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Micaela Ramazzotti in Ho ucciso Napoleone

24 marzo 2015

La vendetta è donna

"La mia Anita è una diavolessa", dice Micaela Ramazzotti. Protagonista per Giorgia Farina di Ho ucciso Napoleone, in sala dal 26 marzo

"Caratterialmente mi ritengo molto anarchica: avevo voglia di raccontare una donna differente da quelle del precedente film, soprattutto muovendomi tra le due tipologie dominanti, la fatalona tutta curve da un lato, la timida sottomessa dall'altro; entrambe infine declinate in un'ottica al maschile. Anita rifiuta soprattutto il secondo, è dark, molto dark, è cattiva, cattivissima". Giorgia Farina sintetizza così il suo secondo lungometraggio da regista, Ho ucciso Napoleone, che arriva in sala dopo l'esordio nel 2013 con Amiche da morire. La Anita in questione è interpretata da Micaela Ramazzotti: "Anita è una diavolessa, un satanasso, detesta gli uomini, si porta dentro ferite profonde dell'animo e le conseguenze di famiglie disastrate ma non si arrende, non si piange addosso, ha un approccio matematico alla vendetta. Mi piace molto la novità di usare nella regia i toni pulp della dark comedy facendo un cinema che guarda già al futuro. Con questo personaggio sfacciato e irriverente mi sono sentita quasi un po' anziana, mi è sembrato di attraversare una vicenda a cavallo tra anni Ottanta e Novanta".Il copione del film – in sala con 01 distribution dal 26 marzo in 270 copie – ruota intorno a 24 ore della vita di Anita, brillante manager in carriera, la cui vita viene travolta da una serie di guai: viene licenziata in tronco dopo la sospirata promozione, e apprende di essere incinta del proprio capo, sposato e padre di famiglia. Da quel momento Anita decide che tutto deve tornare come prima, ma secondo le sue decisioni. Adriano Giannini (Paride, il capo) e Libero Di Rienzo (il collega che rovescia le carte in tavola) riportano l'attenzione su un ‘idea della paura che può prendere di fronte a comportamenti estremi. E anche Elena Sofia Ricci (Olga, una delle amiche che compongono lo squadrone della vendetta) aggiunge: "Cambiare mi piace molto. Farina mi ha aiutato a disegnare questo ruolo che io ho messo a punto seguendo donne di borgata, donne che si rimettevano in gioco".A confermare la sensazione di aver vissuto dentro una vicenda nuova e inedita intervengono anche Iaia Forte (Gianna) e Thony (Enrica). La riflessione si apre ad un approccio che supera il semplice appello femminista. La tentazione del ‘male' fa parte del profondo di donne e uomini. E alla fine Anita "più che vendicarsi, desidera restare fredda algida, senza famiglia e senza impegni. L'ultima sua frase, che chiude il film, è infatti: Io non voglio essere così. Io sono così", dice Micaela Ramazzotti. "Ma questo – chiude Giorgia Farina – non vuole essere un messaggio, significa solo l'accettazione di quello che si è: moglie, madre, amante e anche eroina negativa".

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