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Filippo Scicchitano e Luca Marinelline Il mondo fino in fondo

24 aprile 2014

Scicchitano fino in fondo

"Questo film mi ha profondamente cambiato", dice l'attore. In Patagonia con "il fratello" Luca Marinelli per l'opera prima di Alessandro Lunardelli

"Questo film/viaggio mi ha profondamente cambiato, come attore e come uomo": Filippo Scicchitano, classe '93, è al quinto progetto per il grande schermo con Il mondo fino in fondo, in 50 sale dal 30 aprile per Microcinema. La pellicola, presentata nella sezione Alice nella città del Festival Internazionale del film di Roma, segna il debutto dietro la macchina da presa di un lungometraggio da parte di Alessandro Lunardelli: costata 1 milione e 250 mila euro (con il contributo di 200 mila euro da parte del Ministero per i Beni e le Attività culturali), si è articolata in otto settimane di riprese, tra Italia e Cile, di Pupkin Production per Rai Cinema.Scicchitano interpreta Davide, diciottenne gay, mentre al fratello maggiore Loris presta il volto Luca Marinelli, di recente interprete de La grande bellezza: i due sono opposti, ma legati da un'eredità familiare pesante come un macigno. Devono infatti occuparsi dell'azienda paterna ad Agro, paesino del nord Italia. La trasferta a Barcellona per la partita dell'Inter (di cui Loris è tifoso) si trasforma per Davide in una fuga in Cile assieme ad un ecologista del posto, Andy (Cesare Serra), da cui si sente subito attratto."Ho vissuto un'avventura incredibile e inaspettata – continua Scicchitano – anche rispetto agli altri progetti". "Il viaggio – gli fa eco Marinelli - deve essere un'esperienza di vita e noi siamo andati dall'altra parte dell'oceano ad esplorare una nuova cultura". Il cuore della storia resta lo scontro tra i due ragazzi, messo in scena attraverso la complicità degli interpreti: "Non avevo mai incontrato Filippo, ma dal primo provino ho percepito che avremmo potuto fare un buon lavoro insieme".La problematica relazione dei fratelli trova nel paesaggio incontaminato della Patagonia una cornice perfetta per evolvere: "La parte cilena – spiega Lunardelli – non è quella del nostro immaginario ma era funzionale all'arco emotivo dei personaggi, perché serviva un luogo desolato, un posto vergine in cui la fuga potesse esprimersi, pur in un Paese di enorme fermento. Lo stesso Loris che insegue lì il fratello, alla fine si ritrova alla deriva, per primo liberato da ciò che lo costringeva ad essere un certo tipo di persona".La situazione logistica delle riprese ha richiesto una dose supplementare di impegno: "Le difficoltà – continua il regista – sono state diverse rispetto alla media di un'opera prima, ma volevamo una storia che raccontasse una parte dell'Italia ma senza chiudersi, capace di prendere il via in un'avventura e al tempo stesso facesse luce sui personaggi. L'ostacolo linguistico è stato il primo di molti altri, per me che non parlo lo spagnolo, ma alla fine posso dire che, nonostante ciò, ci siamo divertiti".

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