A Ciambra2017

SCHEDA FILM

A Ciambra

Anno: 2017 Durata: 120 Origine: GERMANIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Jonas Carpignano

Specifiche tecniche:16 MM, DCP

Tratto da:-

Produzione:JON COPLON, PAOLO CARPIGNANO, RYAN ZACARIAS, GWYN SANNIA, RODRIGO TEIXEIRA, MARC SCHMIDHEINY, CRISTOPH DANIEL PER STAYBLACK PRODUCTIONS, RT FEATURES, SIKELIA PRODUCTIONS, RAI CINEMA, IN ASSOCIAZIONE CON DCM PICTURES, HAUT ET COURT, FILM I VAST, FILMGATE

Distribuzione:ACADEMY TWO

 
 

SCENEGGIATORE

Carpignano, Jonas
 

MUSICHE

Romer, Dan
 
 
 

COSTUMISTA

Taranta, Nicoletta

TRAMA

Il 14enne Pio vive nella Ciambra, la comunità rom stanziale di Gioia Tauro in Calabria, e vuole crescere in fretta. Come il suo fratello maggiore Cosimo, Pio beve, fuma e impara l'arte di truffatore di strada. Così, quando Cosimo non sarà più in grado di badare alla famiglia, Pio dovrà prendere il suo posto. Tuttavia, questo ruolo così grande per lui arriva troppo presto, mettendolo di fronte a una scelta impossibile...

CRITICA

"Forma volutamente intermedia, molto attuale, tra finzione e documentario, il film osserva, accompagna, ascolta. Si immerge, affianca e non giudica, secondo un'estetica e una morale (indissolubili, ricordate, secondo l'estremismo della Nouvelle Vague di cui fece le spese il povero Gillo Pontecorvo ai tempi e per causa del suo 'Kapò') piuttosto discutibili ma senza il minimo dubbio efficaci nel plasmare un personaggio che non si fa dimenticare. E che sarebbe piaciuto a Truffaut." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 31 agosto 2017) "Il film di Carpignano (...) va ben oltre la voglia di mostrare per la prima volta un mondo ostracizzato se non censurato dal cinema. La sua specificità, la sua ragion d'essere finisce per interrogare l'essenza stessa del cinema e la sua forza creativa, perché il regista non si è accontentato di raccontare un ambiente e una comunità così lontani dai percorsi più battuti: ha scelto di far interpretare ai rom i loro stessi personaggi, innescando un'identificazione che supera ogni facile distinzione tra finzione e documentario. Il Pio del film è l'autentico Pio Amato che vive tra gli zingari della Ciambra. E così i suoi familiari e i suoi amici. (...) Alla base di questa scelta mi sembra che ci sia un'insoddisfazione per i modi in cui il cinema sembra essere capace di raccontare la complessità del mondo reale. Da qui la scelta di mescolare le carte in maniera così provocatoria. Da qui l'adozione di uno stile di ripresa che volutamente rompe e sporca il modo tradizionale di inquadrare: macchina mobilissima, obiettivo incollato sui volti, anche a scapito della comprensione immediata. Il rischio è quello di un cinema che finisca per vampirizzare la realtà, puntando troppo sulla capacità di scioccare lo spettatore; la scommessa è quella di spingere chi guarda a confrontarsi con un mondo che probabilmente non incrocerebbe mai." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 28 agosto 2017) "E già il caso di Cannes 2017. È alla Quinzaine des Realisateurs. L'ha diretto un italiano: Jonas Carpignano, simpatico, giramondo, non integrato nel nostro cinema. Per fortuna. (...) Carpignano sa come cogliere la vita e come farne film. Quando si parla di cinema del reale si dovrebbe intendere questa cosa qui, che non ha le stimmate del documentario, ma ha tutta la realtà, la verità e la vita del caso: 'A Ciambra' è, e crediamo rimarrà a lungo, la meglio cosa vista sulla Croisette. E, ovvio, della nostra produzione ultima scorsa. Non c'è sceneggiatura a tavolino, bensì prima un ambiente umano frequentato e vissuto, battute annotate, incontri e amicizie messi davanti alla macchina da presa e zero infingimenti: una piccola comunità rom stanziale a Gioia Tauro, un quasi quattordicenne, Pio Amato, e la sua formazione senza 'romanzo di'." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 20 maggio 2017) "'A Ciambra', è il nuovo film di Jonas Carpignano, un romanzo di formazione come lo era in qualche modo il precedente (...) 'Mediterranea' (...). Quello che interessa Carpignano è piuttosto il racconto della contemporaneità «liquida» con cui le sue immagini cercano di dialogare opponendosi alle iconografie di una rappresentazione che, appunto, ha bisogno di eroi «buoni» e di «cattivi» che rispondano a certe aspettative. La sua materia sono i luoghi, il Sud già laboratorio delle contraddizioni, e il possibile o impossibile incontro tra chi ne è parte, le comunità come in questo caso degli africani e dei rom che non si amano, che mantengono le distanze, che esprimono il conflitto. (...) la macchina da presa di Carpignano (...) anche nelle impennate imperfette, sa cogliere il dettaglio importante, l'energia dei gesti, delle parole (in dialetto strettissimo) di una messinscena del quotidiano. E soprattutto sa narrare sullo schermo mondi ai margini, di cui tutti parlano ma che difficilmente vengono raccontati al di fuori di moralismi ipocriti e pregiudizi." (Cristina Piccino/Giovanna Branca, 'Il Manifesto', 20 maggio 2017)

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