NEWS a cura di Cinematografo.it

Noi, Zagor

03 ottobre 2013

Scoprendo Zagor

Anatomia di un fumetto di successo: il doc di Jacopino sull’eroe della Bonelli il 22 e 23 ottobre in sala

"Quando disegno un personaggio lo interpreto, faccio le stesse facce, mi viene spontaneo. Anche se ormai la somiglianza è scarsa, anche se lui è rimasto giovane mentre io invecchio, al contrario di Dorian Gray, Zagor sono io". Come il fumettista Gallieno Ferri, in tanti si sono immedesimati nel guerriero con lo stemma dell'Uccello Tuono sul petto. Tra questi anche Riccardo Jacopino che, spinto dalla passione e da un'amicizia liceale - era compagno di Moreno Burattini, curatore di Zagor - ha realizzato il documentario Noi, Zagor (distribuito da Microcinema il 22 e 23 ottobre, prodotto dalla cooperativa torinese Arcobaleno in collaborazione con Sergio Bonelli Editore) un grandioso tributo all'omonimo fumetto partorito dall'abile mano di Ferri e sceneggiato da Guido Nolitta, aka Sergio Bonelli, scomparso nel 2011 e ricordato nel doc di Giancarlo Soldi Come Tex nessuno mai, uscito in dvd il 26 settembre. "Volevo entrare nel fumetto – dice il regista fiorentino - vedere cosa accade dietro alla vignetta e ho trovato tanta umanità, quella degli autori e del fumetto stesso. E' stata un'avventura di due anni, un lungo lavoro iconografico per conoscere il personaggio e gratificare gli zagoriani attraverso una vera esplorazione dell'opera". Per scoprire che nulla è cambiato, "il lavoro è ancora artigianale – spiega Moreno Burattini – con carta e inchiostro, e le nuvolette sono scritte a mano. I fumetti con lavorazione digitali sono pochi, e realizzati con tavolette su cui si disegna a mano libera". Ferri, uno dei maestri del comic italiano, ribadisce: "il fumetto è un'espressione artistica artigianale. È legato al racconto, alla tradizione e alla tecnica del pennello. Quando lavoravo in Francia mi mandavano dei pennelli di bambu dalla Cina. E' un lavoro che mi piace ancora come la prima volta". Ferri deve il suo successo proprio a Patrick Wilding, vero nome di "Za-gor-te-nay", "Lo spirito con la scure" come lo chiamano gli indiani, l'eroe che vive in una capanna su un isolotto circondato da sabbie mobili nella foresta di Darkwood, una regione immensa e imprecisata nella vecchia frontiera americana della prima metà del diciannovesimo secolo, ricca di "ambienti" avventurosi (foreste tropicali, paludi, montagne, praterie, città, fiumi). Non solo il western, ma una contaminazione di situazioni fantastiche ed irreali senza precisi riferimenti geografici come per Flash Gordon o Conan. Lo stesso Ferri racconta nel doc che, insieme a Bonelli, progettarono a tavolino l'identità di Zagor nel 1961 ispirandosi a Tarzan, Davy Crocket e L'Uomo Mascherato, ma mettendoci anche molto di personale. L'illustratore a 84 anni è ancora uno sportivo, fa wind surf e canoa sul fiume Vara, come il suo alter ego di carta: "Io sono marino, di Recco, però ho scoperto la bellezza del fiume con la canoa, la fisionomia della palude di Zagor viene da lì". Ma Zagor nasce soprattutto dal cinema, dai vecchi b-movies, dall'universo di celluloide orrorifica degli anni Quaranta e Cinquanta. "Bonelli – prosegue Ferri - era un super appassionato di cinema, guardava anche due film al giorno ed è stato fortemente influenzato". E questa passione è diventata un metodo, come spiega Burattini: "Lui faceva citazioni cinefile nelle sue storie e ci ha trasmesso quest'abitudine, ad esempio nella scelta dell'inquadratura. Adesso abbiamo un immaginario diverso, i riferimenti sono al cinema della nostra generazione, è per questo che Zagor ha ancora successo". La colonna sonora del documentario è affidata ad un altro appassionato, Graziano Romani, rocker emiliano, che ha realizzato un concept album intitolato Zagor. The King of Darkwood, con brani acustici e folk in pieno stile Old West.

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