Dead Man Walking - Condannato a morte1995

SCHEDA FILM

Dead Man Walking - Condannato a morte

Anno: 1995 Durata: 120 Origine: USA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Tim Robbins

Specifiche tecniche:-

Tratto da:libro omonimo di Helen Prejean

Produzione:JON KILIK, TIM ROBBINS, RUDD SIMMONS PER HAVOC - POLYGRAM FILMED ENTERTAINMENT - WORKING TITLE FILMS

Distribuzione:UIP (1996) - RCS FILMS & TV

ATTORI

Susan Sarandon nel ruolo di Suor Helen Prejean
Sean Penn nel ruolo di Matthew Poncelet
Robert Prosky nel ruolo di Hilton Barber
Lois Smith nel ruolo di Madre di Helen
R. Lee Ermey nel ruolo di Clyde Percy
Celia Weston nel ruolo di Mary Beth Percy
Scott Wilson nel ruolo di Cappellano Farley
Roberta Marxwell nel ruolo di Lucille Poncelet
Margo Martindale nel ruolo di Suor Colleen
Barton Heyman nel ruolo di Capitano Beliveau
Steve Boles nel ruolo di Serg. Neal Trapp
Nesbitt Blaisdell nel ruolo di Secondino Hartman
Ray Aranha nel ruolo di Luis Montoya
Larry Pine nel ruolo di Guy Gilardi
Gil Robbins nel ruolo di Vescovo Norwich
Kevin Cooney nel ruolo di Governatore Benedict
Clancy Brown nel ruolo di Agente di polizia
Adele Robbins nel ruolo di Infermiera
Michael Cullen nel ruolo di Carl Vitello
Peter Sarsgaard nel ruolo di Walter Delacroix
Missy Yager nel ruolo di Hope Percy
Jenny Krochmal nel ruolo di Emily Percy
Jack Black nel ruolo di Craig Poncelet
Jon Abrahams nel ruolo di Sonny Ponchelet
Arthur Bridgers nel ruolo di Troy Poncelet
Steve Carlisle nel ruolo di Fratello di Helen
Helen Hester nel ruolo di Sorella di Helen
Raymond J. Barry nel ruolo di Earl Delacroix
Eva Amurri nel ruolo di Helen a 9 anni
 

SOGGETTO

Prejean, Helen
 

SCENEGGIATORE

Robbins, Tim
 

MUSICHE

Robbins, David
 

MONTAGGIO

Churgin, Lisa Zeno
 

SCENOGRAFIA

Hoover, Richard
 

TRAMA

Il giovane Matthew Poncelet, condannato a morte in Louisiana, scrive alla suora Helen Prejean per avere colloqui ed assistenza in carcere. Con l'amico Carl Vitello, ora all'ergastolo, il giovane ha ucciso una notte due fidanzati che si erano appartati in un bosco. Vitello, avendo tanto denaro ha potuto scampare con validi avvocati alla pena capitale, mentre Matthew è stato condannato a morte. Con l'approvazione dei suoi superiori, suor Helen (che svolge i propri compiti in un centro di servizi sociali) si appresta all'insolita missione. Matthew è un tipo sprezzante, un bullo, ma in realta è disperato e dopo qualche contatto la suora entra in crisi. Tuttavia visita la madre del detenuto, Lucille Poncelet (con altri figli minorenni a carico cui provvedere) e raccoglie notizie ed elementi sull'infanzia del giovane, che ha contro l'opinione pubblica, la stampa e la televisione, oltre che i comitati favorevoli alla pena di morte. La minoranza invece, contraria alla barbarie delle esecuzioni in carcere, lotta invano. Ingaggiato un solerte difensore, vengono attivati gli ultimi strumenti giuridici utilizzabili, tra i quali la domanda di grazia al Governatore dello Stato, che la nega. Suor Helen contatta i familiari delle due vittime: Earl Delacroix per il giovane Walter; Clyde e Mary Beth Percy per la figlia Hope, violentata e straziata prima dell'assassinio. Costoro non comprendono come la suora possa "difendere" un criminale, non riescono ad accettare l'idea di perdonarlo. Malgrado lo scarsissimo tempo residuo, Matthew ha qualche cedimento: le parole della sua assistente spirituale e la Bibbia che lei gli ha dato cominciano ad avere effetto mentre le visite e l'evidente stato di angoscia e di crisi della suora aprono spiragli nel suo cuore. Suor Helen ottiene di poter assistere alla terribile prova dell'esecuzione pubblica, perché lui la vuole vicina: alla vigilia e fra le prime lacrime le confessa che lei soltanto ha dimostrato di volergli bene. Già legato al lettuccio per essere sottoposto ad iniezioni di sostanze chimiche secondo le norme in vigore per l'esecuzione, le ultime parole di Matthew sono una richiesta di perdono ai parenti presenti, la confessione della propria delittuosa complicità (ha ucciso il ragazzo e ha violentato Hope) e la dichiarazione di affetto a quella suora che tende fino alla morte la propria mano verso di lui.

