Il cerchio2000

SCHEDA FILM

Il cerchio

Anno: 2000 Durata: 90 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Jafar Panahi

Specifiche tecniche:(1:1.85)

Tratto da:-

Produzione:JAFAR PANAHI FILM PRODUCTIONS (IRAN), MIKADO LUMIERE & CO. (ITALIA)

Distribuzione:CELLULOID DREAMS - ELLEU MULTIMEDIA - MIKADO FILM (2000)

ATTORI

Fereshteh Sadr Orafai nel ruolo di Pori
Fatemeh Naghavi nel ruolo di La madre
Nargess Mamizadeh nel ruolo di Nargess Mamizadeh
Maryam Parvin Almani nel ruolo di Maryam Parvin Almani
Elham Saboktakin
Mojgan Faramarzi
Monir Arab
 

SOGGETTO

Panahi, Jafar
 

SCENEGGIATORE

Partovi, Kambuzia
 

MONTAGGIO

Panahi, Jafar
 

SCENOGRAFIA

TRAMA

Nelle strade di Teheran si incrociano le vite di donne con storie diverse ma dai destini comuni: una ragazza ha appena partorito una bambina. Lei non lo sa ancora, ma entrambe sono già indesiderate. Tre donne vengono rilasciate dal carcere con un permesso temporaneo. Il bisogno di denaro per fuggire le porta a compiere gesti disperati. Sola e senza documenti una giovane è costretta a mentire e ad implorare un biglietto per lasciare la città. Un'altra donna è costretta ad abbandonare in strada la figlioletta nella speranza che possa trovare una famiglia in grado di mantenerla. Tutte si ritroveranno insieme nella stanza-prigione di un commissariato. TRAMA LUNGA Dai risultati dell'ecografia tutti si aspettavano un maschio, e invece Solmaz mette al mondo una bambina. Nella sala d'attesa dell'ospedale l'anziana madre di Solmaz teme ora il peggio: i suoceri infuriati chiederanno il divorzio. Arezou, Nargess e Maedeh sono uscite di prigione con un permesso temporaneo. Cercano denaro per fuggire, e Arezou fa di tutto per aiutare Nargess a tornare nel villaggio dell'infanzia. Pari è appena scappata di prigione. Minacciata violentemente dai fratelli, si ritrova sola per strada. Incinta e non sposata, cerca invano di abortire. Viene allontanata e respinta, e così sperimenta la verità di ciò che le dice un'altra donna: "Senza un uomo non puoi andare da nessuna parte". Elham ha un buon lavoro e un matrimonio felice. Il prezzo da pagare per mantenere questo equilibrio è troncare i rapporti con la famiglia e gli amici del passato. Elham vive con la paura che suo marito medico scopra la verità sui suoi trascorsi in prigione. Uscita di prigione dopo una lunga pena, Monir scopre che suo marito ha preso una seconda moglie e che la loro figlia è ora molto legata alla 'numero due'. Nayereh ha già provato altre volte ad abbandonare la figlioletta. Ragazza madre, è convinta che la piccola possa stare meglio in una vera famiglia. La osserva da lontano, poi vaga per le strade ed accetta un passaggio da uno sconosciuto: la polizia li ferma, lei non ha alcun legame con l'uomo ed è in posizione illegale. All'ospedale la porta della stanza di Solmaz (che non si vede mai) si chiude. Il cerchio si è completato.

CRITICA

"Una storia di donne, per Jafar Panahi, pluridecorato regista entrato nel grande circuito internazionale e nel gruppo dei "cineasti iraniani illuminati" dopo essere stato riconosciuto un grande autore con il suo Il palloncino bianco, e, successivamente, con Lo specchio. I suoi titoli sono il massimo della semplicità, quasi ordinari. I contenuti, i temi affrontati, non lo sono mai. Pochi mezzi e molte idee caratterizzano la cinematografia di quella Repubblica Islamica che conta ormai una buona e nutrita schiera di autori corteggiati dai maggiori Festival, avendo innescato un fenomeno singolare di attrazione e di interesse che ci si augura non sia soltanto una moda ed una curiosità culturale e nemmeno un effimero exploit locale. Non vale la pena attardarsi sulle questioni sociologiche per capire meglio la condizione femminile nella vita di un paese che regola il suo funzionamento, in modo capillare, secondo norme, leggi, abitudini legate ad un sistema teocratico islamico. Con prudenza e sincerità intellettuali Panahi se ne tiene ai margini: per molti e diversi motivi la donna non gode di vita più tranquilla e sicura negli altri paesi del cosiddetto Occidente. A modo suo, l'Islam tutela la donna con valutazioni etiche, religiose e sociali del tutto diverse dalle nostre. E con un diverso concetto di libertà e di dignità. Quando, dunque, Panahi legge su un giornale di una donna che si toglie la vita dopo aver ucciso le sue due figlie, si confronta con una notizia non specificatamente legata ad un luogo o ad un popolo. Ecco il suo ragionamento: "In molte comunità le donne sono i soggetti più deboli è come se vivessero in una grande prigione. E' come se ogni donna potesse essere sostituita da un'altra in un cerchio e questo finisce per renderle tutte uguali". Figlio, però, della sua terra, Panahi traccia il cerchio femminile a Teheran, le sue donne sono vincolate alle leggi e alle convenzioni dell'Iran e del Corano. Siamo di nuovo nell'ambito di un cinema sociale, ai limiti del documentaristico nelle immagini. Ma con un suo caratteristico e, questa volta, complesso arco narrativo: il "cerchio" si apre in un ospedale con la nascita ingombrante di una bambina e si chiude in una prigione con il ritrovarsi silenzioso ed immobile, in questa angustia metaforica, di tutte le donne protagoniste delle diverse micro-storie. Ciascuna di esse, nello svolgersi della propria vicenda personale, sfiora quella successiva poiché viene a contatto, per i più diversi motivi o per pura casualità, con la donna cui lascia quasi un simbolico testimone: lo spirito della libertà e il coraggio di affrontare la vita. Nell'ottica di questo encomiabile impegno sociale e artistico, il "cerchio" diventa un espediente interessante per legare passati e presenti diversi, per raccontarli, e per portare ad un medesimo, comune futuro. Il film, per questo, affascina senza commuovere, colpisce senza disturbare. E' bellissimo. Sono otto, le donne di Panahi. Sono tante, nel mondo, le donne che potranno capirle. E potranno aiutarle." (Luca Pellegrini, Rivista del Cinematografo on line, 7 settembre 2000). "Davanti al nuovo film di Panahi, l'autore del poetico 'Il Palloncino bianco', all'inizio si è tentati di mettersi in disparte tanto disperata ci appare la sorte di alcune donne di Teheran che, in questa cronaca nuda eppure pietosa, si passano la staffetta (...) Il film di Panahi che, mentre lo vede, pare escludere lo spettatore, si fa avanti a ore di distanza dalla proiezione e si impone prepotentemente a chi lo ha seguito". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 8 settembre 2000). "Il film è molto interessante, bello per la capacità totale di armonizzare la materia del racconto e la sua forma inquieta, interpretato da attrici efficaci, eloquenti". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 8 settembre 2000).

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