Chloe - Tra seduzione e inganno2009

SCHEDA FILM

Chloe - Tra seduzione e inganno

Anno: 2009 Durata: 96 Origine: CANADA Colore: C

Genere:THRILLER

Regia:Atom Egoyan

Specifiche tecniche:35 MM (1:1.85) - DE LUXE

Tratto da:-

Produzione:THE MONTECITO PICTURE COMPANY, STUDIO CANAL

Distribuzione:EAGLE PICTURES (2010)

ATTORI

Julianne Moore nel ruolo di Catherine Stewart
Liam Neeson nel ruolo di David Stewart
Amanda Seyfried nel ruolo di Chloe
Nina Dobrev nel ruolo di Anna
Max Thieriot nel ruolo di Michael Stewart
Laura DeCarteret nel ruolo di Alicia
Meghan Heffern nel ruolo di Miranda
Mishu Vellani nel ruolo di Julie
R.H. Thomson nel ruolo di Frank
Julie Khaner nel ruolo di Bimsy
Natalie Lisinska nel ruolo di Eliza
Tiffany Lyndall-Knight nel ruolo di Trina
Rosalba Martinni nel ruolo di Maria
 

SCENEGGIATORE

Wilson, Erin Cressida
 

MUSICHE

Danna, Mychael
 

MONTAGGIO

Shipton, Susan
 

SCENOGRAFIA

Barker, Phillip
 

COSTUMISTA

Hanson, Debra

TRAMA

Catherine e David sono sposati da tempo e hanno un figlio di 17 anni, Michael. Apparentemente sembrano una coppia tranquilla e professionalmente appagata, ma in realtà Catherine ha iniziato a sospettare che suo marito la tradisca. Per liberarsi da questa ossessione, la donna decide di mettere alla prova il marito ingaggiando una prostituta di nome Chloe. Tuttavia, Catherine ben presto resterà invischiata nella sua stessa trappola e metterà in pericolo tutta la sua famiglia.

CRITICA

"L'ultimo film bello del regista canadese, nato al Cairo da una coppia di pittori di origine armena, è - a giudizio di chi scrive - 'Il dolce domani' del 1997, di poco preceduto da 'Exotica", vibrante, sensuale e intenso. Dopo Egoyan s'è un po' perso, anche se molte erano le aspettative. Quest'ultimo film (storia di tradimenti, seduzioni, inganni e accuse) non sembra riportarlo in auge bensì lo schiaccia nell'orizzonte dei registi dl talento che devono rispondere al mercato per vivere, anche se lo fanno con assoluta dignità e rigore." (Dario Zonta, 'L'unità', 12 marzo 2010) "A noi una dose di soffusa morbosità alla Atom Egoyan fa sempre piacere. E' come incontrare nuovamente un vecchio amico, uno di quei cineasti/autori per cui in Italia sono nati i circuiti d'essai anni 80-'90 che, a loro volta, hanno perpetuato l'idea di autorialità ben oltre la data di scadenza posta sul retro. Egoyan ha girato 'Chloe' rispolverando quella basilare perturbazione erotica che soggiace ad ogni suo film, ridando vigore a quell'attenta analisi esplorativa e compositiva di spazi e superfici visibili entro i bordi del quadro che ne ha caratterizzato ogni tappa in carriera. (...) 'Chloe' diventa un film da seguire ben oltre dialoghi e intreccio narrativo. Il sinuoso e misterioso incedere, nell'esplorare gli incontrollabili anfratti della menzogna umana, diventa così un discorso volutamente visivo ed espressivo. La macchina da presa di Egoyan disegna sempre pulite traiettorie di sguardo, tanto che, oltre a rigorosi campi e controcampi, molte inquadrature d'insieme si arricchiscono di superfici trasparenti e/o riflettenti che fungono da inutile riparo al possibile elemento di disturbo proveniente dall'esterno (...). Come continua da tempo (almeno da 'Speakingparts' - 1989) il ragionamento attorno all'intrusione nella quotidianità dei dispositivi meccanico-tecnologici (webcam, chat, telefonini) senza quell'ipocrita dipendente bramosia di molti film(etti) italiani. Un plauso poi a Julianne Moore che senza trucchi artificiali sa far apparire sul suo viso/corpo i segni di ciò che sta provando il suo personaggio. Infine se seguite la fonte musicale del film, che sembra provenire da chissà dove, avrete una sorpresa sul finale nel sentirla nascere diegeticamente in campo." (Davide Turrini, 'Liberazione', 12 marzo 2010) "La trama del film diretto da Atom Egoyan - dopo una serie, bisogna dirlo, di tremendi flop, i tempi in cui incantava con 'Il dolce domani', fiaba nera ispirata al Pifferaio di Hamelin sono lontani - ricorda un film francese del 2003 intitolato 'Nathalie'. Tutto regolare: la regista e sceneggiatrice Anne Fontaine ha collaborato alla sceneggiatura di 'Chloe'. Poco cambia nella trama, a parte il nome della ragazza, e qualche complicità da parte dello spettatore è necessaria, per lasciarsi prendere dalla concatenazione di sciagure che seguono al voyeurismo. La differenza tra i due film sta soprattutto il cast. Nel dramma francese la moglie era Fanny Ardant (che solo François Truffaut sapeva dirigere a dovere, guardare per credere 'Finalmente domenica!' e perfino 'La signora della porta accanto'). La puttana era Emmanuelle Béart, monumento ai danni della chirurgia plastica: chi ha ritoccato quelle labbra merita l'espulsione dall'albo. Nulla da dire sul marito Gérard Depardieu. Ma per apprezzare le gigionerie delle due prime attrici bisognava avere un'insana passione per il cinema francese, sdegnare ogni altro cinema, essere affezionati alla parola intensità . Qui accanto a Julianne Moore troviamo Amanda Seyfried, giovane attrice con la faccia giusta per farsi beffe di una famiglia intera, se appena le danno un po' di corda. Era la figlia di Meryl Streep in 'Mamma mia!' e l'amica della vampira Megan Fox in 'Jennifer's Body'." ('Il Foglio', 13 marzo 2010) "Prima 'Nathalie' e ora 'Chloe'. In Francia Emmanuelle Béart e in Canada Amanda Seyfried. Cambia l'attrice ma non il perno narrativo del remake di 'Nathalie' (2003) firmato dal canadese Atom Egoyan. (...) Dalla freddezza clinica da entomologo di Egoyan ('Exotica', 'Il dolce domani'), il dramma ben recitato sul presunto tradimento diventa un noir fiammeggiante dall'improvviso finale thriller. Di solito questo regista è restio a prendere fuoco. Lontana mille miglia dal musical 'Mamma mia!' al fianco Meryl Streep in terra di Grecia e dopo il torrido bacio saffico a Megan Fox in 'Jennifer's Body', la ventiquattrenne Amanda Seyfried diventa femme fatale mai banale, pronta a sorprenderci con un personaggio che ami senza capire perché. Chi mente in 'Chloe'? Il marito, la moglie o la prostituta'? Il remake nordamericano e meglio dell'originale francese, Questa è l'unica certezza." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 13 marzo 2010)

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