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<i>I want to be a soldier</i>

11 ottobre 2011

Il soldatino di plasma

"L'isola dei famosi non è diseducativo", rivendica Valeria Marina. Che produce e interpreta I want to be a soldier, sui pericoli della violenza in tv

"E' un film che denuncia i messaggi di violenza che sono mandati ai giovani attraverso la televisione". Parola di Valeria Marini, coproduttrice insieme alla spagnola Canònigo Films di I want to be a soldier, film diretto da Christian Molina e presentato alla scorsa edizione del Festival di Roma, dove ha vinto il premio Marc'Aurelio per la sezione Alice nella città."Il tema è molto forte e i bambini lo dovrebbero vedere accompagnati dai genitori o dagli educatori. A Roma è stato giudicato da una giuria di ragazzi dai sette ai quattordici anni e ha vinto: questo dimostra che è un film per tutti", spiega il regista che porta in sala la storia di Alex (l'eccezionale Fergus Riordan, che nel 2012 vedremo accanto a Nicolas Cage in Ghost Rider 2), un bambino di dieci anni affascinato dalla violenza e ossessionato dalle immagini di guerra e distruzione che vede in televisione.In attesa di sapere se sarà imposto il divieto ai minori di quattordici anni, il film esce in sala il 14 ottobre distribuito da Iris Film in 30 copie. I want to be a soldier affronta il tema della violenza e vuole farci riflettere sull'aggressività del mondo in cui viviamo: "Non è solo un attacco alla televisione, ma a tutti i media. Perché diamo le notizie al telegiornale sempre nel modo più duro e cruento? Perché utilizziamo immagini che possono essere traumatiche? Tra l'altro tutti i filmati visti da Alex sono stati trasmessi nella così detta fascia protetta, quindi visibili anche dai più piccoli". Chiamata in causa sul ruolo negativo della televisione, la Marini, che interpreta anche la maestra di Alex, aggiunge: "Non mi sento assolutamente complice di una cattiva televisione, quella che faccio io è popolare e leggera, per questo piaccio alle donne e ai ragazzi. E non penso che L'isola dei famosi sia un programma diseducativo"."Vogliamo invitare gli adulti e i broadcaster a riflettere su questo problema. I figli non sono una nostra proprietà, ma un bene sociale. Si pensi che in America non c'è alcuna tutela sulla televisione", conclude Maria Rita Munizzi, presidente del Moige (Movimento Italiano dei Genitori).

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