SCHEDA FILM

HOMER & EDDIE

Anno: 1989 Durata: 96 Origine: USA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:-

Produzione:MORITZ BORMAN, JAMES CADY PER KINGS ROAD ENTERTAINMENT

Distribuzione:MEDUSA DISTRIBUZIONE (1989) - PENTAVIDEO, MEDUSA VIDEO (PEPITE)

TRAMA

Homer Lanza, un giovane semplice ed un po' tardo per un incidente accadutogli da ragazzino, vive da solo in Arizona in una misera casetta e si mantene facendo il lavapiatti. Un giorno decide di andare nell'Oregon dai genitori, che non vede da anni, poiché ha saputo che suo padre è malato di cancro. Raccolte le sue cose e i suoi risparmi parte, ma ben presto viene rapinato di tutti i suoi averi da due malviventi. Poi incontra casualmente Eddie Cervi, una stramba ragazza di colore che vive di espedienti spostandosi su una vecchia Lincoln e rubando dove capita. I due diventano amici e decidono di andare insieme nell'Oregon. Fra i due strani compagni di viaggio sorgono equivoci e ripicche, ma pian piano entrambi scoprono di avere molte cose in comune: emarginati e rifiutati dalle famiglie, cresciuti senza affetto, costretti a guadagnarsi da vivere in vari modi. Lui è profondamente credente; mentre lei si proclama atea e si abbandona spesso ad invettive contro Dio per la vita infelice che è costretta a condurre e perché ha soltanto un mese di vita, in quanto i medici le hanno diagnosticato il cancro. La ragazza conduce Homer in un bordello per fargli avere un'esperienza sessuale con una poco affascinante prostituta, Esther, sua lontana cugina. Tra furtarelli, rapine e sparatorie Eddie riesce ad avere sempre qualche soldo in tasca con dispiacere di Homer che vorrebbe farla ragionare. Arrivano ad Oakland, dove la giovane rivede la madre che però la invita ad andarsene poiché non ha niente da dirle. Giungono alla fine nell'Oregon a casa di Homer dove apprendono che il padre è morto: Homer è sconvolto. Si reca in chiesa, rivede la salma del genitore, che non l'aveva mai accettato col suo handicap, e viene avvicinato dalla madre che è però fredda con lui. Allora Homer decide di andarsene e va dai vecchi amici che invece lo accolgono con gioia e gli offrono un lavoro. Eddie capisce che Homer è tornato nel suo ambiente e per lei è ora di lasciarlo al suo destino. Si allontana per riprendere la sua strada anche se non più con la rabbia e la disperazione di prima. Entra in un negozio, chiede un'aspirina ma non ha i soldi. Il commerciante vedendo che la ragazza ha una pistola non esita a spararle: la soccorre Homer che la stava cercando. Ma per la ragazza non c'è più niente da fare e al giovane non rimane altro che abbracciarla fraternamente per l'ultima volta.

CRITICA

"Il film va avanti e spesso indietro, come una mini versione di gangster story con la donna che si impossessa violentemente della psicologia dell'uomo, lo porta al bordello, impugna la colt e non esita a fare fuoco, mentre il povero Homer, perdente col sorriso, se ruba le caramelle promette una raccomandata con assegno. L'incrocio caratteriale dovrebbe sviluppare la felicità di un film che rimane invece tutto tra parentesi, con una sceneggiatura di comodo di Patrick Cavallo e una bella fotografia in stile incubo di Amos Koltai. James Belushi e Whoopi Goldberg sono certamente molto bravi, ma nella maniera: e che l'uomo vada a trovare il padre col cancro, e che poi anche la donna confessi di essere malata terminale, ci sembra francamente esagerato, così come il personaggio di Eddie è talmente sopra le righe che va fuori strada, e Homer è così introverso che sembra il fratello di rain man. Finisce malamente, con Eddie colpita a morte durante una delle sue bravate; ma nel frattempo, su una carcassa sgangherata, i due hanno rivisitato molti miti americani, hanno parlato di Dio (e l'hanno anche visto fra la folla) sono diventati amici ma hanno interessato solo a tratti il pubblico, che fatica a capire se il regista punti sul grottesco, ami le rivisitazioni o abbia solo preso un granchio melodrammatico." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 20 Settembre 1989) "'Homer e Eddie' è la storia stravagante e un po' crudele di una coppia di emarginati in un classico road-movie. Ma ha anche l'ambizione di dire due o tre cose sulla violenza della vita quando una malattia confonde o, peggio, annulla il rapporto con gli altri e la illusoria certezza del domani. Homer è un giovane ritardato. Una palla da baseball a quattordici anni gli ha provocato una lesione permanente. A trenta viaggia attraverso il Nevada per raggiungere il padre che sta morendo di cancro e che lo aveva allontanato ai tempi dell'incidente. (...) Konchalovsky è un regista che sa circondare personaggi estremi con ambientazioni complementari, ma non riesce qui ad alleggerire l'atmosfera cupa e dimostrativa che, nonostante l'inconsapevolezza dei personaggi, fa di Homer e Eddie due miserabili Bonnie e Clyde messi in avventura per fornire riflessioni filosofiche sulla vita e sulla morte. Belushi non è l'handicappato modello di Hoffmann fortunatamente, ma ha una visibile difficoltà di coerenza del personaggio. Whoopi Goldberg anche questa volta ha perso la quadratura di 'Il colore viola'." (Silvio Danese, 'Il Giorno', 12 Settembre 1989) "Il mix di tragico e grottesco è sempre e scopertamente stridente. Il risultato è più confuso che provocatorio, più sconcertante che commovente, perché malgrado le trovate e i colpi di scena l'innocenza ferita a morte dei due bravissimi protagonisti è condannata in partenza, dunque priva di vere sorprese mentre l'atteggiamento di Konchalovsky nei confronti del fragile script di Patrick Cirillo resta tutto sommato enigmatico. Adesione o dissacrazione? Rivisitazione esotica o parodia mortuaria di un genere frequentatissimo come il buddy-movie, il film centrato sulle avventure di due estranei che finiscono per diventare amiconi? Più che di rivisitazione bisognerebbe forse parlare di appropriazione, geografica ancor prima che morale. I volti, i gesti, la luce, i paesaggi. Nella corsa senza speranza dei suoi due sciagurati, Konchalovsky incastona qualche cameo omaggio, mette a segno almeno una gag memorabile, ma soprattutto elabora, con la complicità delle strepitose immagini di Lajos Koltai, un'immagine personalissima dell'America, dei suoi immensi spazi come delle sue città da incubo. Vedere per credere la bellissima sequenza dell'arrivo notturno a Oakland, una di quelle scene che da sole valgono un film e che acquista un significato tutto particolare se davvero Konchalovsky, come annunciato, si prepara a tornare in Unione Sovietica." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 14 Settembre 1989)

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