Anno: 2017 Durata: 127 Origine: USA Colore: C
Genere:DRAMMATICO, WESTERN
Regia:Scott Cooper
Specifiche tecniche:ARRIFLEX 235/PANAVISION PANAFLEX MILLENNIUM XL2, (4K)/PANAVISION, 35 MM/D-CINEMA (1:2.35)
Tratto da:-
Produzione:SCOTT COOPER, KEN KAO, JOHN LESHER PER WAYPOINT ENTERTAINMENT, IN COLLABORAZIONE CON BLOOM, LE GRISBI
Distribuzione:NOTORIOUS PICTURES (2018)
Christian Bale | nel ruolo di | Capitano Joseph J. Blocker |
Rosamund Pike | nel ruolo di | Rosalie Quaid |
Wes Studi | nel ruolo di | Capo Yellow Hawk |
Jesse Plemons | nel ruolo di | Tenente Rudy Kidder |
Adam Beach | nel ruolo di | Black Hawk |
Rory Cochrane | nel ruolo di | Sergente Capo Thomas Metz |
Ben Foster | nel ruolo di | Sergente Charles Wills |
Peter Mullan | nel ruolo di | Tenente Colonnello Ross McCowan |
Scott Wilson | nel ruolo di | Cyrus Lounde |
Paul Anderson | nel ruolo di | Caporale Tommy Thomas |
Timothée Chalamet | nel ruolo di | Soldato Philippe DeJardin |
Jonathan Majors | nel ruolo di | Caporale Henry Woodsen |
John Benjamin Hickey | nel ruolo di | Capitano Royce Tolan |
Bill Camp | nel ruolo di | Jeremiah Wilks |
Ryan Bingham | nel ruolo di | Sergente Paul Malloy |
Robyn Malcolm | nel ruolo di | Minnie McCowan |
Scott G. Anderson | nel ruolo di | Muny Scott Anderson |
Stephen Lang | nel ruolo di | Colonnello Abraham Biggs |
Christopher Hagen | nel ruolo di | Sutler |
Q'Orianka Kilcher | nel ruolo di | Elk Woman |
Luce Rains | nel ruolo di | Virgil Lounde |
Stafford Douglas | nel ruolo di | Caporale Molinor |
Richard Bucher | nel ruolo di | Ezekiel Loude |
Rod Rondeaux | nel ruolo di | Derby |
Diana Navarrete | nel ruolo di | Maria |
1892, New Messico. Il leggendario Capitano Joseph Blocker sta per compiere la sua ultima missione prima di ritirarsi: scortare il capo indiano Cheyenne Falco Giallo dal forte dove è prigioniero alla riserva indiana situata nella sua terra d'origine, dove gli è stato concesso di tornare per trascorrere gli ultimi giorni della sua vita. I due rivali affronteranno un lungo viaggio di oltre mille miglia e durante il percorso incontreranno Rosalee, vittima di un attacco indiano di cui è unica superstite, che si metterà in cammino con loro.
"L'epigrafe iniziale tratta da Lawrence indurrebbe al cattivo pensiero di un western condannato al letto di Procuste del politicamente corretto, con la retorica dei nativi angelicati e i soldati blu demonizzati. Nel suo sviluppo ampio e solenne «Hostiles» ne subisce, in effetti, qualche colpo basso, ma il regista riesce per fortuna a fare prevalere nel complesso un piglio più eclettico in grado, per intenderci, di riannodare motivi e atmosfere che dai classici fordiani passano per la darwiniana ferocia di Peckinpah («Sierra Charriba»)e arrivano al vibrante revisionismo di «Balla coi lupi». (...) Nessuno è innocente, nessuno sfugge alla brutalità della lotta per restare vivi (...) mentre lo spettacolo s'esalta grazie all'essenzialità del racconto e dei dialoghi, all'efficacia delle tipologie umane e ai sentimenti a esse collegati (fedeltà, violenza, traumi), alle acmi degli assalti e degli agguati e ai meravigliosi panorami rubati all'infinita vertigine dei grandi spazi americani. La sceneggiatura di Donald Stewart (...) insiste certo sui tratti epici, sul sangue che imbratta corpi e anime, sull'autolesionistica guerra fratricida tra Cheyenne e Comanche, sulla donna che s'unisce al gruppo reduce inebetita da un massacro familiare, sulla musica di Max Richter che scandisce l'azione, ma a volte sembra anche rifugiarsi e confondersi negli echi della wilderness, dal soffio del vento ai nitriti dei cavalli. Ma la corda che risuona più dolorosamente sembra, però, quella crepuscolare: la nostalgia non è più quella di un tempo, neppure per gli ultimi studiosi e appassionati di quello che fu a giusta ragione definito «il genere per eccellenza del cinema americano»." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 marzo 2018) "'Hostiles' è un 'sur-western' tanto benintenzionato in senso ideologico, quanto classico e prevedibile nel percorso narrativo. La sua cifra consiste nell'alternare scene d'azione particolarmente brutali (assai efficaci) con lunghe pause di conversazione sulle colpe e la vendetta, il razzismo e la giustizia. Anche se l'intenzione di risarcire le vittime della colonizzazione è onesta, prevalgono i personaggi bianchi lasciando gli indiani in secondo piano." