SCHEDA FILM

Alla deriva

Anno: 1993 Durata: 117 Origine: USA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA

Tratto da:-

Produzione:HENRY S. ROSENTHAL

Distribuzione:ISTITUTO LUCE (1994)

TRAMA

A Toledo, il titolare di uno stabilimento di legname, Ray, si lamenta col dipendente Doug della crisi del settore a causa del divieto di abbattere altri alberi per proteggere i gufi, e pensa di modificare la produzione e la vendita per non dover licenziare operai. Hobby di Ray è la pesca: la seconda moglie, Jean, lo accompagna al Drift Creek, dalle limpide acque. Qui Ray insegna a pescare al giovane Scott, che gli rivela di conoscere sua figlia Tracy. Improvvisamente Ray trova la moglie costernata da una lettera di Tracy che accusa il padre di averla molestata sessualmente: l'uomo, con calma, nega, e suggerisce alla moglie che la figlia sia stata plagiata dal gruppo di analisi in cui è entrata da poco. La donna si confida con l'amica Beth, manifestando il desiderio di andare da Tracy, ma Beth, alle prese anche lei con una situazione familiare difficile, non sa come aiutarla. Ray, dopo aver dissuaso la moglie dal raggiungere la figlia per non complicare le cose, riceve una telefonata di Scott che gli annuncia che Tracy si è uccisa. Corso a casa, trova che Jean si è tolta la vita a sua volta col gas. Sconvolto, Ray non regge allo sconforto e si spara alla testa, dopo essersi lavato le mani nell'acqua del ruscello.

CRITICA

"Un film religioso. Ma non scolastico, dogmatico, pietista. Fervente: non contempla la Luce, ma, come John Belushi vuol farla riscaldare, per noi tutti. Cuore dentro mente, inestricabili. Alla S. Bonaventura da Bagnoregio, alla Pasolini, alla Landis. Dunque niente a che vedere con tutto il cinema parrocchiale imperante, che ha bisogno di idee a cui educare, come piace alla borghesia; piuttosto che definire un quadro, un ambito oggettivo in cui educare." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 26 novembre 1994) "Ciò che il regista mostra, attraverso l'inesorabile immobilità della sua macchina da presa, appena minata (violata?) da qualche panoramica a 360°, non sono mai le azioni dei personaggi (i quali sono in fondo soltanto parte di un paesaggio con cui interagiscono, come in una tragedia greca) bensì le loro reazioni. Mai come in questo film, Jost lascia semplicemente che il mondo accada fuori dall'inquadratura, pronto a registrarne i residui puri e semplici. Nel momento in cui il film inizia tutto ciò che attiene alla storia è in fondo già trascorso, e non aspetta altro che di rivelarsi. Attraverso un senso di minaccia, un disagio palpabile che è poi la sostanza stessa di 'Alla deriva'." ('Vivilcinema')

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