Anno: 2017 Durata: 113 Origine: SVIZZERA Colore: C
Genere:DRAMMATICO
Regia:Samuel Maoz
Specifiche tecniche:2K (1:2.39)
Tratto da:-
Produzione:MICHAEL WEBER, VIOLA FÜGEN, EITAN MANSURI, CEDOMIR KOLAR, MARC BASCHET, MICHEL MERKT PER SPIRO FILMS, POLA PANDORA FILMPRODUKTIONS, A.S.A.P. FILMS, KNM, IN COPRODUZIONE CON BORD CADRE FILMS, IN ASSOCIAZIONE CON ARTE FRANCE CINEMA, ARTE/ZDF
Distribuzione:ACADEMY TWO (2018)
Lior Ashkenazi | nel ruolo di | Michael Feldmann |
Sarah Adler | nel ruolo di | Daphna Feldmann |
Yonathan Shiray | nel ruolo di | Jonathan |
Gefen Barkai | nel ruolo di | Comandante Unità Militare |
Dekel Adin | nel ruolo di | Soldato che fa rotolare lattine |
Shaul Amir | nel ruolo di | Soldato con cuffie |
Itay Exlroad | nel ruolo di | Soldato che balla |
Danny Isserles | nel ruolo di | Ufficiale Esercito |
Itamar Rotschild | nel ruolo di | Ufficiale incaricato della cerimonia funebre |
Roi Miller | nel ruolo di | Ufficiale medico |
Arie Tcherner | nel ruolo di | Ufficiale Alto Rango |
Yehuda Almagor | nel ruolo di | Avigdor, fratello di Michael |
Shira Haas | nel ruolo di | Alma |
Karin Ugowski | nel ruolo di | Madre di Michael |
Ilia Grosz | nel ruolo di | Sorella di Daphna |
Michael e Dafna sono distrutti quando degli ufficiali dell'esercito si presentano alla loro porta per informarli della morte del figlio Jonathan. Michael diventa presto insofferente alla presenza di parenti addolorati troppo assillanti e funzionari militari troppo zelanti. Mentre la moglie riposa sotto sedativi, Michael viene travolto da un vortice di rabbia per poi dover fare i conti con una delle svolte del destino tanto incomprensibili quanto le surreali esperienze militari del figlio.
"(...) un capolavoro di gridata discrezione in cui l'autore sposa pubblico e intimo tracciando un diagramma sulla forza del destino (con antefatto del Fato), oscura trama comandata dal peso assurdo di una guerra senza fine mimata dal soldato ballerino Itay Exlroad. Ma la forza dell'opera sta nel suo rigore formale che non diventa mai estetizzante e comunica anzi la voglia di rompere gli schemi." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 22 marzo 2018) "Foxtrot: avanti-avanti, destra-destra. Fermo. Indietro-indietro, sinistra-sinistra, fermo, un passo dopo l'altro per tornare al punto di partenza. In questo schema Samuel Maoz costruisce il suo nuovo film, che del ballo porta anche il titolo (...). Uno spazio chiuso, anche stavolta, come nel precedente 'Lebanon' (Leone d'oro a Venezia nel 2009) con cui 'Foxtrot' condivide una uguale, studiatissima, logica di «riposizionamento» dell'immaginario (israeliano) rispetto ai suoi soggetti fondanti, il conflitto israelo-palestinese ma non solo pure se in questa cartografia continua a essere il centro (...). Maoz dispone con cura le sue figure, il soldato, l'intellettuale, la diaspora, la memoria assai più labile della Storia, e dunque molto più manipolabile - quanto insomma ha costituito il «bagaglio» dell'immaginario israeliano negli anni - per dirci che no, non c'è una via d'uscita a un passato che non passa, all'errore «originario» di cui tutti finiscono per diventare vittima. Molto facile, assolutorio come direbbe il regista israeliano Eyal Sivan, perché la vittima - da una parte come dall'altra - permette una rappresentazione lineare che giocando sull'empatia (nel film di Maoz di geometrie rarefatte e piacevolezza quasi pop) mette lo spettatore a suo agio offrendogli la catarsi di cui ha bisogno senza conflitto. Nei film dei classici, i «padri» moderni come Amos Gitai questi temi trovavano invece sempre un controcampo, l'assunzione di responsabilità, che Maoz elimina nel tono surreale della sua storia." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 22 marzo 2018) "Samuel Maoz (...) costruisce un dramma in tre atti e moduli stilistici differenti, fra tragedia, grottesco e humour con una dominante luttuosa, intima e spirituale - rilevata dalle note elegiache di 'Spiegel im Spiegel' al piano di Arvo Pärt che non offusca il forte respiro critico verso una società aggressiva e inutilmente guerresca." (Claudio Trionfera, 'Il Messaggero', 22 marzo 2018) "Maoz intende dare un'idea del clima in cui il suo popolo vive. La stessa che alimenta l'andamento surreale del film, diviso in tre capitoli. (...) Maoz parla di caos, destino, colpa, di una condizione di pressione permanente." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 22 marzo 2018) "(...) 'Foxtrot' di Samuel Maoz, costruito in tre atti come una tragedia greca, è una riflessione su fatalità, destino, coincidenze e caos, su ciò che possiamo controllare e ciò che ci sfugge, e mette a confronto due generazioni alle prese con lo stesso trauma, quello di un conflitto che diventa eterna condanna. (...) apologo morale dal doppio colpo di scena che scivola nel teatro dell'assurdo, così presente nella cultura ebraica, e si tinge di amarissimo umorismo." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 23 marzo 2018) "Catartico su ferite profonde e perennemente sanguinanti, 'Foxtrot' è però anche e soprattutto una magnifica opera cinematografica. Vertiginoso di inquadrature in coerenza al contenuto, capace di sorprendere per fulminee variazioni ritmiche e stilistiche, avvalorato da un cast superlativo. E come diversi testi imponenti, questa seconda fatica di Maoz ha spaccato anche la critica: direttamente dal capolavoro al film furbo e pretestuoso, senza passare per mezze misure. D'altra parte 'Foxtrot' è lo specchio emblematico di un Paese fatto di estremismi e contraddizioni, quell'Israele che lo stesso regista sintetizza in un'immagine assoluta quanto ironica, 'arance e soldati morti'." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 23 marzo 2018)
Incasso in euro