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 22 marzo 2018) "Sulla base di un copione scritto a suo tempo da Donald E. Stewart, Cooper, pur tenendo conto delle evoluzioni subite dal popolare genere, ha realizzato un western di respiro epico classico. Sia per l'imponente bellezza di un paesaggio che vira dagli ocra delle zone desertiche ai verdi montani (la fotografia porta la firma di Masonubu Takayanagi); sia per lo spessore etico dei protagonisti, il capitano Bale (al solito superbo) che coltiva il principio del dubbio e del rispetto, la vibratile madre Pike deprivata dei figli ma non della sua umanità, Studi guerriero di indiscussa nobiltà. E tuttavia questo impeccabile film possiede indubbia attualità per il modo in cui sottolinea quel problema delle «ostilità» contrapposte che nel mondo odierno continuano a creare muri e a provocare guerre." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 22 marzo 2018) "Siamo dalle parti del western classico, del quale sono riprese tutte o quasi le colonne portanti: il viaggio attraverso la natura selvaggia, le «ombre rosse» che incombono sugli avventurieri, la strage della famiglia di coloni, l'eroe/antieroe segnato dal tempo passato nella wilderness e nella violenza primigenia del West, quel portatore della quintessenza dell'animo americano - «dura e assassina» - a cui fa riferimento la citazione di D.H. Lawrence che apre il film. Ma di quel western originario resta oggi per sempre e necessariamente irripetibile la (magnifica) spregiudicatezza nel sublimare la violenza più atroce nel vero e proprio canto della nascita della Nazione. E anzi il film di Cooper intende proprio recuperare tutti quei passaggi obbligati del western per rivederli alla luce del senno di poi, «ristabilendo» un'ideale verità storica nei confronti del popolo nativo vittima dello sterminio, che si vorrebbe qui rappresentare non più prigioniero del doppio stereotipo buon selvaggio/spietato assassino. Un'ambizione storiografica sottolineata dalla collocazione temporale dei fatti: a due anni dalla chiusura della frontiera storica - e infatti il veterano Blocker si appresta a tornare nel mondo «civilizzato» dell'Est - e un anno prima della pubblicazione delle tesi di Frederick Jackson Turner sull'esperienza della frontiera come «matrice» della democrazia americana. Per farlo Cooper ingabbia però i suoi stessi protagonisti, e la sua storia, in una programmatica imposizione della sensibilità moderna alle terre del West, che emerge in controluce da tutte le dinamiche della narrazione (...) e nelle stesse parole dei personaggi, che si rivolgono ai Cheyenne chiamandoli «nativi», con un'accuratezza lessicale non solo impensabile nel vecchio West ma che ancora oggi manca a buona parte degli occupanti della Casa bianca. Rileggere la storia col senno di poi è forse inevitabile per chi si accinge, oggi, a raccontarla. Ma riscrivere la leggenda nascondendo i suoi insondabili sprofondamenti nell'ingiustizia non è che la manifestazione di uno sguardo che non ha mai smesso di essere intrinsecamente colonizzatore." (Giovanna Branca, 'Il Manifesto', 22 marzo 2018) "(...) un potente film di genere sul declino del militare. Christian Bale rende credibile un personaggio che ha dieci anni più di lui, senza i quali non avrebbe potuto combattere nella guerra civile 1861-65. Col suo sguardo fisso impresso da choc a catena, con la sua voce bassa, pare uno che nella vita ha visto di tutto, ma ben poco di bello. La fotografia di Masanobu Takayanagi ama i paesaggi tanto quanto si odiano coloro che li abitano." (Maurizio Cabona, 'Il Messaggero', 22 marzo 2018) "Torna, graditissimo al pubblico maschile, un po' meno, chissà perché, all'altra metà del cielo, il western. Qui, nella versione più tradizionale, con gli indiani cattivi, come ai tempi gloriosi di John Wayne e Gary Cooper. (...) I dialoghi sono fitti, ma quando le chiacchiere, con inedite, un po' ridicole, pronunce (Apaci, Comenci, Ciaien), lasciano spazio ai frequenti agguati, ecco che la tensione prende decisamente il sopravvento. Insomma due ore, o poco più, piuttosto ben spese, anche per chi non è esattamente un patito del genere. Qualche scena particolarmente violenta potrebbe infastidire gli spettatori più sensibili, ma il fascino del baffutissimo Christian Bale e lo sguardo languido della seducente strabicona Rosamund Pike sono una garanzia." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 22 marzo 2018)
Incasso in euro