NEWS a cura di Cinematografo.it

Il direttore della Mostra di Venezia, Alberto Barbera

24 luglio 2014

Venezia, venti di guerra

"I conflitti, la crisi, l'oggi: una selezione che osa e che investe sui giovani", dice Alberto Barbera. Che presenta i 20 titoli del concorso di questa 71° edizione e svela: "L'unico rimpianto? Il film di Olmi"

"Una selezione che osa, che scommette, che assume dei rischi, che investe sui giovani". In poche parole, Venezia71, secondo il direttore Alberto Barbera, che quest'oggi ha illustrato il programma della Mostra (27 agosto – 6 settembre): "Abbiamo visto qualcosa come 1500 lungometraggi e oltre 1600 corti, scartare dei titoli è stato come sempre un lavoro complesso e anche doloroso. La selezione rispetta il fermo principio di non superare l'asticella dei 55 titoli inediti presentati nelle tre sezioni principali del Festival, la provenienza dei film tocca qualcosa come una quarantina di paesi mondiali e il risultato finale mi permette di poter dire che sarà un'edizione che ci rende orgogliosi". Tre italiani in concorso (Saverio Costanzo, Mario Martone e Francesco Munzi), quattro francesi (Xavier Beauvois, Alix Delaporte, Benoit Jacquot e David Oelhoffen), quattro americani (Ramin Bahrani, Abel Ferrara – che con Pasolini farà sicuramente discutere… - , David Gordon Green e Andrew Niccol), poi Fatih Akin, che – spiega Barbera – "con The Cut realizza un film epico come si facevano negli anni '60, partendo dal genocidio degli armeni", lo svedese Roy Andersson (A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence), "un film straordinario, che abbiamo visto ad aprile e di cui ci siamo immediatamente innamorati, senza contare che parliamo di un grande cineasta che per la prima volta viene a Venezia". Non una prima volta, visto che è un habitué della Mostra, per il giapponese Shinya Tsukamoto, che esordisce però in concorso con Fires on the Plain: "Un film molto particolare, che ragiona sulle conseguenze della II Guerra Mondiale", svela Barbera, che riflettendo sulle tematiche dell'intera selezione, trova proprio nei film con rimandi espliciti o con riferimenti alla guerra il primo fil rouge di questa edizione: "Quello della guerra è uno spettro che torna ad incombere, in maniera forse inaspettata anche in questi giorni. E il cinema, come sempre, sembra riflettere le inquietudini dei nostri giorni". Sempre in concorso, non a caso, quello di Andrew Niccol (Good Kill, con Ethan Hawke), "è forse il primo film a provare ad affrontare le questioni morali ed etiche dell'utilizzo dei droni americani", mentre l'opera seconda di David Oelhoffen, Loin des hommes, con Viggo Mortensen, "è ambientato durante il conflitto in Algeria". La guerra, stavolta quella Grande, è anche al centro del nuovo film di Ermanno Olmi, Torneranno i prati, il vero e unico rimpianto di Alberto Barbera, che lo avrebbe voluto al Festival ma che non sarà presente per una scelta del regista stesso: "Olmi ci ha detto chiaramente che non porterà il film in nessun festival, perché vuole che sia visto come una vera e proprio testimonianza sulla guerra, non come una semplice opera cinematografica. Naturalmente condividiamo e rispettiamo la sua decisione, ma ci dispiace molto". Come non saranno della Mostra due tra i film più attesi della nuova stagione, Gone Girl di David Fincher e Inherent Vice di Paul Thomas Anderson, in anteprima al New York Film Festival: "Come capita spesso ormai, sono decisioni che riguardano le case di produzione, dettate dal marketing", spiega Barbera, che aggiunge: "Le uniche due assenze sono queste, e non per nostra volontà. I Festival, d'altronde, si fanno anche con i film disponibili, per esempio quello di Todd Haynes è stato rimandato. Di certo i divi non mancheranno, ma quello che conta davvero è continuare a rivendicare uno spazio di ricerca: fare un festival solo con anteprime di film attesi che poi arrivano in sala da lì a poco non avrebbe senso. Non per una Mostra come questa, che da sempre cerca di individuare nuove strade per il cinema di domani". E continua ad ospitare riflessioni sul presente del mondo: come 99 Homes di Ramin Bahrani (che esplora il dramma della crisi attraverso la questione dei mutui americani) o Tales di Rakhshan Bani-Etemad, che mette in scena il difficile momento dell'attuale società iraniana. Dalla Turchia arriva l'opera prima di Kaan Mujdeci, Sivas, che – annuncia Barbera – "farà sicuramente discutere vista l'enorme violenza con cui vengono messi in scena alcuni combattimenti tra cani", mentre grande attenzione sarà riservata al nuovo documentario di Joshua Oppenheimer, The Look of Silence, "che torna sui luoghi del bellissimo The Act of Killing con un'operazione ancor più sconvolgente". Dalla Cina, poi, Red Amnesia di Wang Xiaoshuai, nuova riflessione sulle conseguenze della Rivoluzione Culturale. E dalla Russia un grande ritorno, quello di Andrei Konchalowski con The Postman's White Nights. Senza dimenticare, naturalmente, il già annunciato film d'apertura di Venezia71, Birdman di Alejandro Gonzalez Inarritu: "Un film sorprendente, diverso dalle sue opere precedenti", assicura Barbera. Che sui tre italiani in concorso dà qualche indizio: "Il giovane favoloso di Martone, su Leopardi, non deluderà. Anime nere di Francesco Munzi sorprenderà. Hungry Hearts di Saverio Costanzo, realizzato con un piccolissimo budget in America, e interpretato da soli due attori (Alba Rohrwacher e Adam Driver, ndr), è davvero molto forte".

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