Fatti della banda della Magliana2004

SCHEDA FILM

Fatti della banda della Magliana

Anno: 2004 Durata: 95 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:HD PANASONIC

Tratto da:dall'opera teatrale di Daniele Costantini "Chiacchiere e sangue" (2000)

Produzione:MASSIMO MARTINO, GABRIELLA BUONTEMPO, SILVANA SPINA PER ISTITUTO LUCE, GOODTIME ENTERPRISE

Distribuzione:ISTITUTO LUCE (2005)

TRAMA

Realizzato per mezzo della ricostruzione degli atti della Procura di Roma, il film è liberamente ispirato alle vicende relative alla 'Banda della Magliana', un gruppo criminale che ha imperversato a Roma nell'arco di circa quindici anni, dalla metà degli anni '70 fino ai primi anni '90. Le confessioni del boss pentito Luciano Amodio (alter ego di un malvivente realmente esistito) provocano tra i suoi ex-compagni chiamati a testimoniare nell'aula bunker una serie di litigi e screzi. Ognuno, per scagionare se stesso, cerca di raccontare la propria verità e ridimensionare il proprio ruolo, al fine di gettare le responsabilità sugli altri componenti della banda...

CRITICA

" Daniele Costantini ha tradotto in pellicola uno spettacolo teatrale messo in scena nel 2003 sulla rapida scesa e l'altrettanto rapido sgretolamento dei banditi di quartiere che insanguinarono le strade di Roma e un pezzetto della storia d'Italia tra eroina, Kawasaki e feroci omicidi. Lo ha fatto partendo dagli atti processuali riguardanti quelli della Magliana e soprattutto dai verbali del primo vero pentito della banda, Maurizio Abatino, arrestato in Venezuela nel 1992. E lo ha fatto girando 'Fatti della banda della Magliana' dentro il carcere romano di Rebibbia, utilizzando neorealisticamente alcuni detenuti nei panni dei boss di allora e affidando a Francesco Pannofino le confessioni del freddo 'Crispino' davanti al giudice. E' lui che chiamando a testimoniare i suoi ex amici quasi tutti morti, racconta la storia dei bravi ragazzi che per fasi la 'grande mignottona' (Roma) si misero al servizio di poteri occulti, massoni e terroristi neri. Manca qualcosa (l'assassinio di Pecorelli soprattutto, le donne della banda) e il romanesco spinto dei protagonisti trasforma killer di borgata in simpatiche canaglie. Ma al direttore di Rebibbia il film ha ricordato Scorsese. Ai detenuti Pasolini." (Matteo Patrono, 'Il Manifesto', 27 maggio 2005) "Il regista e sceneggiatore Daniele Costantini, infatti, ha trasposto la sua pièce 'Chiacchiere e sangue' che ruota intorno alle confessioni di un boss pentito che provocano lo scompiglio tra gli ex detenuti. Davanti al giudice sfilano il capo della banda e tutto il campionario di una criminalità che in quegli anni imperversava a Roma e non solo a colpi di rapine, grandi furti, omicidi, imprese clamorose e spettacolari. Erano delinquenti spavaldi ed esuberanti che esibivano il loro coraggio, erano orgogliosi della loro inafferrabilità e si muovevano con selvaggia autonomia, prima che la mafia e la camorra diventassero un sistema di potere più sofisticato con una ramificazione di connivenze politiche e economiche. In un unico, angusto spazio si muovono i componenti della banda, quasi tutti morti o condannati all'ergastolo, richiamati come zombie dalla deposizione del capo. In un romanesco borgataro denso di violenza gergale e rabbiosa volgarità, con i protagonisti che parlano al magistrato Leo Gullotta che non si vede mai (viene inquadrato solo nel finale) e quindi guardano continuamente in macchina, il film diventa quasi una parabola brechtiana. Nel ruolo del boss un ottimo Francesco Pannofino, uno dei migliori doppiatori italiani di oggi." (Alberto Castellano, 'Il Mattino', 12 giugno 2005) "Espressionismo de noantri in questo film teatrale, girato con l'aiuto di alcuni ospiti di Rebibbia, dove i componenti della banda della Magliana raccontano a un giudice fatti e fattacci di una malavita disorganizzata tra sequestri e droga, ultima erede degli accattoni pasoliniani mescolati con la violenza destabilizzante neo fascista. Vivi e morti insieme stralciati dal destino litigano in un presente storico che denuncia strane connivenze in un barocco trionfo folk di romanesco coatto. E' qui che s'impantana il flusso narrativo di una curiosa operazione con limitata dinamica filmica, ma in cui si sente però l' amor registico di Daniele Costantini per Kitano e Tarantino anche se ha lavorato con Scola." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 11 giugno 2005)

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