeder nel ruolo di Il meccanico
Bill Murray nel ruolo di L'uomo d'affari
Trudy Matthys nel ruolo di Signora tedesca sul treno
 

MONTAGGIO

Weisblum, Andrew
 

SCENOGRAFIA

Friedberg, Mark
 

COSTUMISTA

Canonero, Milena
 

EFFETTI

Fett, Henrik

TRAMA

Dopo la morte del loro padre, Francis, il maggiore dei tre Whitman, decide di chiedere ai suoi fratelli, Peter e Jack, di fare un lungo viaggio in treno attraverso l'India, dove incontreranno la loro madre che si è ritirata in un convento. Tutti e tre insieme per cercare di ricostruire il legame tra di loro, ma una serie di disavventure trasformano il loro viaggio in qualcosa di diverso...

CRITICA

"L'americano è una commedia piacevole scritta e diretta da Wes Anderson che ci aveva già divertito con 'I Tennenbaum'. (...) Un viaggio in treni coloratissimi, più da favola che non reali, in auto altrettanto colorate (e sgangherate), tra un florilegio di situazioni per metà paradossali, sostenute da scenografie preziose e da dialoghi furbi che servono soprattutto a distinguere con malizia le fisionomie sempre molto studiate dei tre. Vi danno volto Adrien Brody, Jason Schwartzman e Owen Wilson: con una comicità quasi surreale. La madre è Anjelica Huston. Si limita a apparire. Come lo stesso Bill Murray che si lascia solo intravedere tra la folla indiana." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 4 settembre 2007) "Magari è una coincidenza, o forse la depressione covava dentro già all'epoca delle riprese in India. Fa uno strano effetto vedere Owen Wilson in 'The Darjeeling Limited', fresca commedia on the road in concorso: si presenta con cerotti e bende su tutto il viso, gli occhi pesti, un dente rotto, il bastone. (...) Nel film, leggero e divertente, a tratti un po' inconsistente, Wilson è Francis Whitman, il maggiore di tre fratelli americani appena sbarcati in India a un anno dalla morte dell'amatissimo padre. (...)Lo stile di Anderson lo conoscete: surreale, pop, visivamente eccentrico, tra arancioni sovraccarichi e celesti accesi, i costumi di Milena Canonero e le valigie disegnate da Vuitton, in un gioco di riferimenti che va dai film di Satyajit Ray ai ritmi beat dei Kinks, passando per i Beatles, i Rolling Stones e perfino la dimenticata 'Champs Elysée' di Joe Dassin. L'India che i tre solcano è volutamente stereotipata negli arredi e negli oggetti, ma il tono tra il malinconico e lo scanzonato riscatta l'esilità della storiella, 95 minuti in tutto, compreso il prologo parigino che il regista vorrebbe lasciare separato dal corpo del film e la produttrice Fox no. Assente per ovvie ragioni Wilson, al Lido sono sbarcati, insieme al regista, gli attori Adrian Brody e Jason Schwartzman, l'uno spilungone e nasuto, l'altro bassino e sorridente. Nel film incarnano Peter, il fratello triste che sta per diventare padre, e Jack, il fratello erotomane che seduce la hostess ben disposta." (Michele Anselmi, 'Il Giornale', 4 settembre 2007) "Anderson ha la faccetta pulita di un ventenne di buona famiglia, convinto di essere un genio. Il bello è che deve aver convinto anche altri, visto che i suoi film vengono prodotti nonostante si reggano su invisibili fili narrativi e costino cifre non indifferenti. Della sua genialità - fatta più che altro della costruzione di situazioni assurde, che il regista non si sforza minimamente di ricomporre - è convinto anche il pubblico internazionale che anche qui a Venezia lo accoglie come un enfant-prodige. Noi siamo tra i pochissimi ad esprimere qualche dubbio, che le dichiarazioni del baby-Anderson non chiariscono." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 4 settembre 2007) "Wes Anderson è un artista unico. I suoi film fanno venir voglia di usare una parola desueta e, nel gergo giornalistico, quasi proibita: poesia. Il giovane regista texano parte sempre da storie cupe, e riesce a rasserenarle con un talento visivo e narrativo che non ha termini di paragone. Ha un'idea di cinema personalissima e 'The Darjeerling Limited' sviluppa in modo coerente rispetto a 'I Tenenbaum' e a 'Le avventure acquatiche di Steve Zissou'." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 4 settembre 2007) "Del regista della bislacca e indimenticabile famiglia di 'I Tenenbaum' era in concorso il riuscito, grottesco gioco di espiazione e riconciliazione parentale 'The Darjeeling Limited', peripezia di viaggio sulle ferrovie indiane di tre fratelli americani che, perso il padre, cercano la madre ritiratasi in un convento (Anjelica Huston). E' un itinerario metaforico nel caos dell'intimità, divertente, anticonvenzionale, immerso nella reverie della cultura pop e psichedelica (con citazioni dalla Abbey Road dei Beatles ai road-movie anni '70). Merita qualcosa." (Silvio Danese, 'Quotidiano Nazionale', 4 settembre 2007) "Il film è un incrocio tra 'I Tenenbaum', la famiglia disperata, ironica e sublime di ex geni, e 'Marrakech express'. C'è un treno che è un percorso di amicizia virile, sostanze che alterano gli stati