Il primo re2018

SCHEDA FILM

Il primo re

Anno: 2018 Durata: 123 Origine: BELGIO Colore: C

Genere:DRAMMATICO, STORICO

Regia:Matteo Rovere

Specifiche tecniche:DCP (1:2.35)

Tratto da:-

Produzione:MATTEO ROVERE, ANDREA PARIS PER GROENLANDIA CON RAI CINEMA, IN ASSOCIAZIONE CON ROMAN CITIZEN ENTERTAINMENT, IN COPRODUZIONE CON GAPBUSTERS

Distribuzione:01 DISTRIBUTION (2019)

ATTORI

Alessandro Borghi nel ruolo di Remo
Alessio Lapice nel ruolo di Romolo
Fabrizio Rongione nel ruolo di Lars Il Vecchio
Massimiliano Rossi nel ruolo di Tefarie
Tania Garribba nel ruolo di Satnei
Michael Schermi nel ruolo di Arant La Bestia
Max Malatesta nel ruolo di Veltur
Vincenzo Pirrotta nel ruolo di Cai Il Sabino
Vincenzo Crea nel ruolo di Elaxantre Il Ragazzo
Lorenzo Gleijeses nel ruolo di Purtnas Il Cacciatore
Gabriel Montesi nel ruolo di Adieis Il Gentile
Antonio Orlando nel ruolo di Erenneis
Florenzo Mattu nel ruolo di Mamercus
Martinus Tocchi nel ruolo di Lubces Il Muto
Nina Fotaras nel ruolo di Ramtha
Marina Occhionero nel ruolo di Acca Larenzia
Emilio De Marchi
Ludovico Succio
 

MUSICHE

Farri, Andrea
 

MONTAGGIO

Vezzosi, Gianni
 

SCENOGRAFIA

Zera, Tonino
 

COSTUMISTA

Taviani, Valentina

TRAMA

Due fratelli, soli, nell'uno la forza dell'altro, in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei. Dal loro sangue nascerà una città, Roma, il più grande impero che la Storia ricordi. Un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda.

CRITICA

"Vedendo 'Il primo re' è come se ci incamminassimo tutti in una «selva oscura» in un luogo senza tempo, ancestrale e violento, sventrato da lame di luce che schizzano nella foresta, tra bagliori e lotta, fango, sudore, brandelli di pelliccia, unghie sporche, sguardi cacciati dall'Eden. (...) Film fisico, di suoni, carne, ferite: ricorda il primo 'Pianeta delle scimmie', contrapposizione natura e civiltà. Forte coerenza nel lento cammino narrativo di un inconscio diventato forza di aggressione nella natura ostile, primordi dell'umanità. In prefazione Maugham dice che «un dio che può essere compreso non è un dio», quindi viva l'accecarsi nel mistero con le forze di un corpo che aderisce al mito senza calcoli di potere". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 31 gennaio 2019) "La fondazione di Roma riletta attraverso il forte legame, viscerale, di due fratelli, Romolo e Remo, che finì con il famoso duello fratricida. Il tutto raccontato in un film italiano che è una bella sorpresa per la sua capacità di trascinare lo spettatore nella Storia, affrontando temi delicati (come la religione) senza mai sbracare, rischiando con immagini che urteranno i più sensibili, riuscendo a dare gran spessore ai caratteri dei suoi protagonisti. Film recitato interamente in latino (con sottotitoli) da un cast superbo." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 31 gennaio 2019) "Un film epico, parlato in un protolatino reinventato con l'ausilio di specialisti, sulla fondazione di Roma. (...) Forse, come ha detto qualcuno, è la storia di come una città fondata da guerrieri fascisti elegge il primo sindaco democristiano. Ma sicuramente il film ha una visione corrusca del potere, che in fondo rispecchia la nostra storia. Vengono in mente le parole di Umberto Saba, negli anni 40: 'Vi siete mai chiesti perché l'Italia non ha avuto, in tutta la sua storia - da Roma ad oggi - una sola vera rivoluzione? La risposta è forse la storia d'Italia in poche righe. Gli italiani non sono parricidi; sono fratricidi. Romolo e Remo, Ferruccio e Maramaldo, Mussolini e i socialisti, Badoglio e Graziani. Gli italiani sono l' unico popolo, credo, che abbiano, alla base della loro storia, o della loro leggenda, un fratricidio'. 'Il primo re' non è però un'operazione meramente autoriale, ma anzitutto un prototipo per rinnovare il nostro cinema di genere. Rovere, che ha prodotto la saga di 'Smetto quando voglio' e diretto 'Veloce come il vento', è da tempo alla ricerca di nuove vie per un cinema di genere che non sia solo commedia o al massimo noir. Stavolta l'azzardo e l'originalità sono ancora maggiori: nonostante i molti riferimenti possibili (da 'Conan' a 'Revenant' alla 'Guerra del fuoco') il film riesce a inventare un'imagerie piuttosto autonoma e convincente. È sul piano spettacolare che però funziona meno: il procedere del gruppo attraverso i boschi è lento e faticoso, l'alternarsi di dialoghi e scene d' azione monotono. È come se la scoperta di un nuovo mondo visivo, mai raccontato dal cinema, avesse affascinato il regista fino a prendere spazio, diventando, da sfondo, il film stesso. A questo mondo si crede, grazie a uno sforzo produttivo non piccolo (era molto difficile: e una gran mano la danno gli attori, a cominciare da Borghi), la storia rimane poco importante. Chissà se il film funzionerà anche col pubblico: ma intanto è la conferma che il cinema italiano è molto più vario di come a volte ce lo raccontano". (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 31 gennaio 2019) "Nell'universo arcaico e violento del «Primo Re», Romolo (Alessio Lapice) è la vittima designata, il fratello fragile, tenuto in vita dall'amore incondizionato di Remo (Alessandro Borghi) che lo protegge ad ogni costo. Per quasi tutto il film, Romolo appare sanguinante, febbricitante, sul punto di esalare l'ultimo respiro. Eppure, del mito fondativo di Roma, ricostruito da Matteo Rovere in un film potente e coraggioso, fa parte la vicenda di un contrasto, di un'indole che si afferma cancellandone un'altra, dell'ordine che si impone sulla brutalità, degli Dei che dominano gli eventi , oltre i voleri degli uomini. La vittoria di Romolo coincide, in fondo, con quella della tattica e della mediazione. L'eroe perisce, il politico sopravvive". (Fulvia Caprara, 'La Stampa, 31 gennaio 2019) "Romolo e Remo come non li avete mai visti, lerci e spietati, selvatici e fondatori, pensando a Kurosawa, ma finendo a volte tra le braccia di Conan il barbaro o del profeta Mel Gibson ('Passion', 'Apocalypto') via 'Thor'. In realtà è solo una parte del risultato di un film impegnativo e produttivamente assai coraggioso per gli standard mediocri italiani. Nonostante la pesante saturazione della colonna musicale, resta un tentativo profondo, drammatico e iconografico (grande fotografia naturale di Ciprì), di immaginazione mitologica, con generosi, precisi attori (a partire dal Borghi di 'enza pelle'). È una leggenda, ma il realismo archeologico e antropologico spinge verso l'eco sensuale di vere origini." (Silvio Danese, 'Il Giorno, 7 febbraio 2019)

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