SCHEDA FILM

Confortorio

Anno: 1992 Durata: 85 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Paolo Benvenuti

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:tratto da una ricerca storica di Simona Foà

Produzione:ANDREA DE GIOIA PER ARSENALI MEDICEI (PISA, RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA (RAI TRE)

Distribuzione:UCCA, LAB 80 FILM

ATTORI

Emidio Simini nel ruolo di Provveditore
Emanuele Carucci Viterbi nel ruolo di Abramo Cajavani
Franco Pistoni nel ruolo di Angeluccio Della Riccia
Adriano Jurissevich nel ruolo di Domenicano
Marcello Bartolomei nel ruolo di Il notaio
Gianfranco Biagi nel ruolo di Il governatore
Giovanbattista Cardellini nel ruolo di Arcivescovo Gamberucci
Dario Marconcini nel ruolo di Il frate cappuccino
Lucia Bartalini nel ruolo di Suora
Luisa Maria Varetto nel ruolo di Suora
Atos Davini nel ruolo di Sagrestano Cicciaporci
Mario Delli nel ruolo di Il secondo sagrestano
Gianni Lazzaro nel ruolo di Il neofita Costanzi
Fabrizio Primucci nel ruolo di Il gesuita
Stefano Bambini nel ruolo di Il carnefice
 

SOGGETTO

Foà, Simona
 

MONTAGGIO

Benvenuti, Mario
 

SCENOGRAFIA

Barbi, Paolo
 

COSTUMISTA

Scarlatti, Marta

TRAMA

Storia vera di due ragazzi ebrei condannati a morte per furto nella Roma del 1736, sotto il Pontificato di Clemente XII. Secondo la consuetudine, la notte prima dell'esecuzione, i condannati devono ricevere l'assistenza spirituale dei padri confessori dell'Arciconfraternita di San Giovanni Decollato. Poiché i due ragazzi sono di religione ebraica, gli ecclesiastici tentano in ogni modo di convertirli e di far sì che rinneghino la loro fede, abbracciando - almeno in punto di morte - il cristianesimo. I due popolani, ladri e analfabeti, lottano per morire come sono vissuti...

CRITICA

"Alla straordinaria ispirazione fotografica corrispondono un'attenzione e un equilibrio particolare con i quali si muove l'autore toscano sul delicato tema dell'eterno conflitto fra potere e coscienza che 'Confortorio' inevitabilmente inscena. Un equilibrio tale che gli consente di disegnare in eguale maniera le figure dei padri confortatori e dei due giovani ebrei.(...) Ma, risparmiato ai due giudei il ruolo di eroi e dispensati da quello di carnefici i monaci esecutori della sentenza, Benvenuti ci offre entrambe le parti come ingranaggi di uno stesso ingiusto sistema verso il quale è rivolta la vera accusa di 'Confortorio'. Un film-denuncia quindi che si schiera apparentemente contro qualsiasi potere cieco e precostituito come era quello clericale dell'epoca. In questo senso, nonché in considerazione dell'attenzione rivolta al problema dell'identità, oltre che allo svolgimento non convenzionale e al valore delle riflessioni che stimola, l'opera seconda di Benvenuti evita l'occasione di trasformarsi in un film anonimo e opportunista, categoria di cui il nostro cinema recente è fin troppo popolato." (Paolo Magini, 'Attualità Cinematografiche') "Si presenta un film apparentemente lontanissimo dalla vita di oggi. 'Confortorio' di Paolo Benvenuti. Benvenuti incarna in modo antiretorico la vitalità di un cinema lontano da Roma e da tutti i veri o presunti vizi di un cinematografo all'ombra dell'Istituzione; è impiegato comunale di mestiere, attento ricercatore delle culture povere per vocazione, e di tanto in tanto (suo era 'Il bacio di Giuda') cineasta indipendente per necessità espressiva e per irruenza civile. Egli ha tratto spunto, e motivo di collaborazione con l'autrice, da uno studio di Simona Foà sugli ebrei nella Roma settecentesca e papalina. Si è chiuso con la piccola troupe e i pochi attori negli splendidi interni di una certosa pisana ed ha messo in scena nella chiave di una sensibilità figurativa plastica, cromatica che gli viene dalla sua formazione di pittore - il minuscolo grandissimo dramma di una coppia di poveri diavoli." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 10 dicembre 1992) "In un clima di risorgente antisemitismo, questo film, povero (400 milioni) eppure figurativamente prezioso e assai bene interpretato, acquista un significato esemplare di parabola sulla tolleranza. Ma in verità Benvenuti, pittore e studioso d'arte con trascorsi politici di sessantottardo estremista ci è sembrato più interessato a polemizzare didatticamente alla Rossellini contro il pentitismo che a misurarsi alla Dreyer sui grandi temi dello spirito. Probabilmente proprio la costruzione a tesi, oltre a una certa piattezza drammaturgica, conferiscono al film un qualche schematismo." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 15 gennaio 1993)

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