NEWS a cura di Cinematografo.it

06 settembre 2013

Fellini secondo Scola

"La nostalgia e il rimpianto non sono il mio forte", dice Ettore. Che porta al Lido Che strano chiamarsi Federico

"Come avete visto questo è un album pieno di foto, brani, foglietti, ricordi e frasi. Un album che rischiava di essere un po' offuscato e andava ricolorito e di questo si sono occupate le mie figlie Silvia e Paola". Così Ettore Scola parla di Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini, il film che è un ricordo-ritratto del grande cineasta, realizzato in occasione del ventennale della morte del regista scomparso il 31 ottobre 1993 e presentato oggi fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Applauditissimo nella proiezione in anteprima per la stampa, il film avrà oggi pomeriggio una proiezione ufficiale nella sala grande del Palazzo del cinema del Lido, alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. "Tutti mi dite che vi siete commossi. Ma noi non credevamo proprio di avere fatto Catene -ironizza il regista- anche perché non c'è niente da piangere. C'è da piangere quando si muore dimenticati ma non è il caso di Federico. Non si è mai pianto per la morte di Leopardi perché non mi risulta che sia morto. Così Fellini. E poi Federico si incazzerebbe da matti. Federico non fa piangere. Era una persona davvero divertente, sorridente, allegra e autoironica e questo spero venga fuori da questo film. Gliele hanno detto di tutti i colori -ha detto il regista- che era maschilista che era qualunquista. Federico era l'opposto, era la tenerezza. Il suo sguardo per le donne è pieno di tenerezza". Nel film, oltre alla ricchezza del cinema di un ineguagliabile maestro, Scola mescolando fiction e documenti, rievoca il privilegio di aver conosciuto Fellini e le emozioni che il regista suscitava in chi lo ascoltava con l'ironia e le riflessioni su "la vita che è una festa". Scola ricostruisce il loro incontro nei primi anni Cinquanta, le loro frequentazioni comuni (la redazione del 'Marc'Aurelio, Ruggero Maccari, Alberto Sordi e Marcello Mastroianni, per citarne alcune), le loro visite di piacere sui set dei rispettivi film, i teatri di posa di Cinecittà e il Teatro 5 e altri episodi che hanno cementato la loro lunga amicizia.Dal suo debutto nel 1939 come giovane disegnatore, al suo quinto Oscar nel 1993, anno del suo settantatreesimo e ultimo compleanno, Fellini viene ricordato dall'amico Scola come un grande Pinocchio che, per fortuna, non e' mai diventato "un bambino per bene". Il film, scritto da Scola con le figlie Paola e Silvia, alterna scene ricostruite e girate a Cinecittà con materiali di repertorio d'epoca, scelti dagli archivi delle Teche Rai e dell'Istituto Luce. "La prima idea - racconta Scola - era quella di fare un omaggio a vent'anni dalla morte di Federico solo con materiali di repertorio. Ed io avevo consigliato di scegliere un bravo giovane montatore per realizzarlo. Poi invece parlando con Roberto Cicutto venne fuori l'idea di un film. Lui mi spinse a pensare a un film visto che avevo conosciuto bene Federico e da lì è iniziato un lunghissimo lavoro di scrittura e selezione". A chi gli chiede se non abbia nostalgia dei tempi della loro frequentazione, Scola risponde: "La nostalgia e il rimpianto non sono il mio forte, sono passati secoli e io non amo pensare a quello che si è perso ma al tanto che si è guadagnato". Tra gli attori del film c'è anche Sergio Rubini che 24enne aveva lavorato con Fellini e che non aveva invece mai girato un film, con Scola: "Desideravo fare una cosa con Rubini da quando vidi 'La stazione' e pensai che era davvero un bravo attore. Ma non ci sono mai riuscito se non in questo album". Rubini dal canto suo ammette di essere tra coloro che si sono commossi: "A me viene da piangere tantissimo e trovo stupendo il fatto che un grande maestro faccia un film su un collega, soprattutto in un paese dove il fratricidio è una pratica molto diffusa".

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