mentali. In più, una ricchezza sensoriale, una raffinatezza estetica che coniugata da trama picaresca, che passeggia tra vita e morte, amore e sesso, ossessioni e possessioni, fa di 'Darjeerling Limited' un'epopea fresca e vitale sull'India in chiave 'non frikkettona' tra mille citazioni dei Beatles & Co., certo, ma sempre in chiave ironica." (Luca Mastrantonio, 'Il Riformista', 4 settembre 2007) "Colorati come caramelle, malinconici come canzoni d'amore, esilaranti come cartoon, i film di Wes Anderson ruotano sempre intorno a famiglie di miliardari 'fuori asse' che cercano il bandolo delle loro vite lussuose e disordinate. La formula evoca certe commedie svitate anni 40 come 'Lady Eva' di Preston Sturges. Ma Anderson ci mette quel pizzico di contaminazione, geografica e autobiografica, che rende il tutto leggero e insieme struggente. Anche grazie alle musiche rubate ai classici del cinema indiano (ma la canzone chiave è la geniale 'Where do you go to' di Peter Sarstedt) e a quei salti di tono dal battibecco alla tragedia c'è solo un attimo in cui Anderson riversa tutto il suo gusto per le maschere. Perché naturalmente non c'è luogo meno adatto di una famiglia per portare una maschera, ma al tempo stesso nulla è più subdolo e tenace della maschera che presentiamo ai nostri consanguinei. Così anche quest'India fiabesca e tra virgolette finisce per intonarsi alle strampalate avventure del terzetto, fugando quel vago retrogusto yankee che poteva minare la simpatia e la credibilità, se non dei personaggi, dei loro sentimenti. Un tesoro di leggerezza e divertimento." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 30 aprile 2008) "Massimo emblema del film radical chic per palati finto fini, il Treno di Anderson (che forse rimarrà autore solo dei 'Tenenbaum'), deraglia di brutto. Eccede, chiede la garanzia del prologo, coltiva tre fratelli che si ritrovano post mortem del Whitman sr. per un viaggio di riappacificazione in treno in India, dove in un monastero si nasconde la madre. Ogni spiritualismo turistico è in bella mostra nel soggetto snob - sembra una parodia della Valeri Anni 50 - in cui i tre ragazzacci viziati restano campioni di arroganza: nulla può la mistica indiana. Meglio soli che male accompagnati, infine. Belle immagini, vacche glamour, accarezzati temi alti, che fungono da suppellettili del gioco in vetrina con spot Vuitton. Attori (Wilson, Brody, Schwartzman) quasi disegnati che si definiscono insopportabili: non stentiamo a crederci." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 1 maggio 2008) "Dicono (i critici) che sia un genio il giovane, ma ormai non più giovanissimo, supereccentrico regista americano Wes Anderson. Il pubblico va più cauto, dopo essersi moderatamente divertito con 'I Tenenbaum' (2001), quello dove Gene Hackman e soci indossavano sempre lo stesso abito sgargiante, ed essersi annoiato a morte con lo scombinato 'Le avventure acquatiche di Steve Zissou' (2004). Tanto per cambiare anche a bordo de 'Il treno per il Darjeeling' gli sbadigli prevalgono di gran lunga sulle risate. (...) Una sgangherata e folle commediola on the train anziché on the road, preceduta da un inutile corto parigino, dove, del terzetto dei protagonisti, è presente soltanto Jason Schwartzman, che in albergo si sollazza appassionatamente con la graziosa, pur se più scheletrica di un fantasma, Natalie Portman. Corto e film sono collegati, avverte una nota della produzione. Sarà. L'applauso più convinto va a Bill Murray, che al via perde il treno e sparisce di scena." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 2 maggio 2008) "Conosciuto e apprezzato da pochi per 'Rushmore', 'I Tenenbaum' e 'Le avventure acquatiche di Steve Zissou', il texano classe 1969 Wes Anderson si supera con 'Il treno per il Darjeeling', on the road ferroviario che tra gag fumettistiche, colori sovraccarichi e musiche irresistibili perfeziona il coté visionario della sua vocazione marxista (nel senso di Groucho). (...) Le stralunate atmosfere elegiache e le assurde disavventure comiche - dalle peripezie sul treno in stile 'Una notte all'opera' allo scontro fisico, emotivo e culturale provocato dagli effimeri contatti con le tradizioni locali - non annullano, però, l'insinuante malinconia sprigionata dall'attesa ma alquanto improbabile crescita spirituale. Geniale e coerente risulta anche il corto che Anderson ha tassativamente richiesto come prologo alla proiezione, nient'altro che qualche scorcio del rendez-vous in un lussuoso hotel parigino tra il baffuto e indecifrabile Jack e la sua ex sbarazzina impersonata da Natalie Portman. Ma, grazie anche alla stupenda canzone 'Where do you go to' di Peter Sarstedt, il tono estroso, sincopato e struggente prefigura al meglio il ritmo disconnesso e la poetica finto naif di un film forse per intenditori, ma secondo noi da non perdere." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 3 maggio 2008)

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