Il condominio dei cuori infranti2015

SCHEDA FILM

Il condominio dei cuori infranti

Anno: 2015 Durata: 100 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:COMMEDIA, DRAMMATICO

Regia:Samuel Benchetrit

Specifiche tecniche:DCP (1:1.33)

Tratto da:ispirato ai racconti "Cronache dall'asfalto" di Samuel Benchetrit (ed. Neri Pozza)

Produzione:LA CAMERA DELUXE, MAJE PRODUCTIONS, SINGLE MAN PRODUCTIONS, IN COPRODUZIONE CON JACK STERN PRODUCTIONS, EMOTIONS FILMS UK, FILM FACTORY

Distribuzione:CINEMA DI VALERIO DE PAOLIS (2016)

ATTORI

Isabelle Huppert nel ruolo di Jeanne Meyer
Gustave Kervern nel ruolo di Sternkowitz
Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo di L'infermiera
Tassadit Mandi nel ruolo di Sig.ra Hamida
Jules Benchetrit nel ruolo di Charly
Michael Pitt nel ruolo di John McKenzie
Mickaël Graehling nel ruolo di Dédé
Larouci Didi nel ruolo di Mouloud
Abdelmadjid Barja nel ruolo di Figlio della Sig.ra Hamida
Thierry Gimenez nel ruolo di Sig. Gilosa
 
 
 

MUSICHE

Raphaël
 

MONTAGGIO

Fernandez, Thomas
 

SCENOGRAFIA

Moulin, Jean
 

COSTUMISTA

Lempicka, Mimi

TRAMA

L'ascensore di un palazzo delle case popolari si rompe continuamente. Questo fatto sarà occasione d'incontro per vari inquilini: il vecchio Sternkowitz e la sua infermiera, l'attrice in pensione Jeanne, il giovane Will Charly, l'astronauta John McKenzie e la signora Hamida. Sei persone diverse caratterialmente, sole e con molte storie da raccontare che grazie a questi incontri si troveranno a costruire legami inaspettati...

