Come il vento2012

SCHEDA FILM

Come il vento

Anno: 2012 Durata: 110 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Marco Simon Puccioni

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:liberamente ispirato alla vita di Armida Miserere

Produzione:GIAMPIETRO PREZIOSA E MARCO S. PUCCIONI PER INTELFILM /LES FILMS DU PRESENT IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA, IN ASSOCIAZIONE CON RED CARPET, AMOVIE E REVOLVER

Distribuzione:AMBI PICTURES

ATTORI

Valeria Golino nel ruolo di Annida Miserere
Filippo Timi nel ruolo di Umberto Mormile
Francesco Scianna nel ruolo di Riccardo
Chiara Caselli nel ruolo di Rita
Marcello Mazzarella nel ruolo di Stefano
Salvio Simeoli nel ruolo di Antonio
Giorgia Sinicorni nel ruolo di Isabella
Vanni Bramati nel ruolo di Maurizio
Enrico Silvestrin nel ruolo di Comandante Lodi
Mattia Mor nel ruolo di Fabio
Vanni Fois nel ruolo di Cossu
Diego Migeni nel ruolo di Agente Pianosa
Gerardo Mastrodomenico nel ruolo di PM Cardi
Francesco Acquaroli nel ruolo di Comandante Pianosa
Rosa Pianeta nel ruolo di Cristina
Pino Calabrese nel ruolo di Patruno
 
 
 

SCENOGRAFIA

Frigato, Emita
 

COSTUMISTA

Polverelli, Ginevra

TRAMA

Storia di una delle prime donne direttrici di carcere, Armida Miserere, chiamata a dirigere i penitenziari più "caldi" d'Italia a contatto con i peggiori criminali, terroristi e mafiosi del nostro tempo. Una donna condannata dalla perdita del suo amato a vivere una vita al limite, in cerca, fino alla fine, di giustizia e amore nel sistema penitenziario. Armida, infatti, è una donna in prima linea e la sua carriera nell'amministrazione penitenziaria inizia a metà degli anni Ottanta. Umberto Mormile, invece, è un educatore impegnato nei primi esperimenti di teatro in carcere. Il loro amore nasce nel piccolo teatro del carcere in cui lui mette in scena i primi spettacoli con i detenuti. Ben presto, Armida e Umberto vanno a vivere insieme, circondati dall'affetto di pochi amici, sognando un figlio e un futuro insieme. Tuttavia, la posizione di educatore porta Umberto ad essere molto vicino ai detenuti, esponendolo a pressioni e tentativi di corruzione fino a quando, una mattina di aprile, poco prima della Pasqua del 1990, viene affiancato al semaforo e ucciso mentre va al lavoro. Il mondo di Armida va in pezzi, ma lei si getta a capofitto nel lavoro, trovando anche il coraggio e l'ostinazione per cercare i colpevoli dell'omicidio del suo compagno. Nel frattempo, gli spettacolari attacchi della mafia allo Stato italiano hanno inizio e Armida, che non ha più nulla da perdere, si mette in evidenza come uno dei direttori più fermi e corretti dell'amministrazione. Viene così mandata in prima linea a Pianosa, il supercarcere riaperto per sorvegliare i mafiosi più pericolosi. Unica donna in un ambiente esclusivamente maschile, Armida applica la legge senza deroghe, riceve critiche e intimidazioni, ma non si fa impaurire guadagnandosi il rispetto dei suoi uomini. Undici anni dopo la morte di Umberto, durante un maxi processo alla 'ndrangheta in Lombardia finalmente emerge la verità. Tutto corrisponde a quanto Armida aveva sempre sospettato: Umberto è stato ucciso per non essersi lasciato corrompere da un boss, anche se il fango che i pentiti gettano sulla figura dell'uomo sono insopportabili. Armida non regge il peso di un processo che scava in modo impietoso né le continue minacce alla sua persona. Sempre più delusa dall'umanità, comincia ad essere stanca e demotivata nonostante la stima che riceve sul lavoro. Fino a quando, dopo averla evocata e corteggiata in più occasioni, Armida progetta la sua morte con meticolosità.

CRITICA

"Armida Miserere fu tra le prime donne a dirigere carceri di massima sicurezza passando dal Nord al Sud tra disperazione e l'impotenza sociale, vedova dell'amato Umberto (Filippo Timi) sul cui assassinio indaga a vuoto. Un bel melodramma civile di Puccioni in cui la Golino si tramuta negli occhi e nel respiro, intagliando con dolore una figura non dimenticabile, vittima dell'ormai omologata corruzione e carente di affetto." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 28 novembre 2013) "Armida Miserere fu il primo direttore di carceri donna. Trascorse la sua esistenza professionale e privata in perpetui spostamenti di case di reclusione da Lodi a Pianosa, dal palermitano Ucciardone a Sulmona, dove nel 2003 si tolse la vita. Impossibile le era diventato sopravvivere al dolore per aver perso il compagno Umberto, trucidato a sangue freddo nel 1990 vittima di un complotto. Con attenzione ai dettagli di una personalità complessa e contraddittoria, Puccioni ripercorre gli ultimi 13 anni della vita della Miserere, declinando il genere biopic su un dramma 'sensoriale' ove la tragedia di una donna si apre all'empatia universale. Sullo sfondo un'Italia sempre più decadente nella salvaguardia del sistema carcerario ma anche reattiva rispetto alla criminalità organizzata (Armida coopera all'arresto di Brusca) emerge un personaggio potente e fragile, mirabilmente ritratto da Valeria Golino in una delle sue migliori interpretazioni. Da non perdere." (Anna Maria Passetti, 'Il Fatto Quotidiano', 28 novembre 2013) "Misurato, asciutto dramma, da una storia vera. Ha trentasei anni Armida Miserere nell'89 quando va a dirigere il carcere di Opera. È grintosa, ma non tollera violenze. Ama Umberto Mormile, educatore nella stessa prigione, poi ucciso in un agguato. Trasferita qui e là, lavora con passione, ma ormai è morta dentro. Una donna coraggiosa e infelice, resa bene da Valeria Golino, bisognosa d'affetto e amante di cani e sigarette (ne fuma diciotto in meno di due ore)." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 28 novembre 2013) "Grande prova di Valeria Golino, ruolo difficile, da costruire in un ambiente complesso come il mondo carcerario giudiziario, intensamente metabolizzato (e Timi è non meno convincente). È la prima cosa da dire di questo ritratto angoscioso e commovente di Armida Miserere, direttrice di istituti di pena, da Opera a Pianosa, tra gli anni '90 e il 2003, quando, sfiduciata e disperata per l'assassinio intimidatorio del suo compagno, si suicidò. Regia, sceneggiatura, cast e scenografi hanno in pugno le regole di un mondo, la luce, i tempi, e il temperamento di un personaggio tenace e insieme fragile. Nella parabola di Armida il film riesce a illuminare il profilo malsano di un Paese, dal maschilismo omertoso all'isolamento del potere declinato al femminile." (Silvio Danese, 'Nazione - Carlino - Giorno', 6 dicembre 2013)

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