Biutiful2010

SCHEDA FILM

Biutiful

Anno: 2010 Durata: 138 Origine: SPAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Alejandro González Iñárritu

Specifiche tecniche:PANAVISION (1:1.85)

Tratto da:-

Produzione:ALEJANDRO GONZÁLEZ IÑÁRRITU, FERNANDO BOVAIRA, ALFONSO CUARÓN, GUILLERMO DEL TORO, JON KILIK, ANN RUARK PER MENAGE ATROZ, MOD PRODUCCIONES, IKIRU FILMS, FOCUS FEATURES INTERNATIONAL, TELEVISIÓN ESPAÑOLA, TELEVISIÓ DE CATALUNYA

Distribuzione:UNIVERSAL PICTURES INTERNATIONAL ITALY (2011) - DVD E BLU-RAY: UNIVERSAL PICTURES HOME ENTERTAINMENT (2011)

ATTORI

Javier Bardem nel ruolo di Uxbal
Maricel Álvarez nel ruolo di Maramba
Eduard Fernández nel ruolo di Tito
Rubén Ochandiano nel ruolo di Zanc
Cheng Tai Shen nel ruolo di Hai
Luo Jin nel ruolo di Liwei
Hanna Bouchaib nel ruolo di Ana
Diaryatou Daff nel ruolo di Ige
Guillermo Estrella nel ruolo di Mateo
Martina Garcia
Ana Wagener
Blanca Portillo
Manolo Solo
 

MONTAGGIO

Mirrione, Stephen
 

SCENOGRAFIA

Broch, Brigitte

TRAMA

Uxbal è un uomo solo che conduce un'esistenza particolarmente dura ed è costretto a sopravvivere in un quartiere malfamato alla periferia di Barcellona. L'uomo ha, però, una dote particolare: riesce, infatti, a mettersi in contatto con i defunti e, per farlo, ogni volta riceve offerte spontanee dalle persone che hanno perso i propri cari. Tuttavia, ciò non è sufficiente per il mantenimento dei suoi due bambini, Mateo e Ana, cresciuti dal padre perché la mamma, donna disturbata, non vive più con loro. Infatti, per guadagnarsi da vivere, Uxbal agisce come intermediario tra la mala cinese e i venditori ambulanti africani. L'improvvisa consapevolezza della morte incipiente costringerà Uxbal a riflettere su quale futuro lascerà in eredità ai propri figli.