CRITICA

"Tre appartamenti in un palazzone cadente. Tre incontri stravaganti fino alla meraviglia. Tre amori castissimi e quasi magici, nel senso di quel 'realismo magico' che fece grande il cinema francese anni 40. (...) È l'inclassificabile, imprevedibile, imperdibile 'Asphalte', da noi 'Il condominio dei cuori infranti' (...). La risposta francese a 'Lo chiamavano Jeeg Robot', verrebbe da dire, se il film di Benchetrit non fosse uscito in Francia mentre Mainetti doveva ancora girare il suo. Anche i toni sono lontanissimi, ma comune è il desiderio di non abbandonare le periferie ai luoghi comuni della disperazione. Normale: Benchetrit, figlio di ebrei marocchini, in banlieue ci è nato. E anche se oggi si è «imborghesito», cercava uno sguardo diverso su quei luoghi. (...) Benchetrit tocca corde più intime, e rischiose, con suprema eleganza. (...) Raramente un film ha captato con più grazia l'indicibile. E con più coraggio." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 21 marzo 2016) "Non lasciatevi sviare dall'ottocentesco titolo italiano (...) è un racconto cinico, prensile, ruvido, surreale e pure reale, la cronaca di una piccola fauna di varia umanità che vive in condominio della periferia parigina. (...) Concatenando i generi e i rimandi, l'autore riesce in un'opera personale dove tutto passa per i codici di cinema ma con sentimenti autentici, spesso non corrisposti. Del resto asfalto è qualcosa di duro, comune e anonimo e così si chiama l'autobiografia del regista Benchetrit. Può non esser bravissima la Huppert? E la Bruni Tedeschi? Lascia motivo per ripensarci." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 24 marzo 2016) "(...) Samuel Benchetrit è un cineasta solitario, refrattario alle mode. Con 'Il condominio dei cuori infranti', il regista adatta due suoi racconti, ne aggiunge un terzo e ambienta il tutto in un immobile degradato della periferia parigina. Sono storie di solitudine. (...) La narrazione alterna gli episodi uniformandoli in un clima surreale, tenero e malinconico, tinto d'ironia affettuosa. Se il film non centra sempre il tono narrativo giusto, tuttavia è una piccola stranezza che si fa amare. Anche grazie a un cast di ottima qualità." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 24 marzo 2016) "(...) piccola, surreale commedia che intreccia tre storie di solitudini nella cornice di una deteriorata periferia, grigia come l'asfalto del titolo originale. (...) Ritagliate con grazia stilizzata e interpretate con verità, queste figure compongono un teatrino ironico e malinconico, che vibra di una nota di calda, affettuosa umanità." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 24 marzo 2016) "«Il condominio dei cuori infranti» compendia in tre storie e sei personaggi intrisi di tenerezza e humour temi contemporanei importanti, a cominciare dall'incomunicabilità in parte fronteggiata e in parte accentuata dai linguaggi pervasivi di cinema e tv. Il regista Benchetrit che ha adattato per lo schermo la propria autobiografia «Chroniques de l'asphalte» merita, insomma, l'attenzione degli spettatori non cloroformizzati dalla marmellata di tanto presunto cinema d'essai: il realismo umanistico (più che banalmente «sociale») del suo svolgimento risulta, infatti, filtrato da un clima di trasognata sospensione e raffinato sentimentalismo. La serie di ritratti bisex proposta agli spettatori comunica un fascino insinuante perché sorrisi, lacrime, apparizioni impossibili e derive dell'agire quotidiano si disseminano nella topografia labirintica di un condominio di banlieue dove tutto, invece, dovrebbe trasudare desolata prosaicità. (...) La sorpresa più limpida di questo film che si può amare anche senza essere crociati dello standard «poetico e minimalistico» sta proprio nell'ossimoro registico di sapere dare densità alla rarefazione stilistica e di farla procedere con un filo di suspense. Ovviamente l'impianto regge perché gli attori, dalla Huppert alla Bruni Tedeschi, da Pitt al figlio del regista e della rimpianta e sfortunata Marie Trintignant Jules, sono completamente a loro agio nel trasformare quelle che potevano diventare vignette cinematografiche in anelli di scorrimento tra «verità» e «falsificazione», nient'altro che la formula fondativa del cinema." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 24 marzo 2016) "(...) una salutare evasione dalla commedia italiana e dalla cronaca, un film di emozioni distillate, potente antidoto al clima di terrore. Quali misteri può racchiudere un condominio anonimo? Parecchi, assicura il regista e autore dei racconti su cui è sviluppata la sceneggiatura (...). Il nonsense degli avvenimenti o meglio il senso dell'assurdo che caratterizza le situazioni lo collocano in una sfera di umorismo nordico che bene si addice al cielo plumbeo dell'Alsazia, dove il film è stato girato. Chi ama Kaurismäki si troverà a suo agio, anche se lo sguardo è meno metafisico. (...) Nel condominio, a dispetto del richiamo alla solidarietà, ognuno è solo, una solitudine che ciascuno si trova a superare in modo tra il disperato, la casualità e la situazione paradossale, con diversi gradi di umorismo mescolato a piccole dosi di sentimento." (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 24 marzo 2016) "(...) 'II condominio dei cuori infranti' (titolo originale 'Asphalte') è quel film che nasce piccolo, cresce piccolo, ma infine si ritrova grande sullo schermo: non per aderenza alla realtà, perché il registro è volutamente surreale, ma per aspirazione alla verità, la verità dei rapporti umani. Non ci sono pletoriche volontà sociologiche e mancano affondi di critica sociale, perché alla denuncia e l'impegno civile Benchetrit, anche misurato sceneggiatore, preferisce l'apologo umanista, pur mantenendo i piedi ben piantati a terra (...). Dalla sua raccolta di racconti 'Cronache dall'asfalto' (Neri Pozza), dunque, lo spirito della periferia è condensato in un palazzone, un ascensore guasto e sei personaggi in cerca dell'autore principe, la vita, e nella vita la famosa seconda possibilità. Lo sappiamo, il condominio è luogo cinematografico per eccellenza, congeniale - nel suo essere montaggio di appartamenti-inquadrature - alla grammatica stilistica e alla sintassi poetica: un simile palazzone potrebbe ben ospitare l'apocalittica selezione della specie di 'Delicatessen' (regia di Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro, 1991) oppure far da quinta al riscatto-parkour di 'Banlieue 13' (Pierre Morel, 2004), al contrario, 'Asphalte' rifiuta le geolocalizzazioni e la spiccia adesione al genere per farsi paradigma della 'grande capacità di recupero degli abitanti delle periferie'. (...) Sei solitudini, tre incontri, una promessa di felicità: il grande cinema non ha bisogno di molti ingredienti, ma della ricetta giusta, e Benchetrit, scrittore, attore, regista e drammaturgo, ce l'ha. La quadratura - le immagini sono quasi quadrate - del cerchio sta nella suggestione, nell'evocazione, ovvero nella ritrosia: questo 'Condominio' non alberga stolide certezze, non alloggia 'happy ending' a equo canone, si limita a suggerire la speranza. E lo fa con una sorta di realismo magico inclusivo e universale, memore della lezione zavattiniana, non estraneo alle geometrie esistenziali di Aki Kaurismäki: anche i cuori infranti, quelli dei perdenti e degli ultimi, battono. Aiutano attori come questi: empatici, perfetti - dalla chirurgica Huppert all'indovinato Pitt, passando per la bella scoperta Jules Benchetrit - nella loro esibita inadeguatezza, nella loro irredimibile umanità. Da vedere." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 24 marzo 2016) "In questo condominio, solitudine e desolazione sono raccontate in modo surreale, per esaltare scampoli di umanità nella banalità del quotidiano." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale, 24 marzo 2016) "L'ho sperimentato molte volte: quando un parigino dice «banlieue», nove volte su dieci lascia intendere allusioni negative (...), sia pure sotto apparenze tranquille, in cornici fiorite, attraversate o dalla Senna o dalla Marna. (...) invece un film diretto da un romanziere molto fecondo, Samuel Benchetrit, muta totalmente questa prospettiva e ci propone un ritratto se non idilliaco certo molto normale della banlieue all'insegna di quei momenti in cui nei personaggi cominciano a rilevarsi dei sentimenti molto prossimi all'amore. (...) Tre episodi, tra storie che lo scrittore Benchetrit aveva tratto da una sua raccolta di racconti intitolata: «Asphalte», come adesso il suo film nell'edizione originale francese. Non mi è capitato di leggere quei racconti, ma il cinema cui l'autore li ha affidati mi ha piuttosto convinto, non tanto per la insolita quiete con cui è descritta la banlieue, ma per il disagio fine con cui, appunto, sono descritti quei sentimenti molto vicini all'amore vicendevolmente provati dai sei personaggi (...). Tutto quasi sempre alluso, sospeso, silenzioso. Interpretato nei ruoli femminili da due grandi nomi del cinema francese, Isabelle Huppert, l'attrice, Valeria Bruni Tedeschi, l'infermiera: due fiori in un giardino." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 27 marzo 2016)

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