CRITICA

"La bravura della Sarandon è venata da un eccesso di esaltazione penitenziale, con implicito pericolo (soprattutto in sottofinale) di patetismo retorico; mentre quella di Sean Penn è eccelsa senza riserve, anche considerando come la macchina da presa gli incomba per gran parte del film a distanza di primissimo piano... Tutta una serie di sfumature impercettibili, finissime ambiguità, viscerali introversioni, sguardi disarmanti ora torvi concorrono a confermarlo come gigante del neo-giovanilismo hollywoodiano." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 20 marzo 1996) "Ha un bel darsi coraggio l'intrepida protagonista, che della suora ha tutto tranne l'abito, per venire a capo dell'enigma psicologico costituito dal tipaccio che ha di fronte, tanto più che c'è da tener conto anche del dolore dei familiari delle vittime. Ai quali, scoccando l'ora fatale, lo Stato riserva un posto in prima fila per assistere all'omicidio legalizzato: nel libro tramite sedia elettrica, nel film più asetticamente con un'iniezione letale. E' nella puntualizzazione di questi orrendi particolari che Dead Man Walking (è il grido del carceriere che annuncia l'ultima passeggiata del condannato dalla cella al patibolo) raggiunge i suoi momenti più conturbanti senza svelare la falsariga di una tesi precostituita. Via Crucis. Ed è ammirevole come Susan Sarandon si faccia pellegrina della via crucis senza un filo di trucco, motivata da una contagiosa partecipazione emotiva: mentre dall'altra parte del cristallo di protezione, ammanettato e con lo sguardo sfuggente l'introverso Penn riesce a conferire tutta l'umanità possibile a un assassino che ha compiuto il più disumano dei crimini. Insommma, pur sapendo come andrà a finire il film si segue con il cuore in gola; ed è un peccato che proprio in sottofinale, rompendo la consegna del rigore con musiche emollienti e un paio di inciampi nel patetismo, Tim Robbins abbia concesso alla star, sua moglie nella vita, qualche primo piano in più." (Tullio Kezich, 'Corriere della sera', 16 marzo 1996) "La direzione di Tim Robbins, che come regista ha fatto un gran balzo in avanti dal pur interessante Mister Robbins, è sostenuta dalle eccellenti interpretazioni di un bravo Sean Penn, odioso e ambiguo, e di Susan Sarandon, che affronta impavidamente la cinepresa a faccia nuda di trucco e si dimostra l'attrice sensibilissima di sempre. Ma il cuore del film è contenuto nei quindici minuti del prefinale: un'agghiacciante registrazione delle nude e semplici procedure dell'esecuzione, che in Louisiana avviene per iniezione. I rituali meticolosi, burocratici, medici, di questo omicidio di stato parlano da soli." (Irene Bignardi, 'La Repubblica', 16 marzo 1996) "Tim Robbins seguendoli molto da vicino in cifre sempre tetre, con atmosfere pesanti come cappe di piombo, ha forse un po' ecceduto nelle perorazioni (il libro di Suor Hellen era più secco), non è riuscito a trovare il finale giusto (accettandone almeno due o tre) e nella duplice descrizione del ricordo del delitto ha forse passato qualche limite di sobrietà e di misura; ma anche così il film rimane nobile e accorato, nell'ambito di un cinema serio saldamente sorretto da una buona causa e acceso - in quelle pagine prima di concludere in cui si descrivono le modalità dell'esecuzione - da una violenza gelida che prende più alla gola degli omicidi pur così orrendi rappresentati prima. Suor Hellen è Susan Sarandon che, moglie del regista, resta forse più in campo di quel che sarebbe necessario: con una vitalità, però, una sensibilità e una forza che suscitano ogni volta ammirazione. Di fronte a lei Sean Penn, nel suo ruolo fino ad oggi più ingrato: espresso in tutta la sua negatività più sgradevole." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 20 marzo 1996)

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