CRITICA

"In 'Biutiful' di Alejandro Gonzales Iñarritu c'è almeno la bella prova di Javier Bardem, convincente nel restituirci la complessa psicologia di Uxbal (...). Quello che non convince proprio è lo sguardo del regista, che descrivendo una Barcellona lontanissima dalle immagini turistiche finisce per restituire con un eccesso di piacere questo mondo di abiezione e sofferenza (Uxbal scopre ben presto di avere un tumore che gli lascia pochi mesi di vita), trasmettendo un senso di compiacimento molto lontano dallo sguardo amorale che forse inseguiva il regista." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 18 maggio 2010) "La differenza tra un film e un grande film la fa il regista. Lo sceneggiatore fa la differenza tra un film e nessun film. Così ripete Robert McKee negli Story Seminar che tiene da 25 anni. Gli hanno fatto guadagnare per interposti allievi 32 Oscar e 158 Emmy, più una valanga di insulti all'indirizzo dell'orribile Procuste che impone regole castranti alla creatività. Senza i copioni di Guillermo Arriaga, che lo ha mollato per debuttare come (mediocre) regista con 'The Burning Plain', Iñarritu gira a vuoto. (...) Orgoglio messicano e categoriale a parte, a stare in coppia ci guadagnavano entrambi." ('Il Foglio', 18 maggio 2010) "Irriconoscibile e impressionante, questa Barcellona di 'Biutiful', tra i marciapiedi degli ambulanti africani, le piccole cosche di sfruttatori cinesi, i dormitori dei lavoratori invisibili, mondo oscuro di sopravviventi tra i quali si muove, affannato, Uxbal (...). La pressione della morte, nel corpo, e nella città, angosciano e potrebbero coinvolgere. Ma Iñarritu, che dopo '21 grammi' e 'Babel', per la prima volta lavora senza lo sceneggiatore Guillermo Arriaga, non riesce a modulare il tragico, posiziona simbolismi inutili (il bosco di neve dove incontra il nonno morto) e telefona i disastri (l'acquisto delle stufette per i clandestini). Javier Bardem si mimetzzza nel sottosuolo adeguatamente." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 18 maggio 2010) "Un viaggio plumbeo ed oscuro verso la morte. Lo compie, in una Barcellona altrettanto oscura, volutamente senza sole né bellezze, un personaggio che chiude in sé ogni contraddizione. (...) Ci ha raccontato questo personaggio, in un film spagnolo, il regista messicano Alejandro González Iñárritu. (...) Tutto sul protagonista, quasi sempre al centro di ogni scena, riservando spazi agli altri personaggi solo quando si riferiscono direttamente a lui, ai suoi problemi e ai suoi aspetti psicologici che variano di continuo. In cifre in cui l'ansia e addirittura l'angoscia predominano. Qua in attesa e con la paura della morte in arrivo, là nella rappresentazione di quella tratta fosca di clandestini in cui, ad ogni svolta, cova il dramma, esacerbato da quelle cornici che, appunto, proponendoci una Barcellona inedita, torva, cupa, miserabile, ne fanno quasi un personaggio a sé stante, non dissimile dallo sfacelo e dallo squallore degli altri. Anche se, specie al momento di concludere, l'aspra durezza realistica dell'insieme, con le sue immagini nere e spesso psichedeliche, rischia di accettare momenti intrisi di un facile sentimentalismo, in opposizione con il resto. Lo riscatta, però, l'interpretazione di Javier Bardem nei panni del protagonista: una maschera di dolore e furore che può travolgere." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 4 febbraio 2011) "A parte che si chiama Uxbal, che sembra un antibiotico, il protagonista di 'Biutiful' (così scrive il bambino), quarto film dell'ispiratissimo regista messican-hollywoodiano Alejandro González Iñárritu, ha tutte le sventure tanto che può esser visto con sospetto messianico. (...) Orfano dello sceneggiatore Arriaga, l'autore di '21 grammi' e 'Babel', rinuncia stavolta alle traiettorie a puzzle di spazio tempo, permettendosi solo un saltello all'inizio e alla fine, preferendo la linea retta di un racconto che mira agli inferi senza divismi, senza Sean Penn, la Blanchett o Brad Pitt. La sua discesa è anche la nostra e si riallaccia al neo realismo grondante sangue e infelicità del magico 'Amores perros'. Anche qui corpi malati, offesi, umiliati, sfruttati, degradati sempre in un rapporto causa effetto con un mondo privo di leggi ideali ed etiche. L'attualissimo ragionamento trova un freno nella premessa che ingombra lo spazio espressivo del film e lo rende fin troppo gonfio di significati: le rotelline dell'intreccio, ruotando, non hanno gran presa emotiva e non riusciamo a sentirci complici di questa summa di miserie da mélo ottocentesco. Ci sono capitoli pregevoli, il rapporto coi figli e lo sguardo sulla città nascosta, settica e malata, e l'apporto di Javier Bardem. (...) Con quel naso da fratellastro di Owen Wilson, l'attore spagnolo è di smisurata misura nella sua lista di sventure e senza un sorriso, ma con nazarena rassegnazione, calpesta la sua poco divina commedia guardandoci negli occhi per 142 minuti con due colleghi altrettanto pregevoli, la brava Maricel Álvarez ed Eduard Fernández che si riserva il lato bunga bunga con lap dance." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 4 febbraio 2011) " 'Biutiful' è firmato da Alejandro González Iñárritu, il regista messicano di 'Babel' e '21 grammi', che pur non affiancato qui dall'abituale sceneggiatore Guillermo Arriaga non rinuncia alla visione cupa e livida di sempre. Salvo che il dolore stavolta non rimbalza da uno all'altro dei personaggi di un affresco corale, - ma va a pesare sulle spalle di un solo protagonista, Uxbal: impersonato da Javier Bardem con un'intensità che lo scorso maggio gli ha meritato la Palma d'oro a Cannes. (...) 