SCHEDA FILM

Believers - I credenti del male

Anno: 1986 Durata: 109 Origine: USA Colore: C

Genere:HORROR

Regia:-

Specifiche tecniche:NORMALE

Tratto da:romanzo "The Religion" di Nicholas Conde

Produzione:CDI

Distribuzione:C.D.I. (1987)

TRAMA

Cal Jamison, consulente psichiatrico a servizio della polizia, scosso per la perdita recente della moglie, fulminata da un elettrodomestico, si trasferisce a New York col figlio Chris di sette anni in una abitazione d'affitto, innamorandosi ben presto di Jessica Halliday, la padrona di casa. Qui viene incaricato di collaborare alle indagini della polizia su una serie di misteriosi delitti, le cui vittime - sempre atrocemente straziate - sono spesso bambini. Viene così a conoscere i riti magici e orrendemente cruenti della "santerìa", una specie di superstizione religiosa di origine afro/spagnola, da poco diffusa negli Stati Uniti. Cal ne è sconvolto, tanto più perché, da questo momento la sua vita privata, insieme a quella di Jessica e del piccolo Chris diventano preda di forze non sempre e non del tutto occulte, che incalzano sempre più da vicino Cal, fino a indurlo - ingannato e drogato - al punto di accingersi a sacrificare Chris. All'ultimo riesce a riprendere coscienza e a fuggire al sicuro col bambino e Jessica. Ma dovrà presto constatare che l'oscuro male della "santerìa" non ha finito di ossessionarlo.

CRITICA

"Se nella prima parte il film, avvalendosi di un certo taglio quasi documentaristico, sembra introdurre un discorso su quanto di segreto e di imponderabile si cela dietro un'apparente normalità, in seguito tutto si disperde in una gran confusione fino a naufragare in un irrimediabile grottesco. Certi effettacci choc (rettili estratti dalle viscere di un cadavere, ragni che escono dalla piaga di un bubbone formatosi sul volto della compagna di Cal, sono imperdonabili e degni piuttosto di un film di Lucio Fulci. E' vero che nel pur diversamente considerevole 'Il maratoneta' Schlesinger tendeva a privilegiare taluni motivi scioccanti, ma ora vi sguazza senza più badare ad altro. Quanto agli interpreti, il loro impegno, è limitato quanto quello del regista. Si stenta soprattutto a credere che Martin Sheen, il protagonista, sia lo stesso attore che aveva dato corpo e sensibilità prodigiosi ai personaggi di 'La rabbia giovane' e di 'Apocalypse Now'." (Leonardo Autera, 'Il Corriere della Sera', 6 Novembre 1987) "Delusione su entrambi i fronti. Tratto dal romanzo 'The Religion' di Nicholas Conde, il film è un thriller trito che sacrifica presto la sua dimensione di realismo (almeno) psicologico sull'altare delle convenzioni di un romanzaccio d'azione dove non manca nemmeno il complotto. La fotografia di Robby Muller, uno dei tanti talentosi operatori europei che hanno trovato lavoro a Hollywood, è messa al servizio degli stanchi esercizi formalistici con cui Schlesinger cerca di salvare il mestiere, se non l'anima. Non bastano alcune belle inquadrature (lo splendido primo piano finale del protagonista) e qualche suggestivo fondale scenografico per dare una ragione d'essere al pasticcio, tanto più che non mancano le concessioni pecorecce all'horror corrivo e ai suoi stereotipi. Non basta Martin Sheen con i suoi occhi spiritati a salvare il personaggio incoerente che gli hanno affidato. Due considerazioni per chiudere. Avete mai riflettuto sull'assenza di una parola che indichi l'uccisione di un figlio? Abbiamo omicidio, parricidio, patricidio, matricidio, uxoricidio e il generico infanticidio, ma non figlicidio o qualcosa del genere. Eppure anche nei miti antichi non mancano i casi di figli uccisi, ritualmente o no. Da qualche tempo tra i distributori infuria la dissennata mania, succuba dell'americanismo trionfante, di mantenere i titoli originali. In due casi su tre non ha senso. Come per 'The Believers'." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 7 Novembre 1987) "Visioni violente, clima sospeso tra follia e psicosi, thriller forzato in direzione della trance, sangue e suspense a volontà, il film di Schlesinger prova a catturare lo spettatore come per ipnotizzarlo e renderlo partecipe diretto della vicenda. L'uso della macchina da presa è ambiguo, teso a riprodurre, falsandolo, lo stile documentario ma è anche preoccupato di concentrare un alto tasso di spettacolarità spesso solo d'effetto (e con evidenti richiami allo storico Rosemary's Baby). Semmai i meriti di 'The Believers' risiedono altrove e sono impliciti. L'ipotesi, quasi antropologica, di input primitivi, arcaici, irrazionali presenti nella metropoli-jungla è affascinante. Come affascinante è, cinematograficamente, l'aver trasformato gli usuali cliché (talvolta ridotti, a meri gadget) dei film di serie B (magia, maledizioni, pratiche esoteriche) in materiale visivo modellabile anche a un prodotto, almeno nelle premesse, rispettabile." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 10 Novembre 1987)

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