SCHEDA FILM

DESIDERANDO GIULIA

Anno: 1986 Durata: 92 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA A COLORI

Tratto da:ISPIRATO A "SENILITA' " DI ITALO SVEVO

Produzione:FILMES INTERNATIONAL DANIA FILM NATIONAL CINEMATOGRAFICA

Distribuzione:MEDUSA DISTRIBUZIONE (1986) - AVO FILM

TRAMA

Emilio è un uomo solo senza uno scopo preciso nella sua vita: ha scritto un libro 10 anni fa ma da allora l'ispirazione se ne è andata ed egli si arrangia correggendo manoscritti di autori alla ricerca di successo. Così incontra Stefano, giovane promettente letterato, la cui opera inizia a correggere: tramite lui incontra Giulia, una ragazza bellissima quanto ambigua che lo colpisce immediatamente. Emilio all'inizio si illude che si tratti solo di un'infatuazione passeggera poichè Giulia non gli promette nulla e continua a condurre la sua vita disordinata di attrice di spot pubblicitari piena di uomini più o meno raccomandabili. Ma il mancato scrittore deve ricredersi: egli non può fare a meno di Giulia, la segue dappertutto, la spia, accetta per amore suo i compromessi più degradanti. Sua sorella Amalia, legata a lui da un affetto morboso, avverte questa profonda crisi di Emilio e questo suo inesorabile e progressivo allontanamento da tutto e da tutti. Ella cede alla corte ironica di Stefano, credendo che egli le voglia bene. Invece il giovane, non appena riesce a far fortuna col suo libro, si affretta a prendere le distanze sia da Amalia, che gli è solo di impaccio, sia da Emilio, che non gli serve più. Nel frattempo Emilio è sempre disperato: Giulia, della quale è innamorato più che mai, si rivela bugiarda, viziosa e persino dedita alla droga. Nonostante ciò non riesce a lasciarla. Amalia vistasi sola, abbandonata sia da Stefano sia dal fratello preso dalla sua passione violenta, si uccide: Emilio alla notizia della morte della sorella si rifugia nella vecchia casa di famiglia, che rivela ogni giorno di più la sua decadenza. Non ha voglia di fare nulla; la solitudine più nera lo avvolge completamente. Viene a trovarlo Giulia, ma solo per poche ore: la donna, presa dalla sua vita frenetica, lo lascia di nuovo e stavolta è per sempre.

CRITICA

"Buon per Italo Svevo che la sfrontatezza degli autori non è arrivata al punto di definire il film liberamente tratto da 'Senilità'. Benché il suo pubblico d'elezione con molta probabilità ignori sinanco il nome di Svevo lo scrittore triestino si sarebbe rivoltato nella tomba sentendo chiamare Emilio Brentani, Amalia e Stefano (ma Angiolina è stata ribattezzata Giulia) i personaggi d'un film che, portando l'azione ai nostri giorni, tenta di trasferire sullo schermo la distruttiva passione su cui s'incentra il romanzo, e miseramente fallisce.(...) Un pizzico d'ambizione il film rivela nella scenografia, ma per il resto è un disastro: fatto al risparmio con dialoghi risibili, un gelido erotismo, e una Serena Grandi, la più sgraziata delle nostre attrici, che sopperisce alla sua volgarità con una inespressività da manuale. Le tengono bordone il belga Johan Leysen, campione di tontaggine, Sergio Rubini e Valeria D'Obici, costretta anch'essa, poverina, a denudarsi." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 20 Settembre 1986) "'Desiderando Giulia', tediosa trasposizione nella Roma contemporanea di 'Senilità' di Italo Svevo rappresenta finora il punto più basso della carriera erotico-letteraria della bella ex Miranda. Reduce da un film apprezzato a Venezia '83, 'Flipper', il 33enne regista televisivo Andrea Barzini si misura qui con il frequentatissimo tema della crisi di un intellettuale 40enne (Emilio) a contatto con una donna più giovane e sconvolgente di lui (Giulia). Con effetti, soprattutto imputabili all'imbarazzante prova del protagonista Johan Leysen, quasi ridicoli, ai limiti della più abborracciata telenovela: dove anche un'attrice di talento come Valeria D'Obici (l'infelice Amalia sorella suicida di Emilio unica vera vittima di un clima esistenziale malsano) nuota disperatamente contro corrente. L'unica a salvarsi è proprio Serena Grandi: non tanto per il banale motivo che comunque per lei valgono le sue fattezze sempre più che apprezzabili, quanto perché anche stavolta passa attraverso il film con disarmante naturalezza; a dispetto di un dialogo di involontario (e anche telefonato) umorismo, e nonostante il disegno dei caratteri sfiori a più riprese una surreale necrofilia." ('Il Giorno', 20 Settembre 1986) "Tra ambizioni serie e una pari voglia di far cassetta, la storia si sviluppa senza molti imbarazzi nella seconda direzione, lasciandosi lungo la strada qualche alibi (i movimenti raffinati di macchina, il professionismo di Johan Leysen, le ombre d'una ambientazione esausta, malata di decadenza) dell'opera d'autore. Il film erotico che sta dentro il film drammatico prende il sopravvento, e l'impronta affascinante di Svevo resta un ricordo intrigante di situazioni o di nomi, ma poc'altro. Serena Grandi, che è il sogno di carne e d'innocenza dell'intellettuale, si muove a proprio agio nella prolungata esposizione di tutti i particolari anatomici, pero mostra alcune rarefazioni espressive quando deve dar corpo al mistero ambiguo del suo personaggio. Certo appare più ricco e scavato il lavoro di Leysen, il professore di 'Je vous salue, Marie'. Dopo Goldoni ('Miranda') e ora Svevo, le incursioni letterarie della Grandi stanno diventando un filone promettente, forse con qualche rischio di monotonia. Il corpo d'una donna, alla fine, non ha molte novità di rivelare." ('La Stampa', 7 Settembre 1986)

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