'Biutiful' è un titolo a schiaffo, un'utopia di bellezza iscritto su un paesaggio di infelicità globale, come si prospetta quella del III Millennio. Troppa da essere accumulata nel giro di due ore di pellicola? (...) Un disegno drammaturgico così pervicace nell'accumulare disgrazie può indurre a sospettare nell'autore una sorta di compiacimento. Eppure per la profonda coerenza formale con cui Iñàrritu, camera a mano e fotografia dai toni densi, segue il protagonista nel suo percorso fra la vita e la morte; e per l'interpretazione di Bardem, straordinario a decantare rabbia e disperazione in sublimata accettazione mano a mano che si avvicina l'appuntamento fatale, il film alla fine non può che risultare potente, viscerale, autentico." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 4 febbraio 2011) "Un uomo che parla coi morti per capire come restare vivi - malgrado tutto - nel mondo di oggi. Un film che fa il giro del pianeta senza mai uscire da una Barcellona mai vista, miserabile e segreta, mistica e corporale, sordida e grandiosa. Ma soprattutto un regista che mescola passato e presente, economia e affetti, visione e realtà, per mostrare che tutto circola e si trasmette allo stesso modo, l'amore, il lavoro, il denaro, la memoria. E perfino il tempo forse non scorre in una sola direzione se quel giovane nel bosco, al centro dell'enigmatica sequenza d'apertura, si rivela essere... (...) Come i lavori precedenti del suo autore, è il classico film che si ama o si odia. Curiosamente, chi ha apprezzato 'Babel' e '21 grammi' tende a odiarlo. Chi invece li trovò insopportabili, riscopre nell'andatura forsennata del protagonista e del film, la forza e l'affanno del folgorante 'Amores Perros'. C'è solo un genere più arduo (e frainteso) della commedia: il melodramma. (...) Sul pathos già denso del mélo, González Iñàrritu innesta una suspense martellante da thriller che in altre mani sarebbe insopportabile. Ma ci mette una generosità, un'intensità sentimentale, un senso così preciso delle inquadrature, del movimento, del casting (...), da rendere 'Biutiful' e i suoi personaggi irresistibili (con una sola caduta imperdonabile: la scena nel night Babilonia). Qualcuno lo troverà enfatico e ricattatorio, ma perché aspettare trent'anni per rivalutarlo? (...) Fisico, sporco, impetuoso ma delicato insieme, capace di fondere nella stessa immagine l'anima di una città e quella non meno martoriata dei suoi protagonisti. Una rarità." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 4 febbraio 2011) "Piacerà certamente ai fan di Alejandro González Iñárritu ('Amores perros', '21 grammi'), ma anche a quelli che dopo i primi entusiasmi, avevano poi classificato Iñárritutra i registi più pretenziosi che bravi, più 'arty' che artisti. E che soprattutto trovavano i suoi moduli narrativi più stucchevoli che efficaci (...). Bene. I detrattori avranno una bella notizia Alejandro González non salta più di palo in frasca. Sta con la macchina da presa incollata su Javier Bardem e non lo molla nemmeno per mezzo dei 138 minuti di metraggio. 'Biutiful' è la brutale, agghiacciante storia di un viaggio all'inferno senza ritorno. Infernale fin da principio. Anche nelle scene apparentemente idilliache di 'Uxbal' che passeggia giocondamente coi figlioli (...) La maggior parte dei detrattori ha accusato Iñárritudelle solite esibizioni di bravura. Di aver preso l'inferno dei clandestini solo come pretesto figurativo, come scenario corrusco e sontuoso di un melodramma. Gli ammiratori invece sono partiti per la tangente. 'Biutiful' non è mélo ma terribile apologo sul mondo globalizzato (la superficie di Barcellona è splendida, il suo ventre orrido). (...) Da parte nostra consideriamo l'opera numero 4 di Antonio González come un melodramma sì, e compiaciuto pure. Epperò splendidamente diretto, scritto e interpretato da quel Bardem che in certi casi ('L'amore ai tempi del colera') è l'attore peggiore del mondo. Ma qui forse il migliore." (Giorgio Carbone, 'Libero', 4 febbraio 2011) "Sempre più disgrazie. Con 'Biutiful' (...) la triste collezione tipica di ogni film di Alejandro González Iñárritucresce ancora. Prima, si poteva attribuire l'impressionante catena di morte e infelicità varie all'estro funereo dello sceneggiatore Guillermo Arriaga, che ha scritto 'Amores perros', '21 grammi' e 'Babel'. (...) In 'Biutiful', il regista messicano dirige dunque quel che lui stesso ha scritto con Armando Bo. Eppure si va egualmente a parare in una persona votata al male, che si converte al bene solo per fare più danni, sebbene involontari. Perfino nei film da festival - e 'Biutiful' non è solo concepito come tale, è anche realizzato bene negli aspetti tecnici - nessuno lotta più per emanciparsi. Incombe solo il destino. Per indurre a rassegnarsi anche lo spettatore, la lezione è severa. Nella realtà, può accadere di tutto e magari tutto insieme. Non si dice che 'piove sul bagnato'?. Eppure è arduo credere che tanti letali eventi capitino nel giro di tre mesi alla stessa persona e a chi lo circonda. Per raccontare gli ultimi novanta giorni di questo Giobbe senza Dio, González Iñárritu si prende due ore e mezza." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 4 febbraio 2011) "Dopo il divorzio dallo sceneggiatore Guillermo Arriaga, il messicano Iñárritu - in lizza per l'Oscar al film straniero - trova la linearità del racconto, ma amplifica il calcolo, il ricatto e i colpi bassi. Si salvano la Barcellona underground, fotografata sporca e suggestiva, e Bardem, già vincitore a Cannes ex aequo col nostro Germano e candidato agli Academy Awards, ma non c'è da andarne fieri, perché la personalissima terapia del dolore di Iñárritu predica il sale sulle ferite e il mal comune dello spettatore. Insomma, delle due l'una: un pacco ben confezionato o un tranello ben escogitato? Perché, nonostante il titolo, 'Biutiful' non è un bel film." (Federico Pontiggia, 'I Fatto Quotidiano', 3 febbraio 2011)

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