SCHEDA FILM

Cimitero vivente 2

Anno: 1992 Durata: 97 Origine: USA Colore: C

Genere:HORROR

Regia:-

Specifiche tecniche:NORMALE A COLORI

Tratto da:-

Produzione:RALPH S. SINGLETON PER PARAMOUNT

Distribuzione:UIP (1993) - CIC VIDEO

TRAMA

In presenza del figlio Jeff, muore sul set l'attrice Renée Hallow. Il marito, Chase Matthews, veterinario, la fa seppellire nella città natale, nel Maine, dove si trasferisce riaprendo un vecchio dispensario per animali. A scuola Jeff, che mal sopporta la governante Marjorie Hargrove, fa amicizia con Drew, figliastro dello sceriffo Gus Gilbert, antico rivale in amore di Chase, che ha sposato Amanda. Intanto a scuola il maligno Clyde inizia a tormentare Jeff e a picchiarlo. Poiché Zowie il cane di Drew, attaccando i conigli di Gus, è stato ucciso, Drew e Jeff vanno a seppellire il cane presso un cimitero indiano, dove si dice i morti risorgano. Il cane ritorna trasformato in zombie, e quando Gus picchia il figliastro perché è rincasato tardi, Zowie lo attacca e lo uccide. Drew e Jeff seppelliscono Gus nel cimitero. Mentre Zowie morde Chase, Gus riappare massacrando dapprima Clyde e poi insegue Drew e Amanda e li fa andare a infrangersi con l'auto contro un camion. Non contento, va a far risorgere Clyde, e disseppellisce Renée e la porta al cimitero indiano, aiutato da Jeff, che in seguito spiega la faccenda al padre. Costui, insospettito dall'esame del sangue di Zowie e allertato dall'ex titolare del dispensario sui poteri dell'antico cimitero, cerca il cane ma trova Gus e, con un colpo di pistola in testa, riesce a fermarlo. Renée riappare e uccide la governante. Mentre il padre la respinge e viene colpito, Jeff cerca di eliminare Clyde, tornato per ucciderlo. Nel rogo finale, acceso da Renée, costei perisce mentre Jeff trascina via a stento il padre ferito.

CRITICA

"Perché questo 'Cimitero vivente' è proprio un film noioso, mancato, pensato orribilmente sui tavolini della Paramount. Anche i particolari più raccapriccianti, non arrivano mai al bersaglio dello spettatore. La lista delle nefandezze è prevista, i caratteri, per non dire le psicologie, sono stereotipati, i ragazzini antipatici, infelici e ambigui, perché l'autrice dice che si tratta di un ammonimento per i giovani d'oggi. Bisogna accontentarsi di qualche tenerezza canina o felina, e di qualche effettino speciale 'ino' 'ino' o di attori dal fascino della Tv. Chi vuole potrà riconoscere nel piccolo Jeff, Edward Furlong, il ragazzo che sta al fianco di Schwarzenegger in 'Terrninator 2', mentre il papà è Anthony Edwards. Il più a posto della compagnia." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 25 agosto 1993) "Mary Lambert, che aveva firmato anche il film visto nell'89, ha scritto e diretto una storia piuttosto abile nel suo genere, rifacendosi a caratterizzazioni dei personaggi ampiamente codificate ma usate con innegabile sagacia: l'amico pacioccone, i compagni di scuola violenti e crudeli, lo sceriffo brutale e sadico, la giovane governante sciocchina, ecc. Questo, per quanto riguarda la parte umana della storia, anche per il resto che è poi quello che conta per i fans dell'horror, a cui forse non importa più di tanto la dimensione normale, mentre è basilare quella terrorizzante anche su questo versante l'ineffabile signora regista conferma di saperci fare: costruisce abilmente la progressione dell'incubo e segue le regole del gioco che esigono che si vada sul pesante." (Mario Milesi, 'Bergamo Oggi', 29 agosto 1993) "Anche in 'Cimitero vivente 2', sequel già estenuato del primo capitolo, il cuore della storia è il famigerato cimitero indiano che offre indegna e provvisoria sepoltura ai defunti. A dare un tragico seguito alla fosca e antica leggenda che aleggia su quel luogo stregato è stavolta un ragazzino privato precocemente dell'affetto della mamma, un'attrice rimasta vittima di un atroce incidente di set. E' attorno al dolore insublimabile di Jeff che si dipana la tragica matassa di decessi e resurrezioni alternati in una sorta di nevrotica routine necrofila, ormai priva d'ispirazione e blandamente sfiorata dal grottesco. Del tocco alato della Lambert resta però qualche traccia residua nella sequenze più visionarie e nella scelta delle musiche, entrambe soverchiate spesso da makeup discretamente sanguinolenti e non del tutto privi di estro." (Stefano Martina, 'Il Messaggero', 21 settembre 1993)

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