Don't Say a Word2001

SCHEDA FILM

Don't Say a Word

Anno: 2001 Durata: 114 Origine: USA Colore: C

Genere:THRILLER

Regia:Gary Fleder

Specifiche tecniche:PANAVISION, SUPER 35 STAMPATO A 35 MM (1:2.35) - DE LUXE

Tratto da:romanzo "Non dire una parola" di Andrew Klavan (Ed. TEA)

Produzione:FURTHUR FILMS, KOPELSON ENTERTAINMENT, NPV ENTERTAINMENT, NEW REGENCY PICTURES, REGENCY ENTERPRISES, VILLAGE ROADSHOW PRODUCTIONS

Distribuzione:MEDUSA DISTRIBUZIONE

ATTORI

Michael Douglas nel ruolo di Dr. Nathan Conrad
Sean Bean nel ruolo di Patrick Koster
Brittany Murphy nel ruolo di Elizabeth Burrows
Skye McCole Bartusiak nel ruolo di Jessie Conrad
Jennifer Esposito nel ruolo di Detective Sandra Cassidy
Guy Torry nel ruolo di Martin Joseph Dolen
Shawn Doyle nel ruolo di Russel Maddox
Victor Argo nel ruolo di Sydney Simon
Conrad Goode nel ruolo di Max Dunlevy
Paul Shulze nel ruolo di Jake
Lance Reddick nel ruolo di Arnie Carter
Famke Janssen nel ruolo di Aggie Conrad
Oliver Platt nel ruolo di Dottor Louis Sachs
Aidan Devine nel ruolo di Leon E. Croft
Alex Campbell nel ruolo di Jonathan
Daniel Kash nel ruolo di Detective Garcia
Darren Frost nel ruolo di Portiere
David Warshofsky nel ruolo di Ryan
Isabella Fink nel ruolo di Elisabeth a 8 anni
Judy Sinclair nel ruolo di Zelda Sinclair
Larry Block nel ruolo di Usciere
Louis Vanaria nel ruolo di Poliziotto
Philip Williams nel ruolo di Poliziotto
Sam Montesano nel ruolo di Frankie Spaducci
 

SOGGETTO

Klavan, Andrew
 

MUSICHE

Isham, Mark
 

SCENOGRAFIA

Coates, Nelson
 

COSTUMISTA

Mirojnick, Ellen
 

TRAMA

Nathan Conrad è uno psichiatra di New York, con una splendida moglie e una bellissima figlia. Un giorno la sua vita viene sconvolta: un gruppo di criminali, guidati da Koster irrompe in casa sua e gli rapisce la figlia. Koster vuole una cosa sola da Conrad: che riesca ad entrare nella mente di Elisabeth Burrows, una ragazza ricoverata da anni in un manicomio, affinché lei riveli dove si trova un prezioso gioiello frutto di una rapina di dieci anni prima.

CRITICA

"Chi ama il genere si accomodi. Ma ormai questi psicho-thriller tutti colpi bassi e suspense ricattatoria sembrano fatti a macchina. Sempre uguale Michael Douglas. Ingessatura molto sexy per Famke Janssen. (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 aprile 2002) "Non è male l'idea della mente come cassaforte, ma è macchinosa la trappola dei delinquenti ed è un po' maldestro il finale che, per lasciare a Douglas il merito del coraggio e della sfida, rende imbecille la polizia. C'è una fosca atmosfera metropolitana, riuscita, che si deve al regista di 'Cosa fare a Denver quando sei morto' e 'Il collezionista', Con 'Unico testimone' questo terzo film di Fleder compone un dittico tra i titoli in cartellone: thriller di famiglia con padre detective. Potabile". (Silvio Danese, 'Quotidiano Nazionale, 12 aprile 2002) "Il thriller non presenta nulla di particolare, ma (nello stile classico delle storie di un uomo comune coinvolto in imprese criminali contro la propria volontà, per ricatto) è abbastanza ben fatto". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 12 aprile 2002) "Come accadeva in passato, ogni attore di prestigio, dopo una serie di film di successo, si concedeva una tregua interpretando un western. Oggi che questo genere è praticamente scomparso, i grandi divi frequentano il giallo-thriller. Così ha fatto puntualmente in questa occasione Michael Douglas, forse un po' frettolosamente visti i risultati, non proprio memorabili. Ma Gary Fleder già autore di 'Cosa vai a fare a Denver quando sei morto?' e 'Il collezionista', non è uno sprovveduto. Sa incalzare lo spettatore e pertanto sul piano puramente fisico il racconto ha la giusta dose di adrenalina, eppoi New York è fotografata dall'iraniano Amir Mokri con amorevole originalità". (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 14 aprile 2002) "'Don't Say a Word' è una macchina narrativa efficiente quanto superficiale: dove tutto ha la sua prevedibile funzione: un ferro da calza, ad esempio, serve non solo per grattarsi dentro l'ingessatura, ma anche per infilzare i malviventi. E tanto peggio se il film contraddice il principio-base del thriller: fare incontrare una situazione eccezionale con un protagonista normale. Evidentemente (e con buona pace di Brecht) abbiamo ancora molto bisogno di eroi". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 20 aprile 2002)

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