NEWS a cura di Cinematografo.it

Il regista Paolo Sorrentino

10 maggio 2012

Partenopeo, parte Sorrentino

"Questa città rende bene pregi e difetti degli italiani", dice il regista. Con 23 colleghi per il doc plurale Napoli 24

"Non vedo nulla di esclusivamente napoletano, anzi, credo che Napoli si presti molto bene a rendere pregi e difetti degli italiani". Parola di Paolo Sorrentino. Il suo corto "La principessa di Napoli", ovvero l'anziana aristocratica Uzza de Gregorio di Sant'Elia Cattaneo, confluisce in Napoli 24, documentario diretto da altrettanti registi, tra cui pure Pietro Marcello, Guido Lombardi e Mariano Lamberti, ognuno con 3 minuti a disposizione. Prodotto da Angelo Curti (Teatri Uniti), Nicola Giuliano (Indigo) e Giorgio Maglulo (Skydancers) e Ananas in collaborazione con Rai Cinema, Napoli 24 arriva in sala a Roma, Napoli, Milano, Torino e Bologna con Cinecittà Luce e – dice l'ad Luciano Sovena – "una distribuzione alternativa, in profondità, la sola possibile e auspicabile in questo periodo di crisi". Raccolta di attimi fuggenti, che non teme gli stereotipi - i santi, il porto, i disagi, la bellezza – ma rintraccia anche eccentricità – un maiale nei rifiuti – estroversioni - un matrimonio rom, un calzolaio centenario – e uno stupore in prima persona plurale, perché per molti versi è la Napoli che non t'aspetti, libera delle pastoie e strettoie dell'informazione (pseudo)giornalistica:  "E' un disaster movie fatto da giovani autori che in questi tre anni – la gestazione è durata 3 anni, NdR - hanno avuto le prime soddisfazioni professionali", dice Curti. La genesi la spiega Giuliano: "Nasce da una committenza politica: ci hanno chiesto, tre anni fa, di realizzare un documentario che cercasse di risollevare la città, ma non ci siamo prestati. Non volevamo alterare una realtà sotto gli occhi del mondo, ma far vedere che, pur in ginocchio, ha talento da vendere".Tentativo riuscito? "Perfettamente riuscito", ribatte Sorrentino, perché "Napoli 24 cerca disperatamente un'identità e non la trova. Ho fatto un ventiquattresimo di questo lungometraggio, sono uno spettatore come gli altri:anche se talvolta critici, sono 24 atti d'amore, e danno un quadro abbastanza completo dell'Italia". Da ultimo, il regista del Divo commenta il riconoscimento che la prossima Mostra di Venezia attribuirà a un suo illustre collega: "Sono felice del Leone d'oro a Francesco Rosi e lo sarei ancora di più se girasse un altro film. Non penso che non lo gira perché non vuole, ma perché si dovrebbero mobilitare delle persone…".

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